È mancata la Champions. Inutile affidarsi ad analisi da baretto, neanche da bar, per spiegare perché, dopo nove scudetti consecutivi, molti tifosi della Juventus, probabilmente la maggioranza di essi, siano amareggiati e in... non solo per la storica, atroce sconfitta contro una delle squadre peggiori della Serie A e per la ormai quasi matematica (e giusta) assenza del tricolore sul petto sulle maglie del prossimo anno, ma pure per il modo in cui un ciclo lunghissimo potrebbe chiudersi (c'è comunque da aspettare la fine del campionato e la finale di Coppa Italia contro l'Atalanta). Amarezza e rabbia, non c'è da girarci intorno, sono evidenti perché in nove anni sono arrivate "solo" vittoria entro i confini italiani. La Champions, anche stavolta, per Madama si è rivelata ciò che è sempre stata: un incubo. Avesse portato a casa una delle due finali raggiunte da mister Allegri e compagnia, la confusione di questi ultime annate sarebbe stata considerata come normale, in attesa di ricominciare a vincere, finalmente, anche nella competizione più bella. Invece, la confusione dopo due sonore sconfitte contro Barcellona e Real Madrid - sconfitte per qualcuno inevitabili, ma il calcio, perdonate, non è il rugby del cucchiaio di legno - che si era intravista in alcuni frangenti di un periodo d'oro, si è letteralmente impossessata della società e, di conseguenza, della squadra che la società ha costruito, andando a prendere addirittura Cristiano Ronaldo, una ciliegina (e che ciliegina!) che, qualche maligno ha ipotizzato e la storia gli ha dato fino ad oggi ragione, non avrebbe avuto una torta alla sua altezza.
Ed eccola qui, la Vecchia Signora, per l'ennesima volta nella sua storia piazza un ciclo vincente in Italia però schiantandosi dove altre hanno alzato quella stradannata Coppa dei Campioni. Che, di questo passo, con la solita filosofia operaia di cui la proprietà sembra non voglia liberarsi e con le conseguenze che la crisi prodotta dal Covid "regala" a un mondo, quello Juve, che se non si vince almeno a casa lo stadio si svuota, chissà quando e se arriverà. L'ultima, l'unica di cui ci si può davvero vantare, risale al 1996. Venticinque anni fa. Da allora, solo sberle e lacrime. E una valanga di gol presi in cinque finali.
Decisamente troppo. Anche per chi è abituato a sciogliersi nei momenti in cui i migliori emergono per forza.
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