E' stata l'estate delle milanesi, l'estate della speranza, l'estate del ritorno del grande Milan, che ha dominato il mercato con i suoi 220 milioni spesi (male), l'estate del ritorno dell'Inter, con l'arrivo di un allenatore di livello pronto a riportare in alto i nerazzurri dopo anni da dimenticare.
Ma l'estate prima o poi finisce, prima o poi il pallone torna a rotolare, prima o poi iniziano ad arrivare i verdetti del campo e, come al solito, le chiacchiere fatte sotto l'ombrellone non trovano i riscontri sperati.
I primi a sbattere il muso contro una realtà tremenda sono stati i rossoneri, eletti dominatori assoluti della sessione estiva di calciomercato da stampa e tv, che parlavano di Milan da scudetto, di Fassone e Mirabelli fenomeni assoluti, di una squadra pronta a competere in Italia e in Europa.
Il campo ha detto tutt'altro, visto che purtroppo non si tratta di un videogioco, non si tratta di Fifa, di Pes, di Football Manager: il calcio è un'altra cosa, ci sono degli equilibri (anche quelli che avrebbe dovuto spostare Bonucci) che non sono affatto facili da trovare se in uno spogliatoio a pezzi si aggiungono 10 nuovi giocatori.
A farne le spese è sempre l'allenatore e il Milan ha deciso di sollevare dall'incarico un 'parzialmente colpevole' Montella per affidare la panchina a Gattuso, che finora sarà ricordato per aver collezionato un solo punto contro le ultime due in classifica.
Sembrava tutta un'altra storia quella dell'Inter di Spalletti, che fino a ieri era lì in vetta alla classifica, imbattuta, grazie ad un Icardi in versione Re Mida (17 goal in 17 partite), ad un Handanovic-saracinesca e a qualche episodio 'fortunoso', per usare un eufemismo, tra VAR, pali e traverse colpite dagli avversari.
E invece è arrivato il momento dello scontro con la realtà anche per i nerazzurri: nella sfida che ha aperto questo weekend di Serie A, l'Udinese ha sbancato San Siro vincendo 3-1 contro una squadra che già da una decina di giorni sembrava in calo fisico.
Un calo fisiologico, normale per una squadra che fondamentalmente ha solo rinforzato l'11 titolare ma che non ha pensato di rendere competitiva anche la panchina. La mancanza di ricambi di livello e la necessità di mandare in campo praticamente sempre lo stesso 11 ha anticipato di un paio di mesi una difficoltà atletica che in ogni caso sarebbe arrivata.
Doveva essere il loro anno, ma ancora una volta i proclami di tifosi, stampa e trasmissioni tv finora sono stati smentiti. E' dura, è frustrante per tutti vedere lì in alto sempre la stessa squadra, 'un po' tutti non vedete l'ora che la Juve non vince più' dice Miralem Pjanic e ha ragione.
Ma per trionfare c'è bisogno di ben altro dei proclami fatti sul bagnasciuga o di acquisti di 'spostatori di equilibri' che, al momento, non hanno spostato un bel niente!
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