Non tifi Liverpool, non tifi Barcellona, eppure patteggi per una delle due. Non sei immune dalle emozioni contrastanti che solo questa forma d’arte chiamata calcio è in grado di regalarti. Perché l’arte non è solo quadri, statue o monumenti, ma è tutto ciò che è in grado di creare in te sentimenti, tutto ciò che è in grado di generare pathos, coinvolgendoti in tutto o in parte, per vivere appieno quello che stai osservando. Da un lato un pizzico d’invidia: chi non avrebbe voluto essere un tifoso dei Reds per assistere a quanto accaduto ieri ad Anfield, semplicemente per poter dire “io c’ero, ho visto l’impresa che resterà indelebile nel mio cuore di tifoso”. Dall’altro l’amarezza nel vedere il mito Barcellona sgretolarsi, la tristezza condivisa nello scrutare le facce incredule dei tifosi blaugrana che già assaporavano l’ennesima finale. E poco importa se negli ultimi 13 anni sono arrivate 4 Champions, una sconfitta così è capace di toglierti il sonno per intere notti.

Non poteva finire così: una stagione meravigliosa non poteva terminare senza stringere nulla tra le mani. C’era bisogno di un’altra possibilità, soprattutto quando, appena 24 ore prima, Vincent Kompany spegneva i sogni scudetto dei Reds realizzando a 20 minuti dalla fine la rete vittoria del Manchester City sul Leicester. No, l’ipotesi di arrivare a 97 punti senza diventare campione d’Inghilterra è umanamente e sportivamente inconcepibile. È una di quelle situazioni capaci di abbattere chiunque, ma, forse è proprio questo ciò che è passato nella testa di Klopp e dei suoi giocatori. Il pensiero di concludere con zero tituli un’annata in cui il Liverpool ha saputo solo offrire spettacolo, l’idea di essere arrivati vicini ai due principali obiettivi che tutte le big inseguono, senza però alzare nulla al cielo. L’essersi battuti ad armi pari contro la squadra di Guardiola e l’essere usciti sconfitti malamente ma immeritatamente dal Camp Nou solo perché, gli altri, avevano Messi dalla loro, era troppo dura da accettare, da digerire.

E allora, mi piace pensare che il gol di Kompany sia stata la scintilla capace di far scattare qualcosa nell’animo dei Reds, mi piace pensare che dopo quella rete che porta a meno 90 minuti il City dal titolo inglese, Klopp abbia chiamato i suoi a raccolta per chiedergli l’ennesima grande prestazione. Il tutto o il niente, la possibilità di poter ancora agguantare una vittoria o restare a guardare gli altri trionfare. I suoi uomini hanno messo in campo tutto e oltre, sfornando una partita che ha assunto i contorni dell’impresa non solo per il roboante risultato ma anche perché è arrivata nonostante la mancanza di alcune colonne della squadra inglese. Su tutti Salah, ma anche Firmino e Keita.

Ma non è finita qui: manca l’ultimo atto prima di trasformare l’impresa in storia, prima di fissare per la sesta volta il proprio nome nell’albo d’oro di questa straordinaria competizione. L’ultimo atto a distanza di un anno, dopo la finale persa contro il Real Madrid, anche in quel caso immeritatamente.
Terza finale invece per Klopp: le prime due sono state amare, ma in entrambi i casi partiva con gli sfavori dei pronostici. Ora invece è il favorito, anche alla luce della bellissima impresa di ieri.
Che sia la volta buona per coronare in maniera perfetta la stagione perfetta del Liverpool.