Istanbul capitale culturale, artistica, e turistica della Turchia affascina sempre per via delle sue atmosfere contrastanti ed uniche. In principio fu Bisanzio, successivamente Costantinopoli fino ad arrivare, nel 1930, alla denominazione attuale. Nel 2005 fu teatro della finale di Champions tra la formazione del Milan e quella del Liverpool e anche lì l'atmosfera che presento a milioni di tifosi rispecchiava quei contrasti e quei cambiamenti dichiarati precedentemente.
Fu teatro quindici anni fa dello scontro tra le due squadre (dopo il Real Madrid) che scrissero la storia di questa competizione, regalando un finale inimmaginabile, avvolto di un alone misterioso, che neanche il migliore degli scrittori poteva raccontare.
Infatti all'Atatürk Olimpiyat Stadı avvenne il "miracolo di Istanbul", Il Milan di Ancelotti dopo esser stato in vantaggio alla fine del primo tempo per 3 a 0 (gol di Maldini e doppietta di Crespo) e dominato in lungo e in largo la partita, venne raggiunto e superato ai calci di rigore dai Reds, i quali festeggiarono una vittoria inaspettata, per come si erano messe le cose in campo, e portarono dopo tanti anni la coppa a Liverpool.
E dire che le cose si erano messe subito bene per quel Milan. Subito in gol, al primo minuto, con Capitan Maldini, (poteva essere la sue serata perchè una vittoria netta come quella che si stava verificando, anche grazie ad un suo gol, lo avrebbero messo di diritto tra i favoriti per la conquista del Pallone d'oro), con un ampio margine di vantaggio grazie alla doppietta di Hernan Crespo, illudendo i tifosi che tutto era compiuto.
Invece, un black out di sei minuti (dal 54° al 60° minuto) cambiò radicalmente la storia. I gol di Gerrard, Smicer e Xabi Alonso ripresero il Milan e da quel momento, fino ai rigori il risultato non cambiò.
Il Milan che scese in campo era uno dei più forti che giocò una finale. Anche Ancelotti ritenne quella squadra cme la più forte che aveva allenato. In porta Dida, terzini Cafù e Maldini con Nesta e Stam centrali di difesa. A centrocampo Pirlo, Gattuso, Seedorf e Kakà. In avanti Shevchenko e Crespo. Ma nulla potè contro il fato, contro un destino che qualcuno decise dall'alto. Un dio pallone che regala anche queste emozioni al contrario a cui, noi comuni mortali, non sappiamo dare spiegazioni.
Si provò a dire che quel Milan era uscito dagli spogliatoi con la giusta concentrazione e si sentiva già vittorioso a fine primo tempo. Girarono voci di festeggiamenti in anticipo, sempre smentiti, che avevano condizionato i giocatori in campo. Ma questa teoria non aveva niente di veritiero, non solo per la smentita, ma anche per l'impegno profuso nella seconda parte della gara, visto che era sempre il Milan ad avere in mano la partita. Più vedevamo giocare i rossoneri in quel modo e più eravamo convinti che era fatta, che nulla avrebbe alterato una festa da vivere fino alla fine.

Ma la festa divenne a poco a poco un incubo! Il Milan, in quei sei minuti citati precedentemente, vide le streghe e non capì più nulla. Una sorta di negatività era scesa in campo e il Liverpool fu lesto ad approfittarne e a rimettersi in gioco. I gol subiti nacquero tutti da errori. Sul primo, quello di Gerrard, Stam rimane inspiegabilmente immobile e l'inglese, tutto solo in area segna indisturbato. Sul secondo gol, quello di Smicer, un tiro dalla distanza non viene trattenuto da Dida, aumentando sempre più l'onda d'uro degli inglesi. Sul terzo, rigore per fallo di Gattuso ai danni di Gerrard, va dal discheto Xabi Alonso, e visto che le streghe oramai volteggiavano in quel di Istanbul, palla in rete su ribattuta di Dida. Il quale non può far nulla per evitare la rete del pareggio.

Tutti frastornati, tutti delusi. Si riparte da zero nel risultato, ma con una condizione mentale uguale a quella di un pugile che aveva sentito i colpi ricevuti. Era cambiato il pathos della partita. Il Milan, nonostante provasse ad incidere, si ritrovava spento e la manovra non era fluida.
Ai supplementari la partita non cambia. Il Liverpoo sostenuto dai suoi tifosi cerca di contenere e spera di giocarsela ai rigori, il MIlan ha l'occasione della vita ma... Sheva a tre minuti dalla fine ha l'occasione per far diventare Milan-Liverpool come Italia-Germania. Il suo primo tiro viene parato miracolosamente da Dudek (portiere polacco) e il suo tap in sbatte, non si sa come, sempre sul portiere da posizione ravvicinata, con un'esultanza strozzata in gola sia per l'Ucraino che per tutti i tifosi.

Ai rigori sappiamo come andò. Il Milan che due anni prima aveva vinto in quel modo contro la Juventus viene battuto, Sheva sbaglia il rigore e l'eroe della serata diviene Jerzy Dudek il portiere "ballerino" che strappa la coppa dalle mani dei rossoneri e la porge ai suoi compagni di squadra. Una notte magica per lui che, in una intervista di qualche anno dopo cita Giovanni Paolo II, come colui che gli diede una grossa mano. Racconta di aver letto prima della partita un libro del Papa che lo aveva ispirato moltissimo. Disse che "se per Maradona a Messico '86 si parlò di Mano de Dios, io posso dire che in quel momento non era la mia mano a opporsi a Shevchenko, ma un'altra ben più importante della mia". Era la mano di Giovanni Paolo II e gli occhi del portiere, sempre secondo Dudek, guardarono il cielo, per indicare che era opera dell'amato pontefice polacco.

Ma non era solo la parata alla fine dei supplementari che messe definitivamente in ginocchio le ambizioni dei rossoneri, ma anche l'atteggiamento guascone nell'imitare Grobbelaar, protagonista con la maglia del Liverpool dei rigori che diede la vittoria dei Reds contro la Roma in finale di Coppa Campioni, nel modo di ipnotizzare i giocatori del Milan, con un balletto degno del suo predecessore. 

Fu proprio una notte magica per Benitez ed i suoi, una notte maledetta per quelli del Milan e dei suoi tifosi, che videro le streghe e dovettero aspettare due anni per prendersi una degna rivincita, che non avrebbe certamente restituito quella coppa, ma che avrebbe allontanato quell'aura negativa che il cielo di Istanbul aveva portato nel tempo.

...Mentre scrivo per ricordare quel che accadde il 25 maggio del 2005, una notizia delle prime ore del pomeriggio fa sembrare questo giorno ancora più sciagurato. L'infortunio di Ibra che, molto probabilmente, lo terrà lontano dal campo di gioco per un periodo di tempo che verrà valutato dopo controllo medico. Ma oltre all'infortunio era trapelato il rischio di un interessamento al tendine di Achille, che sarebbe stata la mazzata finale per la carriera dello svedese. Per fortuna le notizie, ancora non ufficiali, circolate in serata, potrebbero allontanare questo scenario, perché no... non può finire così.
I supereroi si fanno male, ma tornano più forti di prima.