Ancora tre giornate e anche questo campionato finirà finalmente in archivio. Grazie al raggiungimento matematico della zona Champions, ottenuto nel turno scorso, la Juventus arriva alla trasferta di Genova nella condizione di poter già pensare all'ultima importante partita di questa stagione, la finale di coppa Italia, mercoledì prossimo a Roma, che offrirà ai bianconeri la possibilità di chiudere un anno negativo alzando comunque un trofeo. 

L’imminente sfida contro l'Inter ormai alle porte non induce comunque Allegri a presentarsi in casa del Genoa con una formazione particolarmente sperimentale. L'uso delle rotazioni e il ricorso ai giovani sono limitati al minimo indispensabile. Presentato come un 433, l'undici bianconero vede Szczesny tra i pali con Cuadrado, Bonucci, Rugani e De Sciglio a formare la linea di difesa. A centrocampo, torna Arthur in cabina di regia. Ai suoi fianchi agiranno Miretti, confermato dopo la convincente prestazione offerta contro il Venezia, e Rabiot. Il trio offensivo composto da Dybala, Vlahovic e Kean chiude le scelte del tecnico bianconero.

Sulla panchina rossoblù, il tecnico Blessin si gioca le residue opportunità di conquistare una salvezza che appare in questo momento lontanissima schierando la sua formazione con un 4231. Sirigu; Hefti, Ostigard, Bani, Criscito; Badelj, Galdames; Melegoni, Amiri, Portanova; Destro; sono gli undici uomini scelti dal tecnico tedesco per iniziare la partita.

I canti e lo sventolio di bandiere nella Gradinata Nord accolgono le due formazioni sul terreno di gioco. Nonostante la passione del cuore del tifo genoano, gli ampi spazi vuoti presentati dal resto dello stadio trasmettono l’esatta dimensione delle poche speranze del Grifone di mantenere la Serie A. Sono forse ventimila gli spettatori presenti quando l’arbitro Sozza autorizza l’inizio della sfida.

La Juventus approccia meglio la partita. La squadra di Allegri esibisce un palleggio pulito e un continuo movimento di tutti gli uomini in campo, grazie al quale riesce a mandare costantemente a vuoto i tentativi di pressione genoana. I bianconeri producono subito la prima occasione per portarsi in vantaggio. Dybala recupera un pallone uscito da un contrasto tra Miretti e Portanova e, dalla linea di fondo, con il destro, calibra un cross perfetto verso il secondo palo. Kean anticipa Hefti ma di testa non riesce ad inquadrare la porta. Il pallone sfiora la traversa e si spegne contro la rete che divide il campo dalla gradinata alle spalle di Sirigu.

Il 433 con il quale la Juventus si muove quando è in possesso della palla, in fase difensiva si trasforma nelle due solite linee da quattro uomini, imprescindibili nell’idea di calcio di Allegri. Sulla sinistra, spettano a Kean le mansioni di contenimento di solito svolte da Morata, mentre dalla parte opposta è Miretti ad occupare la corsia destra nei rari momenti in cui sono gli uomini di Blessin a giocare il pallone. La manovra bianconera scorre fluida ma non riesce a produrre altre vere occasioni da gol dopo quella iniziale mancata da Kean. Cuadrado, fin dalle prime battute dell’incontro, trasmette la sensazione di un giocatore che ha indossato gli scarpini al contrario. Il colombiano si rende protagonista di un pessimo primo tempo. Costantemente saltato in fase difensiva, non regala nemmeno in un’occasione il consueto apporto di qualità in fase offensiva. Tra scivoloni, appoggi sbagliati e scelte di gioco incomprensibili, sui piedi del terzino si spengono la maggior parte delle iniziative bianconere. 

La Juventus anche nella serata genovese mostra il suo difetto maggiore che l’ha accompagnata nel corso della stagione, penalizzandola pesantemente nel cammino. E’ una squadra che non ha nelle sue corde una significativa capacità di andare in gol. Il gioco offensivo è, come sempre, limitato dalla completa mancanza di iniziative sulle corsie esterne, che raramente vedono gli uomini di Allegri raggiungere il fondo del campo, e da un’altrettanto evidente assenza di altri schemi che non prevedano l’appoggio diretto su Vlahovic, servito rigorosamente spalle alla porta, oppure l’iniziativa individuale, tentata preferibilmente da Dybala. 

Il Genoa riesce a superare indenne il complicato avvio e ad arrampicarsi in qualche modo dentro la partita. Una squadra evidentemente modesta, composta in larga parte da giocatori talmente mediocri da spingere il tifoso davanti alla tv ad una seria riflessione sul drastico abbassamento di livello prodotto nel corso degli anni dalla scelta scriteriata di portare la Serie A a venti squadre. Viene quasi da domandarsi come sia possibile che, già nella sola Liguria, non esistano undici giocatori migliori di quelli che stanno indossando la maglia del Grifone in questa stagione così negativa. Spinto da una Gradinata che, nonostante la classifica, continua ad incitare la squadra in maniera calorosa, perfino troppo in alcuni momenti visto che qualche fumogeno complica per un paio di minuti la visibilità pulita del 4k di Sky, il Genoa prova a mettere in campo le pochissime armi che ha a disposizione. Da attacchi portati in maniera casuale e disordinata, la squadra di Blessin ricava una serie di calci d’angolo che la difesa bianconera non manca mai generosamente di concedere agli avversari. Un colpo di testa di Destro, abbondantemente alto, è però tutto quello che i padroni di casa riescono a raccogliere.

Il finale di tempo è di marca bianconera. La Juventus si presenta per due volte con Kean davanti a Sirigu. Nella prima circostanza il portiere è bravo a deviare con la mano il diagonale dell’attaccante, mentre pochi minuti più tardi, ancora Kean non si dimostra reattivo su un cross di Rabiot mancato da Melegoni. Il brutto controllo dell’attaccante facilità l’intervento di Sirigu che spegne una potenziale opportunità. Una telefonata di Dybala verso l’estremo difensore genoano e un destro dalla distanza di Portanova, respinto da Szczesny, chiudono il primo tempo. 

Con il risultato fermo sullo 0-0, l’arbitro Sozza manda le due squadre al riposo. Si chiude la prima frazione di una partita che ha messo in mostra i soliti tratti esibiti dalla Juventus per tutta la stagione. Un buon approccio, seguito da una ventina di minuti giocati a ritmi sostenuti, prima di ricadere nel solito difetto di abbassare fin troppo il baricentro e di muovere il pallone in maniera lenta e prevedibile, quasi esclusivamente indietro o in orizzontale. 

I soliti messaggi dei gruppi di whatsapp che accompagnano il tifoso durante i quindici minuti di riposo, evidenziano il curioso rapporto di Arthur con qualsiasi giocata più complicata di un passaggio di cinque metri. Il centrocampista brasiliano, insieme a Cuadrado il peggiore in campo per la squadra di Allegri, si è reso protagonista di diversi errori grossolani, come, ad esempio, il grottesco cross tentato da fondo campo e finito direttamente tra le braccia di qualche tifoso nella Gradinata Nord. Le difficoltà di Arthur vengono messe ancor più in risalto dalla facilità con la quale invece Miretti riesce a giocare sia sul corto che sul lungo, preferibilmente di prima intenzione, agevolando la manovra bianconera nel guadagnare almeno un tempo di gioco. Tutto il contrario di Arthur, che continua a rappresentare un ingranaggio superfluo che appesantisce un meccanismo già di suo parecchio complesso. Ci si chiede, poco prima della ripresa del gioco, cosa mai sarebbe potuto accadere di tanto negativo nel corso dell’annata se la società avesse puntato fin da subito su un giovane prodotto del vivaio invece che insistere su un costoso elemento che già nella scorsa stagione era parso di difficile utilizzo e di dubbia utilità.

L’intervallo scorre veloce. Il tifoso ripone lo smartphone in carica e torna al suo posto, su quella scomoda sedia dalla quale segue ogni partita della Juventus. Blessin presenta subito la prima novità nella sua formazione. Esce Galdames, entra Frendrup. Allegri riparte invece dagli stessi undici con cui aveva concluso il primo tempo. Destro ha immediatamente una buona opportunità per sbloccare il risultato. Raggiunto nel cuore dell’area di rigore da un cross dalla sinistra di Criscito, l’attaccante spreca calciando altissimo.

La Juventus riporta immediatamente la partita nella metà campo avversaria e alla prima occasione passa in vantaggio. Segna Dybala, smarcato al limite dell’area da Kean. Il destro preciso dell’argentino si infila tra palo e portiere, senza lasciare alcuno scampo all’estremo difensore genoano. Prima di salutare per sempre la Juventus, Dybala si toglie la soddisfazione di agganciare Roberto Baggio al nono posto della classifica dei marcatori bianconeri di tutti i tempi. Mentre il giocatore festeggia in campo con tutti i compagni, la regia inquadra, in tribuna, Nedved e Arrivabene impegnati in un fitto dialogo.

Il Genoa accusa il colpo. La squadra di Blessin, nei minuti immediatamente successivi alla rete di Dybala, non sembra in grado di esprimere alcuna reazione. I padroni di casa appaiono per lunghi tratti in balia del palleggio bianconero, con la Juventus che sembra poter disporre dell’avversario a suo piacimento. 

Il quarto d’ora della ripresa è storicamente, per qualche motivo, il momento in cui gli allenatori intervengono sulle loro formazioni. Blessin richiama in panchina Portanova e Melegoni. Entrano in campo Yeboah e Ekuban, altri due elementi di cui la Serie A forse non sentiva alcuna necessità. Nella Juventus, Arthur e Cuadrado, i due giocatori che sono sembrati più in difficoltà tra i bianconeri, lasciano il posto a Zakaria e Alex Sandro. Miretti rileva i compiti del centrocampista brasiliano in regia.

Le sostituzioni proposte da Allegri offrono nuovi impulsi alla squadra che adesso muove il pallone in maniera più fluida, favorita dalla rapidità di pensiero di Miretti, che imprime una netta accelerazione alla manovra con tocchi di prima e passaggi più verticali e profondi rispetto ai compagni, e da Dybala che regala diverse giocate di qualità, come il tiro dal limite dell’area con il quale, a metà tempo, il numero dieci colpisce il palo a Sirigu battuto. La Juventus è padrona del campo. Rabiot sulla sinistra strappa il pallone a Bani, chiede e ottiene il triangolo da Miretti, quindi offre a Kean l’opportunità di raddoppiare. Dal limite dell’area di porta, il tiro troppo centrale dell’attaccante viene respinto da Sirigu. Con tutto lo specchio a disposizione, sarebbe stato lecito attendersi qualcosa di meglio. Il Genoa quasi non esiste. Vlahovic vince di forza il contrasto con Bani, difende il pallone in piena area, quindi da posizione defilata chiama Sirigu alla deviazione in angolo.

Il Genoa non pare aver molto da mettere nella partita. Un tiro di Amiri, facilmente controllato da Szczesny, rappresenta l’intera produzione offensiva dei padroni di casa fino a quel momento. Blessin prova a forzare il destino togliendo dal campo Destro per Gudmundsson. Arrivano altre sostituzioni anche per Allegri, che risparmia l’ultimo quarto d’ora di partita a Vlahovic. Il serbo lascia il campo scuro in volto, non esattamente felice della sua prova. Al suo posto entra Morata. Si conclude anche la partita di Miretti, autore di una buona prestazione, nonostante continui ad esibire una tendenza eccessiva a verticalizzare, dote che pare non essere troppo apprezzata e coltivata in casa bianconera. Al posto del giovane prodotto del vivaio entra Bernardeschi. Il tifoso davanti alla tv storce il naso. Di vedere in campo Bernardeschi non ne può più. Giocatore che in cinque stagioni non ha compiuto il minimo progresso e che oramai sembra quasi incartarsi da solo. Le parole di Nedved nel pre partita, possibiliste circa un rinnovo di contratto dell’esterno, riaffiorano nella mente del tifoso davanti alla tv proprio nel momento dell’ingresso in campo del giocatore e contribuiscono a scurirne l’umore.

Prima di lasciare il campo a sua volta, Dybala offre a Kean il pallone per risollevare una serata storta. Smarcato in area da un filtrante del fantasista argentino e da un velo di Morata, Kean alza sopra la traversa l’ennesima buona opportunità per segnare. E’ l’ultima giocata di una prestazione complessivamente positiva per Dybala. L’argentino lascia il posto ad Akè per gli ultimi dieci minuti. Il nuovo entrato si mette subito in evidenza guadagnando un calcio di rigore dopo un contrasto con Gudmundsson. I replay proposti dalla regia evidenziano però un intervento pulito sul pallone da parte del giocatore genoano. L’arbitro Sozza viene invitato a rivedere l’azione al monitor. Il rigore non supera la revisione Var. Il direttore di gara rientra in campo e cambia la sua decisione. Difficile trovare elementi per protestare.

Privata, dalle ultime sostituzioni effettuate da Allegri, della qualità dei suoi elementi migliori, la Juventus piano piano inaridisce. Undici maglie bianconere sembrano muoversi adesso per il campo senza criterio alcuno. La difesa gravata da due elementi che nella scorsa stagione la società, pur di liberarsene aveva mandato in prestito continuando a pagare parte dell’ingaggio, non offre nessuna sensazione di sicurezza. Sembra incredibile per quanto espresso finora dal campo ma il tifoso davanti alla tv inizia a coltivare sinistri pensieri. Vanno in scena dieci minuti di autentica follia. 

De Sciglio sale in cattedra facendosi aggirare alle spalle da Gudmundsson, bravo a scattare con i tempi giusti oltre il terzino per ricevere un pallone filtrante di Amiri. Solo davanti a Szczesny, l’attaccante controlla e batte il portiere calciando sul palo più lontano. Lo stadio, che mai aveva smesso di incitare la squadra, si infiamma. Vede la possibilità di conquistare punti da una partita che sembrava ormai scivolata via. La Juventus, colpita, sbanda. Szczesny batte una rimessa dal fondo verso Rabiot che, uscito Miretti, si abbassa per impostare. Il francese, pressato da due uomini cerca di alleggerire sulla sinistra. Sbaglia. Il pallone viene intercettato da Frendrup che offre ad Amiri l’opportunità per il vantaggio genoano. Szczesny è bravo a chiudere lo specchio della porta e respingere la conclusione ravvicinata dell’avversario.

I cinque minuti di recupero concessi dall’arbitro Sozza stanno ormai per esaurirsi con il Genoa riversato nella metà campo bianconera alla ricerca di una vittoria che accenderebbe almeno una flebile speranza di salvezza. La squadra di Blessin si scopre. Un rinvio di De Sciglio trova Morata all’altezza della metà campo. Lo spagnolo vince il duello con Frendrup e in campo aperto si invola verso la porta di Sirigu. Arrivato davanti al portiere, il centravanti si intenerisce ripensando alle tante occasioni da gol fallite da Kean e, animo nobile, decide di offrire al compagno il pallone per riscattare una prestazione negativa. Kean riesce invece nell’impresa di sprecare anche questa opportunità, calciando in maniera sciagurata sul fondo a porta vuota. Il tifoso davanti alla tv, incredulo, osserva il pallone scivolare a lato del palo. Si può senza dubbio affermare che Kean ha tolto ogni eventuale dubbio ad Allegri riguardo la possibilità di impiegarlo mercoledì a Roma nella finale di coppa Italia.

La partita però ancora non è finita. De Sciglio non vuole esser da meno rispetto al suo compagno e allo scadere del recupero, dopo aver regalato il gol del pareggio, completa il suo capolavoro agganciando Yeboah in area di rigore. Cosa avrebbe potuto fare l’attaccante con quel pallone, solo in mezzo a tre avversari, non è dato sapere. Il terzino più amato da Allegri regala al moribondo Grifone un tiro dal dischetto che l’arbitro Sozza prontamente concede. Dagli undici metri si presenta Criscito, sulla cui anima pesa l’errore commesso nel derby contro la Sampdoria. Il capitano rossoblu incrocia il tiro quel tanto che basta per mettere fuori causa Szczesny e regalare al Genoa il vantaggio

La partita neppure ricomincia. Marassi esulta per una vittoria insperata che rilancia le possibilità di salvezza. Gli errori sotto porta di Kean e quelli difensivi commessi da un imbarazzante De Sciglio costano alla Juventus una sconfitta che, pur non compromettendo il raggiungimento, ormai matematico, della zona Champions, impedisce ai bianconeri di superare, almeno momentaneamente, il Napoli in terza posizione, una piccola soddisfazione più che un vero traguardo. 

Con i tre punti ormai fuggiti via, il tifoso davanti alla tv, sempre seduto sulla scomoda sedia, si ritrova a chiedersi quali siano i criteri di riferimento adottati dalla società per i rinnovi dei contratti in scadenza. Si può anche accettare che la dirigenza abbia deciso di chiudere il rapporto con Dybala. Questioni di carattere fisico, economico, tecnico hanno fatto sì che il prolungamento della storia con l’attaccante argentino non avesse luogo. Quello che si fa più fatica a tollerare sono le voci che vogliono un giocatore come De Sciglio ad un passo da un nuovo accordo per rimanere a Torino. Elemento modesto che la narrazione comune pretende di raccontare come un giocatore affidabile nonostante si renda autore di errori anche grossolani praticamente in tutte le partite, De Sciglio rappresenta uno di quei giocatori di cui liberarsi anche a costo di non guadagnarci niente e di sostituirlo con un giovane. L’altro per cui chiudere definitivamente i cancelli della Continassa è Bernardeschi. Anche nella notte di Marassi, l’esterno, per il tempo che è stato in campo, non è riuscito a rendersi protagonista di una sola giocata utile. Invece, andrà via il nono marcatore di sempre della storia della Juventus e, con buona probabilità, rimarranno De Sciglio e Bernardeschi. 

Qualcosa non torna.