Il cambiamento è quasi sempre un avvio verso vittorie più grandi. La Juve, come da tradizione italiana, si preclude la possibilità di vittorie che porterebbero a soddisfazioni maggiori per inerzia nel voler proseguire con la stessa formula vincente.
Questo progetto porta i suoi risultati da 3 anni a questa parte perché la Juve ha pagato di più i suoi calciatori, e quindi, di conseguenza, aveva la squadra più forte; perché la Juve ha una forte organizzazione societaria ma, soprattutto, per la scarsa qualità del nostro campionato che nonostante suoni ridondante se proveniente dalla stampa antijuventina, bisogna dar il suo valore seppur sia uno dei fattori e non l'unico. La tradizione italiana e juventina vuole identificare il cambiamento come un'isola oscura e misteriosa.
Lo è davvero? In questi anni di vittorie risulta interessante paragonare questa Juve all'Inter del ciclo di vittorie 2006-2011. I risultati più grandi sono avvenuti in entrambi i casi in seguito ad un cambiamento: 2008 per l'Inter, con l'avvicendamento Mancini-Mourinho; 2014 con l'avvicendamento Conte-Allegri.
Nel caso dell'Inter ciò ha significato gloria europea. Nel caso della Juve ciò ha significato un consolidamento della sua forza in Italia e un ridimensionamento positivo in Europa benché ciò non abbia portato la Champions. Da cosa è dovuto questa differenza? Mi pare ovvio e anche abbastanza banale che la differenza sia che Mourinho aveva una grande esperienza europea, a differenza di Allegri che con il Milan aveva raggiunto risultati mediocri.
Questa differenza la conoscono anche i dirigenti della Vecchia Signora, il quale forti di un invigorimento senza precedenti in Italia scelgono ogni anno di percorrere lo stesso progetto. Come ho citato qualche riga fa, l'anno scorso c'è stata un'eccezione: la campagna acquisti 2016/2017 mirava alla conquista del trofeo tanto ambito e su quella strada bisognava proseguire, ma con una differenza: Allegri. Non sono un detrattore di Allegri, tutt'altro. Il punto è che probabilmente lui ha fatto quanto possibile potesse fare e la sua dimensione è questa: perfetta come il motto e l'ideologia juventina, come la poca propensione per il cambiamento tutta italiana, ma che non si addice con l'ambizione che trasuda dalla squadra, dalla società e dai tifosi juventini.
Per questo, nonostante ci piaccia vedere l'eleganza di Allegri e la sua classe nel non voler cadere nelle teatralità delle dichiarazione dell'allenatore italiano medio, bisogna che la Juve aggiunga esperienza e bel gioco dalla sua parte, per alzare il tiro e migliorarsi.
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