Si dice che la notte porti consiglio, che il giorno dopo faccia vedere più nitidamente le cose. Ebbene, nella fattispecie, il mio pensiero circa la sconfitta dell'Inter ieri a Wembley non è cambiato, anzi, ha acquistato sempre più convinzione.

Il dato di fatto ci dice che gli uomini di Spalletti sono andati a Londra per pareggiare, convinti che il compitino di amministrazione e contenimento sarebbe stato sufficiente; questo secondo un principio caro al tecnico di Certaldo, ovvero "minimo sforzo, massimo risultato". Ma il calcio, come la vita, è una ruota che gira, e stavolta ha deciso di virare verso il Tottenham, squadra sapientemente messa in campo da Pochettino, che ha avuto la pazienza di aspettare, per poi colpire al momento giusto.

Ora l'Inter non è più padrona del proprio destino, non può più fare calcoli, e forse è meglio così. Servirà dare il massimo col PSV, vincere possibilmente, e sperare che il Barcellona non si lasci trascinare da un senso di appagamento e non regali la vittoria agli inglesi.

C'è tanto amaro in bocca il giorno dopo, perchè l'Inter ha dissipato un vantaggio importante che si era costruita nelle partite precedenti. A detta dei maggiori esperti, e non secondo il mio parere ignorante, i nerazzurri sono capitati nel girone più difficile della Champions. Per cui è positivo che ci si giochi comunque ancora la qualificazione. Ma se si pensa a ciò che si era riusciti a fare prima, c'è solo rabbia.

Rabbia rivolta solo ed esclusivamente verso Luciano Spalletti, il quale non è riuscito a trasmettere in un anno e mezzo di Inter, una mentalità vincente alla sua squadra. L'emblema è stata la partita di ieri sera. 

Se la sua Inter, a suo dire, è pronta per competere ad alti livelli, allora lo spirito deve essere cercare la vittoria, sempre e comunque. Non sperare che gli altri non segnino, o in una mano provvidenziale che nel finale rimetta tutto apposto. Il calcio non è solo questo. Il calcio, ad alti livelli deve essere soprattutto propositività e personalità.

L'Inter spallettiana queste qualità, ad oggi, non le ha.
Spalletti non è un vincente, e per i piani ambiziosi di Suning, avere lui in panchina rappresenta una contraddizione.
Spalletti è un allenatore che ti porta vicino, a volte vicinissimo alla vetta, ma che poi si ferma sul  più bello.

Nulla è ancora perduto per l'Inter. E verosimilmente Spalletti resterà al suo posto fino a fine anno, per mancanza di alternative vere. In questi mesi ha la possibiltà di essere finalmente un vincente, anche se nutro forti dubbi sul fatto che ci riuscirà. Suning, dal canto suo mediti bene; se l'Inter vuole tornare grande, il prossimo anno su quella panchina ci vorrà un vincente vero, un allenatore il cui curriculum parli da solo.

Un Mourinho pronto al ritorno o un Simeone che prepara, ormai da anni, la sua investitura in nerazzurro. Questa, ad oggi, risulta essere l'unica strada, che per citare lo slogan di questa stagione, possa portare l'Inter "a riveder le stelle".