Era il lontano '98 ed ero poco più che un bambino, un bambino che reagisce piangendo a uno scudetto inseguito e scucito da sfortunato circostanze (tipo il rosso a Ze Elias e non a Davids, tanto per variare il tema e mettere a tacere i poco informati). Mio padre mi impose di non piangere perché imparassi ad accettare le sconfitte da uomo, perché un uomo è colui che mantiene i suoi principi sempre. Principi solidi che spesso facciamo fatica a mantenere specialmente tra le tempeste ormonali dei vent'anni, e me ne sono vergognato, ma che poi si manifestano a 30 anni. Ovviamente si manifestano in chi li ha coltivati per anni, non si comprano al supermercato.
Nel 2002 i pianti si sostituivano alla rabbia, ma già affioravano sprazzi di attributi e la fiamma interiore di chi doveva farsi uomo. Era maggio, il 5, il prete del paese annunciava in messa la vittoria della Juve io e i miei amici eravamo in un bar del paese a seguire una formalità, Lazio-Inter. Sapete tutti come finì la partita: i tifosi juventini si riversarono nella piazza del paesino a celebrare un meritato scudetto. Noi avevamo 15 anni, sconfitti ma fieri dei ragazzi di Cooper, di chi ci aveva dato modo di sperare in uno scudetto e una festa rimasta nei piani di ragazzi di paese. Decidemmo di presentarci in piazza, sciarpe al collo e testa alta. Gente di ogni età ci ricoprì di insulti, sputavano su maglie neroazzurre, ci schernivano. Eravamo quattro amici in piazza a guardarli a testa alta e in silenzio, le lacrime avevano lasciato il posto al coraggio e l'orgoglio. Dopo 10 minuti di insulti vidi negli occhi degli juventini imbarazzo, erano spaesati, forse non capivano il perchè del nostro volto sgombro da violenza e odio. Noi eravamo fieri e tifosi, nutrivamo l'amore sincero per dei colori che ci avevano accompagnato durante la nostra crescita. Ancora oggi siamo fieri di quei ragazzi di paese che hanno portato in piazza una sconfitta.
Vivo in Portogallo ora, e ho seguito da qui le partite di Champions e le polemiche e i commenti in diverse lingue. Mi sono vergognato. Sinceramente, oltre il tifo. Violenza e arroganza. Per carità si può perdere la bussola nella vita, ma bisogna saper chiedere scusa. Il fine non giustifica sempre il mezzo! Trovo poco educativo (non che mi aspetti chissà cosa da calciatori) arrogante e poco adulto quanto accaduto. Manca educazione e rispetto, due dei pilastri su cui si basa una società sana. Vergognatevi tutti, soprattutto addetti ai lavori e giornalisti. Ve lo urlo: voi siete educatori! avete il potere di influenzare le prossime generazioni e di certo "scusanti", pretese e violenza non faranno dell'Italia un paese migliore. Amo la mia Italia, ora come non mai, non riconosco più gli italiani e i nostri valori.. Cosa ne sarà di noi?
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