“giorno. Mi chiamo Forrest, Forrest Gump. Vuole un cioccolatino? Potrei mangiarne una tonnellata di questi qui. Mamma diceva sempre: la vita è uguale a una scatola di cioccolatini, non sai mai quello che ti capita! Quelle scarpe devono essere comode. Scommetto che con quelle ci cammina tutto il giorno e non sente niente. Magari ce le avessi così anch'io.”

Quello che avete appena letto è l’incipit di “Forrest Gump”, film targato 1994, diretto da Robert Zemeckis, vincitore di ben 6 premi Oscar, fra cui la miglior regia e il miglior attore ad uno straordinario Tom Hanks. La pellicola è in realtà tratta da un romanzo del 1986, scritto da Winston Groom. Consiglio, a chi non abbia visto il film, oppure letto il romanzo, di interrompere la lettura e tornare dopo, per non incappare in spoiler, o semplicemente per comprendere meglio il senso della storia che sto per raccontare. “Ma cosa c’entra con il calcio”?? In effetti un bel nulla, in questa pellicola si gioca a football, a ping-pong, si corre, ma di calcio non c’è traccia. “E allora cosa diavolo ci fa su questa piattaforma???” Confidate, un legame con il nostro sport preferito c’è, ma non voglio anticiparvi nulla, anche se forse dal titolo potreste aver intuito…

Ma torniamo al nostro film: siamo nel 1981 a Savannah, Georgia. Forrest Gump è seduto su una panchina, con in mano una scatola di cioccolatini, e, mentre aspetta l’arrivo del suo autobus, coglie l’occasione per narrare ai passanti la storia della sua vita. Forrest è originario di Greenbow, un piccolo paesino situato nello stato dell’Alabama, e vive un’infanzia difficile, caratterizzata dall’assenza del padre, da un problema posturale che lo costringe a portare delle protesi alle gambe, e, soprattutto, da uno sviluppo cognitivo inferiore alla media, con un QI di soli 75 punti. Un giorno Forrest, che nel frattempo è riuscito ad essere ammesso a scuola, nonostante il suo deficit, viene a contatto con dei bulletti, mentre sta passando del tempo con la sua migliore amica Jenny. “Corri Forrest! Corri!” Gli urla Jenny, ma Forrest è in difficoltà a causa delle protesi, tuttavia ad un tratto queste cominciano a rompersi e il nostro protagonista riesce a fuggire: da quel giorno comincerà a camminare normalmente.

Diventato adolescente, Forrest non viene lasciato in pace dai bulli, e si reitera la situazione descritta in precedenza. Un giorno, mentre scappa, finisce casualmente in un campo di football, e, per via della sua velocità, viene notato dall’allenatore, che lo inserisce nella squadra, permettendogli di iscriversi al college. La sua abilità gli consentirà di essere ammesso alle selezioni universitarie americane, dove avrà l’occasione di conoscere l’allora presidente John Fitgerald Kennedy. Conseguita la laurea, perlopiù grazie ai suoi meriti sportivi, Forrest si arruola nell’esercito, dimostrandosi un eccellente soldato. Così il nostro protagonista verrà coinvolto nella guerra del Vietnam, dove, grazie al suo coraggio, determinato anche da una buona dose di incoscienza, riuscirà a salvare molte vite, inclusa quella del tenente Dan Taylor, ottenendo una medaglia al valore. Oltre a questo, Forrest si rivela un ottimo giocatore di ping-pong, tanto da essere mandato in Cina in virtù di esponente dell’esercito, dando inizio, a sua insaputa, alla diplomazia del ping-pong. Durante una manifestazione a Washington provocherà involontariamente lo scandalo Watergate e le conseguenti dimissioni del presidente Richard Nixon. Grazie alle sue gesta sportive guadagnerà diversi soldi, che investirà in una nave per la pesca dei gamberi, cosa che aveva promesso al suo amico “Bubba”, morto in Vietnam. Lui e il tenente Dan si avventureranno in mare, dove la loro pesca non sarà molto fruttuosa, almeno fino a che un’enorme tempesta non investirà tutte le imbarcazioni ad eccezione della loro.

Se siete arrivati fino a qui, adesso provate ad immaginarvi che su di un’altra panchina, magari situata all’Olympiastadion di Berlino, chiaramente deserto, vi sia seduto Krzysztof Piątek, e che sia lui a raccontarci la sua storia (e, se l’immaginazione ve lo permette, magari immaginatevi anche la bellissima “The Feather Theme in sottofondo, fate voi). Krzysztof nasce nel 1995 a Dzierżoniów, una città polacca del voivodato della Bassa Slesia, e cresce calcisticamente nelle giovanili del Lechia, la squadra della città. Esordisce giovanissimo nella terza categoria, passando prima al Zagłębie Lubin, poi al KS Cracovia. Le 32 reti in 63 partite di Ekstraklasa attivano le antenne del Genoa di Enrico Preziosi, sempre molto attento a scovare talenti in giro per l’Europa, che si assicura le prestazioni sportive del calciatore. Il primo sprazzo di talento si intravede in Coppa Italia: l’attaccante polacco segna ben 4 gol, in soli 37 minuti, e manda a casa lo sfortunato Lecce. In campionato l’impatto è ugualmente devastante: gol all’esordio, doppietta nella seconda, e via così per 7 partite di fila in cui metterà a referto 9 reti.

Piatek sembra avere tutto dell’attaccante moderno: segna di destro, di sinistro e di testa, da fuori e da dentro l’area, denota anche un’ottima tecnica di base in fatto di dribbling e passaggi, e, soprattutto, un senso del gol e una capacità nello smarcarsi fuori dal comune ; mostra carattere, freddezza, si prende la squadra sulle spalle nei momenti difficili; anche la fortuna non manca, ma quella, quando un attaccante segna tanti gol, fa sempre la sua parte. Saranno 13 i gol, alla fine del girone di andata.

Il Milan è stregato, ha bisogno di un attaccante dopo il fallimento di Gonzalo Higuain, e decide di puntare sul bomber polacco soprannominato “Il pistolero”, per la caratteristica esultanza dove incrocia le braccia, mimando, appunto, il gesto delle pistole. I buoni rapporti fra il Genoa e i rossoneri favoriscono la riuscita dell’affare e Krzysztof, dopo soli sei mesi, lascia la Liguria per fare tappa a San Siro. Debutta nello 0-0 interno contro il Napoli, che gli serve, da buon predatore, a studiare l’avversario, per poi azzannarlo tre giorni dopo, proprio in quella Coppa Italia divenuta ormai terreno di caccia del “pistolero”. La prima rete è da vero e proprio rapace: lancio lungo dalle retrovie, inserimento alle spalle dei centrali partenopei e palla a trafiggere Meret, primo gol in rossonero; ma non è finita qui, perché se il primo è da centravanti puro, il secondo gol è da fenomeno: riceve palla sull’esterno, converge, tiene a distanza Koulibaly, destro a giro sul secondo palo. Da qui l’apoteosi, i paragoni a scomodare i migliori attaccanti della storia rossonera, l’inevitabile confronto con Lewandovski, futuro compagno di nazionale e partner d’attacco, ma con il quale non condivide molto altro se non la nazionalità ed il ruolo.

Inizio devastante, poi piccola flessione, come in rossoblù, ma alla fine il tabellino dice 8 gol in 19 partite al Milan che, uniti a quelli segnati al Genoa, fanno 21 reti in 37 gare, alla prima stagione in Serie A, oltre a numerosi record infranti. 
“Stupido è chi lo stupido fa!”
Scusami Forrest, la pensavo anche io così, fino a quando non ho visto Piatek prendere la maglia numero 9 del Milan. Siamo seri: chi ci ha mai creduto alla fantomatica “maledizione della maglia numero 9” che, dopo Pippo Inzaghi, non ha avuto un degno erede? Già, il tutto sembrava da potersi collegare allo scarso valore tecnico dei successori del campione del mondo: dopo Pato, martoriato dai problemi fisici, Matri, un Torres in declino, poi Destro, Luiz Adriano, Lapadula, Andrè Silva e Gonzalo Higuain, anch’egli però in fase calante. Piatek conferma il suo carattere, e senza indugi eredità la chimera. I risultati sono disastrosi: 4 misere reti in 18 match, di cui ben 3 realizzate su calcio di rigore. Dov’è finito il cannibale della scorsa stagione? Il Milan non può aspettare, deve tornare in Champions, così decide di puntare sull’usato sicuro, su uno dei migliori attaccanti degli ultimi anni e, in generale della storia di questo sport: Zlatan Ibrahimovic, che, a quasi 39 anni, non ha dimenticato come si fa la differenza. “Quando un uomo con la pistola incontra un uomo con il fucile…”, sì, lo sapete tutti come va a finire, e “Il pistolero” si trasferisce nella capitale tedesca, ma la musica non cambia: sole 5 realizzazioni in 16 partite disputate, non una media da grande attaccante, nel campionato in cui il suo “alter ego” Robert Lewandovski mette a referto 34 reti, più 6 in coppa nazionale. 

Impossibile allora non gridare alla stagione fortunata, per un calciatore dimostratosi  in realtà mediocre come ce ne sono moltissimi altri. Da questo nasce il mio paragone con il protagonista di Forrest Gump che, nonostante il deficit mentale, riesce a condurre un'esistenza piena di successi, spesso grazie ad eventi estremamente favorevoli. ma Forrest non fa esattamente tutto a caso, una buona dose di talento e, soprattutto, di impegno ce la mette, infatti ci spiegherà anche, sul finale, il suo punto di vista:
“Non so se ognuno abbia il suo destino o se siamo tutti trasportati in giro a caso come da una brezza… può darsi le due cose, forse capitano nello stesso momento…”
Scherzi a parte, mi trovo pienamente in accordo con la frase pronunciata da Tom Hanks nei panni di Forrest Gump: la fortuna non può, da sola, condizionare la vita di una persona, ma può avere un’enorme impatto che tocca a noi incentivare e cercare di portare a nostro favore. Non credo, sono sincero, neppure alla “maledizione della maglia numero 9” (anche se, a questo proposito, ho notato come persino Ibra abbia declinato questo numero, preferendogli il suo vecchio 11). Tuttavia, anche in questo caso sono estremamente verace, non riesco minimamente a spiegarmi cosa sia accaduto a questo calciatore: sarà stata un’enorme “colpo di fortuna” a fargli realizzare una stagione da fenomeno, oppure una sfortuna immane a condurlo nel baratro l’anno successivo? Una risposta non la trovo, come ho già detto, ma Krzysztof, se ci sei, batti un colpo, dimostraci che quelle reti non erano frutto del caso e torna a “sparare”, magari sui campi della nostra Serie A (si sta parlando di un interesse da parte della Fiorentina), perché ricordati che ognuno è artefice del proprio destino, fortuna o meno, a prescindere dai doni che ci fornisce madre natura, come ci insegna, con semplicità e tenerezza Forrest Gump…