Blog: Italiani per squadra: la quantità non fa la qualità
di demoneye667
A noi italiani piace lamentarci, lo sappiamo. Dopo tutto siamo il paese dei Guelfi e dei Ghibellini e sentiamo il bisogno di schierarci per forza in qualcosa. Che sia politica, che sia calcio o correnti di pensiero. Va di moda ultimamente lamentarsi dei troppi stranieri in Serie A, una storia vecchia decenni e che in momenti di crisi si tira sempre in ballo. Secondo Tavecchio il buon "Opti Poba" ruberebbe il "lavoro" alle giovani promesse italiane tarpandone quindi la crescita. Ma siamo cosi sicuri che sia colpa dello straniero di turno la crisi del nostro settore giovanile? Eppure nelle squadre piccole di giovani italiani se ne vedono parecchi e, a parte qualche presidente affascinato dal nome esotico di turno, in tanti cercano di proporre un proprio giovane in prima squadra, in luce anche alle normative Uefa che obbligano appunto ad avere un certo numero di giocatori "locali" cresciuti appunto nei propri settori giovanili. Come mai nessuno di questi riesce a essere il nuovo Baggio o il nuovo Baresi?
Analizzando i campionati esteri salta sicuramente all'occhio l'assenza in alcuni casi del cosidetto Campionato Primavera a favore invece delle squadre B, ragazzi di 17-18 anni che competono fin da subito nel calcio professionistico contro avversari veri, senza però poter salire di categoria. Ma sono le squadre B quindi la soluzione o c'è dell'altro? Probabilmente sarebbe inutile avviare il progetto squadre B senza avere però dei giovani validi da inserirci con la speranza di vederli poi in prima squadra, a prescindere dalla nazionalità. La qualità di un ragazzo viene da lontano, da come gli viene insegnato il calcio fin dai primi anni di attività e vedendo che si è passati dal produrre in pochi anni talenti come Baggio, Zola, Mancini, Baresi, Maldini, Totti, Pirlo a gente come Balotelli, Ranocchia o Bonucci qualche domanda c'è da porsela.
Il problema non è il numero di italiani per rosa, ma la qualità. Nei settori giovanili italiani si insegna tattica fin dai pulcini tralasciando i fondamentali e quindi la tecnica, soffocando di conseguenza la fantasia di ogni ragazzo. Si vedono sempre meno esterni che sanno crossare, sempre meno seconde punte e centravanti che siano in grado di saltare l'uomo e difensori che non sanno più marcare. Colpa anche della difesa a zona moderna? Forse. Il talento deve essere alimentato e non soffocato e più di una volta assistendo ad allenamenti di squadre giovanili capita di vedere bambini di 8-9 anni sgridati perchè non passano un pallone perchè hanno "colpevolmente" tentato un dribbling. Tante società pensano più a vincere il Torneo di Viareggio che a produrre giocatori per la prima squadra e questo impatta su tutto il sistema calcio.
Il problema viene quindi da lontano e finchè non rivediamo come vengono cresciuti e allenati i nostri ragazzi il baratro in cui sta finendo il calcio italiano sarà sempre piu profondo.
23 Novembre 1980
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