Il titolo regale, nel calcio, non lo ottieni di diritto. Se ti chiamano re è perché hai fatto qualcosa di importante. Qualcosa di unico. E Carlo Ancelotti - pardòn, Re Carlo - è stato investito di questo titolo proprio perché come lui non c’è nessuno. Stando ai racconti dei libri di storia, l'incoronamento avvenne il 23 maggio 2007 ad Atene, quando un Milan ancora scosso dalle tristi vicende di Calciopoli alza la Coppa dalle grandi orecchie in faccia agli acerrimi rivali del Liverpool. E' la settima per i rossoneri, la seconda da allenatore per Carlo che, finalmente, diventa Magno. La consacrazione a mostro sacro del pallone è storia più recente; sempre a maggio, il 24, ma del 2014. Re Carlo veste i panni dello stregone e decide di sfatare la maledizione che incombeva sulle merengues: conquista la tanto agognata decima, il grande incubo di Florentino Perez.
A Monaco di Baviera non gli riuscirà la stessa grande impresa, così come non gli era riuscita a Londra e Parigi. Sia al Bayern, che al Chelsea, che al PSG, però, Carlo era stato individuato come l'uomo giusto per agguantare il trofeo più ambito. L'unico allenatore che sarebbe stato in grado di provare il miracolo rispondeva ai connotati di Ancelotti: tutti volevano la Champions.
Oggi la storia sembrerebbe raccontare qualcosa di diverso. Arrivato a Napoli e omaggiato come soltanto un re può aspettarsi, Re Carlo non sembra più interessato alla Coppa. Per carità, gli azzurri partecipano alla massima competizione europea, ma le loro ambizioni sono ben lontane da quelle delle precedenti società in cui Ancelotti ha militato. Il grande sogno del popolo partenopeo - piuttosto - rientra tra i confini dello stivale; un'ossessione lunga quasi trent'anni, un'altra maledizione da estirpare. Il nemico, non serve dirlo, è vestito di bianco e di nero. Era vestito così anche la notte dell'Old Trafford. Era il 2003 e Carlo non era ancora re - vero -, ma qualcuno già intuiva il suo prospettabile futuro.
C'è da capire, però, se quello di Re Carlo non sia un passo indietro nella sua gloriosa carriera. Come accennato prima, ogni squadra che ha allenato - dal Milan in avanti - aveva grandissime ambizioni. Big europee che non si accontentavano di ottenere risultati entro i confini nazionali, ma che puntavano a qualcosa di più grande. Per quanto straordinaria possa risultare l'impresa che tutto il popolo azzurro sogna - anche e soprattutto alla luce dello sbarco del marziano di Funchal sul pianeta Italia - non è paragonabile agli obiettivi che i club più ambiziosi del Vecchio Continente si sono prefissati. Ancelotti ha sempre fatto parte di quella cerchia elitaria di allenatori che si potevano permettere di programmare l'anno su più obiettivi stagionali. Oggi non è così. Oggi stiamo parlando di un obiettivo solo e limitato al Bel Paese. Un obiettivo di tutto rispetto, ma che assume un valore speciale solamente per la gente di Napoli.
E allora la domanda che ci poniamo è: Ancelotti è ancora il re? A voi i commenti!
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