Tanto cara mi fu questa Coppa Uefa. Sembra passata un'eternità dallo storico cambio di nome e di svolgimento che ha coinvolto la seconda competizione per importanza a livello europeo. Invece, non dobbiamo tornare indietro nemmeno di 10 anni: era il 2009 quando la Uefa decise per questa svolta epocale. Mai ci saremmo aspettati che il cambiamento andasse così profondamente a incidere anche nella mentalità - tutta italiana purtroppo - di reputare la competizione più come un peso che come un titolo da porre come vero e proprio obiettivo stagionale. Stentiamo a credere infatti che nel giro di 8 edizioni non solo nessuna squadra battente bandiera italiana non abbia alzato la Coppa; ma non ne abbia avuto nemmeno la possibilità, visto che il tentativo più concreto è la doppia semifinale di Napoli e Fiorentina di due anni fa, con nessuna delle due ad accedere però all'evento finale. Ah quanto mancano le notti magiche del Parma di Malesani! Ed ecco qui che tutte le voglie di non puntare a questa competizione emergono - vuoi inconsciamente, vuoi come vero e proprio obiettivo mal celato delle società coinvolte - con squadre che fanno di tutto tranne che giocarsi al massimo delle energie l'ultimo slot disponibile per esserci. Il trend di Milan, Inter e Fiorentina nelle ultime gare di campionato ne è la dimostrazione. La squadra di Montella non vince da ben tre gare, e con tutto il rispetto parlando, a far clamore sono soprattutto la sconfitta interna e il pareggio esterno rispettivamente con Empoli e Crotone, in vera e propria lotta per non retrocedere. Addirittura peggio l'Inter, con la banda di Pioli a secco di vittorie da ben 5 partite: vera e propria crisi nera per i nerazzurri. Infine c'è la viola, che sta facendo della mancanza di continuità il marchio di fabbrica annuale. Solo 4 punti di distacco tra le tre, e nessuna apparente voglia di colmarli. Eh si perché a pensar male molte volte si fa peccato; ma altrettante volte si ha ragione. La squadra di Firenze prova da diversi anni sulla propria pelle cosa vuol dire affrontare l'Europa League ma non puntarci. Settimane piene di impegni con gare al giovedì, trasferte molto lunghe, turnover obbligato, infortuni: per poi finire inesorabilmente con l'uscire con la squadra turca o cipriota di turno. Se poi mettiamo la rocambolesca eliminazione annuale con il Borussia Monchengaldbach, possiamo capire come i paradossi siano il must della viola in Europa. Malignità ancora più grandi sulle squadre di Milano, che vivono situazione in tutto e per tutto simili. Squadre da rifondare nel profondo, nuove proprietà cinesi, mercato da impostare. Con lo spauracchio preliminari di Europa League da affrontare in piena estate concomitanti con la tournée cinese organizzata da entrambe. Insomma, meglio far girare un po' di soldi al caldo cinese, piuttosto che compromettere una stagione iniziando prima degli altri. Quanta tristezza fa questo calcio italiano: tutti che puntano al massimo, nessuno che si accontenti di ripartire dal basso. Perché si vuole tutto e subito, ma non sempre è cosi. La Juventus - si spera - insegna.