Il mondo delle favole, quella galassia infinita di emozioni che culminano nella bellezza di singoli attimi. Succede a tutti di ritornare per qualche istante bambini e di rivivere quelle antiche tradizioni e piccole imprese che hanno popolato un'età unica e indimenticabile. Esattamente 10 anni fa, in quel miracoloso 22 maggio 2010, l'Inter di Josè Mourinho raggiunse il tetto del mondo, grazie a magico Triplete che è entrato nell'albo d'oro della storia nerazzurra e di tutto il calcio internazionale. 

Una favola, dicevamo, che merita di essere rivissuta a fondo. Avevo 10 anni, ma anche in quell'epoca il calcio mi apparteneva come un tesoro al suo pirata; in quella giornata il sapore dell'attesa era pressochè interminabile, perchè dopo tanti anni un club storico come l'Inter sarebbe ritornato a giocare una finale europea, ed era un evento unico e voluto da tutti. Mentre gli adulti spedivano messaggi di forza ad amici e parenti, io mi sentivo assai tranquillo. Un po' come Mourinho, che ha dichiarato più volte di aver avuto la certezza del trionfo assieme a quell'ambiente che considererà sempre la sua famiglia. 

Non conoscevo i "nostri" rivali. Ero un esperto della Premier League, terra di conquista del Manchester United di Ferguson e del suo gioco scintillante, eppure in quella finale arrivarono i tedeschi con una squadra importante ma sconosciuta sotto gli occhi di quel bambino innamorato dello sport. Le ore passavano al ritmo del battito cardiaco, la tensione saliva alle stelle e da Madrid arrivavano le immagini del mitico Santiago Bernabeu, popolato da striscioni, cori, speranze e sogni di una vita intera. Man a mano che le ore calde di quel torrido pomeriggio tendevano a svanire, subentrava il tramonto, il campo di battaglia perfetto per aizzare la spada al cielo e dare il via a quel battesimo nel fuoco che rendeva vivi piuttosto che semplici sopravvissuti. 

Davanti all'ardore della folla, che quel giorno popolava un'arena infernale, si presentarono due realtà completamente diverse. Da una parte il Bayern Monaco di Van Gaal, poggiato sul gioco totale e sull'energia di quel giovane Robben che sarebbe diventato ben presto una stella offensiva, dall'altra l'Inter che tutti conoscevamo, una macchina da guerra invincibile che aveva il miglior portiere al mondo, la difesa di ferro e un attacco scintillante che passò alla storia. Proprio in quella notte, l'ex Genoa Diego Milito consegnò il piatto della gloria agli dei dell'Olimpo segnando una doppietta da urlo e piegando per sempre le speranze del portiere avversario Butt. 

Finì così, in casa mia non ci credevamo, eppure la sensazione del destino era forte anche prima dell'inizio della partita. Subito dopo cominciarono i festeggiamenti in piazza a Madrid ma anche in ogni zona d'Italia, soprattutto a San Siro, quando la squadra nerazzurra, priva però di Josè Mourinho, tornò dalla spedizione spagnola. Fu un momento di grande gioia, da rivivere con il sentimento del tempo che passa.

Il principe diventò re, lo Special One mostrò al mondo il perchè della sua denominazione e il presidente Massimo Moratti riuscì a celebrare un sogno che aveva costruito sin dalla nascita. Erano questi i temi caldi di quella notte magica, ma la riflessione lasciò spazio ai festeggiamenti, con la musica ad alto volume e con l'ammirazione verso quegli eroi che al termine del percorso si erano abbracciati all'unisono, un po' come i cavalieri erranti una volta ritornati al castello dopo le trappole della selva.

La vita però ci insegna che il tempo passa, e non si ferma di fronte a niente. E così, la fine dell'infanzia arriva quando il bambino comincia ad acquisire la coscienza di sè, o meglio, a capire il significato della parola ingiustizia. Ci chiediamo allora se conviene davvero riavvolgere il nastro e ritornare indietro nel tempo, a rivivere quei momenti e quei singoli attimi: forse sì, ma è anche vero che ognuno di noi cambia e con il pensiero del futuro non riusciremmo mai ad apprezzare con maggiore enfasi ciò che abbiamo vissuto. La bellezza dei ricordi è che rimangono immutati nel tempo, per essere rispolverati quando vogliamo.

La bellezza delle favole, quelle che vengono raccontate e che contengono anche un pizzico di verità. L'Inter di Mourinho era una squadra vera, capace di lottare contro tutto e tutti ma dotata persino di quel sentimento familiare che legava ogni componente del club. La notte del 22 maggio 2010 andò così, la storia venne raccontata e celebrata, soprattutto all'interno della favola perfetta. Quella di un bambino curioso e pieno di vita, nella notte in cui il principe diventò un Re.