La celebre citazione del romanzo di Giuseppe Tomasi di Lampedusa, "Cambiare tutto per non cambiare niente", si addice alla perfezione alla nostra Nazione e, come è risultato evidente ieri sera, anche alla nostra nazionale di calcio.
E' realmente cambiato tutto: nuovo logo della FIGC, che richiama un po' il passato, quello delle grandi vittorie, dei quattro mondiali, ma anche delle grandi sconfitte; nuova divisa, anche questa un po' vintage, come a seguire una linea di ritorno alle origini per trovare le ispirazioni giuste per affrontare le sfide future (e presenti); nuovo modulo, che vede Ventura abbandonare il 4-2-4 in favore del 3-4-3, più per necessità che per sperimentazione.
Il cambio di modulo è stato inoltre accompagnato dall'innesto di nuovi interpreti, ma anche in questo caso è questione di necessità, a causa di tutti gli infortuni che hanno colpito i soliti titolari azzurri. Il vero problema di Ventura è stato quello di non essere riuscito a fare di tutte queste necessità una virtù. I vari infortuni avrebbero dovuto spronare il CT a fare delle scelte diverse, invece lo hanno indirizzato solamente verso scelte sbagliate.
Le scelte del tecnico non sono risultate, tuttavia, l'unico problema. All'Italia è visibilmente mancato lo spirito combattivo che aveva contraddistinto l'europeo di Conte: la nazionale è apparsa non solo senza idee, ma anche senza identità, senza entusiasmo e senza l'energia giusta per lottare su ogni pallone. Al termine del match, Ventura ha cercato di giustificare questa carenza di energia col fatto che alcuni giocatori messi in campo non sono titolari nelle proprie squadre di club. Probabilmente non sono stati convocati i giocatori giusti, lasciando a casa elementi potenzialmente molto utili (Jorginho è un esempio lampante).
Dall'ultima vittoria strappata a fatica ad un avversario come l'Israele, i cambiamenti ci sono stati, alcuni anche significativi, ma i risultati sono rimasti comunque molto deludenti. Per i mondiali, dunque, la strada è ancora lunga, molto di più del punto necessario con l'Albania e dei play-off. Per non rischiare figuracce davanti a tutto il mondo bisogna invertire il senso di rotta e tagliare con la tradizione del "cambiare tutto per non cambiare niente".
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