E' evidente per tutti che Milan e Inter sembrano iniziare il prossimo campionato con obiettivi tutt'altro che simili: quarto posto per i rossoneri, lotta scudetto per i nerazzurri. Ma il divario tra le due squadre milanesi è veramente cosi ampio? Partiamo dalla fine, quella dello scorso campionato: fino a dieci minuti dal termine la classifica recitava terzo posto al Milan e Inter fuori dalla Champions. Episodi fortunati hanno completamente ribaltato la situazione ma in fin dei conti la differenza tra i due organici non si è dimostrata così eclatante. Veniamo al calciomercato: anche in quest'ambito le due squadre sembrano avere mire completamente diverse. Tuttavia, ad oggi, l'Inter ha riservato buona parte del suo budget (innegabilmente più ampio) per due giovani di buona (anzi ottima) prospettiva, privandosi contemporaneamente di due certezze del campionato: un bomber quasi impossibile da rimpiazzare in termini di gol ed un centrocampista dalle qualità indiscutibili. Il Milan riparte dall'organico dell'anno scorso, privo sì di una pedina importante come Bakayoko ma con tanti infortunati rientranti (Conti, Caldara, Bonaventura), nuovi acquisti giovani (Theo Hernandez, Bennacer e Krunic) e, soprattutto, un attaccante da 20 gol a stagione da inizio campionato (la staffetta dello scorso anno non ha sicuramente aiutato la scalata alla classifica).
Passiamo infine al punto cruciale: i nuovi allenatori, entrambi alle prese con nuovi schemi e moduli da far assimilare, cosa che non avvantaggia nessuno dei due. Affermare che Conte sia qualitativamente un innesto dello stesso spessore di Giampaolo ("maestro" più in termini di gioco che di risultati) sarebbe oggettivamente un insulto a quanto dimostrato dall'ex ct della Nazionale nei suoi anni da allenatore. Considerandoli però in rapporto ai loro rispettivi predecessori ecco che il divario si riduce: il Milan è reduce da un campionato giocato con Gattuso che allenava per la prima volta in carriera una squadra importante ed era stato inizialmente proposto come semplice "traghettatore". Discorso diametralmente opposto per Spalletti: presentato come "top player" è diventato allenatore dei nerazzurri con un certo curriculum sulle spalle. In quest'ottica il salto di qualità per le due panchine non è poi cosi diverso.
Ovviamente dovremo aspettare che sia il campo a dire la sua, ma i risultati non saranno cosi scontati.
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