Inutile unirsi ai cori, molteplici, ridondanti e legittimi, che in questi giorni hanno cantato gli Osanna all'immenso Diego Armando Maradona.
Altrettanto inutile, oltre che patetico ed irrimediabilmente idiota, fare l'eco ai distinguo tra "il campione in campo" e "l'uomo fuori dal campo". Come se la cosa potesse interessare a qualcuno, se non al campione e all'uomo stesso.
Ancor più inutile arrovellarsi sul quesito pluri-decennale: "E' più forte Maradona o Pelè?". Oppure su quello più recente: "Ma Messi e/o Ronaldo sono più forti di Maradona?". Cosa ce ne importa? Cosa c'entra? Perchè non capite, semplicemente, che Maradona non fa graduatoria con gli altri? Perchè non capite, semplicemente, che Maradona fa graduatoria a sé?
Con Maradona non se ne va "soltanto" un immenso fuoriclasse del giuoco del calcio, il simbolo dello sport più amato e praticato al mondo. Con Diego Armando Maradona se ne va un'icona del secolo scorso, un simbolo di due popoli stupendi e martoriati: due popoli a cui egli stesso, con le sue gesta in campo e la sua immagine prorompente fuori dal terreno di gioco, ha dato orgoglio e gioia.
Ha vinto con la sua adorata Argentina, ferita dalle dittature e dalla guerra delle Isole Falkland: ha conquistato una Coppa del Mondo praticamente da solo, con i suoi piedi, il suo cuore, il suo cervello, il suo "Gol del Secolo" e la sua "mano de Dios" proprio in faccia agli inglesi.
Ha vinto col suo Napoli e con la sua Napoli, amatissima famiglia d'adozione, martoriata dalle guerre di camorra e dalla povertà dei quartieri che idolatravano Diego e che Diego sentiva suoi.
Ha sempre giocato e vinto per il popolo: questo fa di Diego Armando Maradona un eroe popolare, nel senso più autentico: non confinatelo nella categoria "Calciatori", vi prego.
E' stato amato come campione, ma anche come uomo. Ed in quanto uomo ha vissuto di alti e bassi, di salite e di discese fino agli inferi: ma il popolo non ha mai smesso di adorarlo per il suo genio e la sua generosità, anche per i suoi errori, le sue colpe e le sue bugie. Umano e campione, questo è tutto, non puoi distinguere le sue essenze.
Per il Milan, in quel piccolo mondo che è il calcio, è stato l'avversario più grande: col suo Napoli ci ha sfidato sul finire degli anni ottanta in epiche sfide-tricolore. Lui contro Sacchi e Baresi, lui contro Gullit e Van Basten, lui contro il Nord, Napoli contro le grandi metropoli industriali, Napoli contro gli Agnelli e Berlusconi: la sua poesia, il suo carisma, i suoi proclami raccontati con enfasi davanti alle telecamere.
Ed ha vinto: oltre agli scudetti ed alle coppe, ha regalato un sogno ed un momento di sollievo ed uguaglianza.
Ciao immenso Diego, eri, sei e resterai per sempre "el màs grande".
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