Nella prima parte degli anni ‘80 Farina, allora presidente del Milan, scrisse una lettera aperta al mai dimenticato Luther Blissett (mai dimenticato perché quel centravanti ancora tormenta gli incubi dei tifosi rossoneri). Il centrattacco inglese di origine giamaicana si avviava a concludere la stagione con 5 goal in 30 partite su 30, sbagliando anche a 50 cm. dalla porta vuota (vedi il derby della Madonnina di andata, perso per 2-0, e la trasferta a Pisa finita 0-0). La lettera inziava con un “Caro Lutero...” e io ne voglio scrivere una simile ad André Silva, iniziando con un “Caro Andrea...”.

Caro Andrea, ti sono bastati 2 mesi nel calcio spagnolo e alcuni goal, di cui uno contro la nazionale italiana, per diventare un fuoriclasse, di quelli che fanno la storia del calcio, per intenderci. Ebbene sono contento per te e invito tutti ad ammazzare il vitello grasso! Hai detto inoltre di non sapere cosa è andato storto in Italia, ma poi hai aggiunto che, in realtà, non percepivi la fiducia dell’ambiente. E mi volevo sbagliare? Eri il classico fenomeno incompreso! Ok...ora, caro Andrea, lascia che ti spieghi cosa non ha davvero funzionato nella tua permanenza in Italia e che mostri di non aver compreso (capita, perché sei coinvolto emotivamente nella questione e l’emozione, come dice Sherlock Holmes, ostacola il ragionamento).

Il campionato italiano non è, almeno attualmente, il migliore del mondo né ormai il più difficile perché, come ha dimostrato, il Dudelange, anche le squadre lussemburghesi possono crearti qualche grattacapo. Il campionato, anzi il calcio, italiano è un calcio masochista, una pratica di penitenza, è angoscia pura. E’il male di vivere di cui parlava Montale. E' una strisciante sofferenza che parte dal tifoso, per il quale il day after può essere goduria estrema o il miglio verde, il cammino verso la cella della morte. C’è un treno o un luogo di lavoro o una scuola o l’uomo del banco salumeria al supermercato ad attenderlo. A volte il tifoso può affrontare il giorno dopo con un sorriso a 32 denti, ma spesso  è costretto a girare con la barba finta e gli occhiali neri, se non con un sacchetto del pane infilato in testa a mo’ di cappuccio, dal quale sbircia terrorizzato il mondo esterno dai due buchi che vi ha fatto per non andare contro pali e muri.

Vedi Andrea, il calcio italiano non è, come purtroppo dovrebbe essere, un divertimento catartico. E’ una malattia incurabile che affligge i tifosi, i quali a loro volta infettano dirigenti, allenatori e, inevitabilmente, i calciatori, dei quali solo alcuni sono adatti al calcio italico. Nessun giocatore è riuscito a passare per il nostro campionato senza doversi adattare alla squadra, senza dover essere mentalmente presente in partita per non trovarsi sempre o troppo indietro o troppo avanti o troppo solo in fuorigioco o troppo marcato. Nessun giocatore è stato esentato dallo stress con cui la pressione dell'ambiente consuma i giocatori. Maradona, Rivera, Mazzola e Baggio lo hanno fatto con poco sforzo, perché la loro classe comprendeva anche quella capacità. Ian Rush invece, mitraglia del goal al Liverpool, in Italia non batté un chiodo nella Juventus. Hansi Muller, interno titolare della nazionale tedesca, arrivò all’Inter reduce da un infortunio al ginocchio e nessuno aspettò il recupero. Vincenzo Scifo, regista della nazionale belga di origine italiana, non mantenne le promesse fatte quando giocava all’estero. Lo stesso Luther Blissett arrivò al Milan come scarpa d’oro, capocannoniere del campionato inglese e primo giocatore di colore a segnare una tripletta con la nazionale inglese, ma andò via con l’etichetta di terribile sciagura.

Il fatto è, caro Andrea, che in Spagna o nella tua nazionale puoi entrare in campo come se fosse una pista da ballo per una gara di tango. In Italia puoi farlo solo se partecipi a Ballando con le Stelle. Non ci si può fare niente. E' così. E se anche sai trattare la palla come pochi (e tu lo sai fare), se anche la tua postura è perfetta ( e la tua lo è), se anche sai far magie invocando “Expecto patronum!”, in Italia non basta. Il calcio italiano à Voldemort che annulla i tuoi incantesimi e ti lascia come un pulcino bagnato e tremare sul tappeto verde. Quello che è successo a te.

Del resto, simpatico Andrea, non credere alle pietose bugie che vanno raccontando al Milan ovvero che volevano tenerti, ma tu sei voluto andare via. Quando si è presentato qualcuno disposto a pagare per il prestito con diritto di riscatto, ti hanno spedito in Spagna col corriere espresso, nel timore che l’acquirente ci ripensasse. Non vedevano l’ora di piazzarti, ma non potevano dirlo, perché altrimenti il Milan avrebbe dovuto pagare di tasca propria per rifilarti a qualche squadra.

Forse un giorno, tra qualche anno, tornerai in Italia e farei grandi cose, perché maturando sarai diventato adatto al nostro calcio. L’anno scorso non eri in gradi di reggere il confronto e dubito che tale capacità si possa acquisire in poche settimane.

Stammi bene Andrea, fa tanti goal e convinci il tuo club a esercitare il diritto di riscatto, così quando Scaroni vedrà l’accredito dei soldi, tirerà un sospiro di sollievo. Sta certo che lo farà. Quanto a me, preferisco rimpiangerti che correre il rischio di ritrovarti in maglia rossonera, almeno per qualche anno.

                                   Bye