Tra poche ore Manchester United e Borussia Dortmund si sfideranno nella prima di una serie di oltre 20 amichevoli di lusso che rientrano nel calendario degli eventi della International Champions Cup. Nata 13 anni fa per iniziativa di Relevent Sport, la manifestazione è alla sua nona edizione e vede tra le partecipanti, suddivise in gironcini che si disputeranno in diverse aree del mondo, tutti i club di spicco del calcio europeo. Nel girone Asia si affronteranno Manchester United, Borussia Dortmund e Manchester City. Disputandosi in Cina dunque, assisteremo al primo derby di Manchester giocato in territorio non inglese. Nel girone Australia e Oceania si affronteranno Juventus, Atletico Madrid, Tottenham e Melbourne Victory. Nel girone Nord e Centro America invece, troviamo un folto numero di partecipanti. Chelsea, Liverpool, Leicester, PSG, Bayern, Inter, Milan, Real Madrid, Barcellona e Celtic. Nonostante il girone sia composto da 10 squadre, ciascuna squadra disputerà solo 4 match, nessuno dei quali potrà terminare con un risultato di pareggio. Al termine dei 90', ed in caso di pareggio, il match sarà deciso ai rigori. Una vittoria ai rigori vale 2 punti mentre la sconfitta al dischetto vale comunque 1 punto in classifica. Quelle che però si disputeranno non saranno soltanto amichevoli di lusso. Negli ultimi mesi si è parlato di riunioni private tra direttori generali dei maggiori club europei ed advisor-organizzatori, presso le sedi di alcuni alberghi londinesi, nelle quali si sarebbe discusso un nuovo format da proporre alla Uefa per colmare alcune lacune della Champions League. Alcuni falchi invece narrano di un piano con il quale i club storici europei starebbero pianificando una rottura netta con la Uefa per arrivare all'organizzazione del proprio torneo in sostituzione totale alle competizioni organizzate dal massimo organismo europeo di calcio. L'International Champions Cup, alla luce di queste manovre, diventa un test organizzativo sotto ogni punto di vista per valutare la possibilità di uscire dal circuito Champions League o avere nei suoi confronti un discreto potere di leva, nell'ottica dell'aumento dei ricavi. Già perchè il punto è sempre quello: il danaro. La politica di allargamento dei confini calcistici europei a Stati sempre più periferici ha comportato una diminuzione degli slots per la partecipazione alla Champions, riservati ai massimi campionati europei. Il risultato concreto di questa politica è stato la partecipazione alla Champions di squadre di modesta caratura tecnica e di piccolo se non piccolissimo bacino di spettatori come Maccabi, Astana o Bate Borisov, Ludogorets, Apoel e Maribor. Sfide sempre meno dense di significato come Atletico Madrid - Astana, ad esempio, hanno spinto i maggiori broadcaster europei e mondiali a manifestare profonda preoccupazione in termini di spettacolo offerto. La reazione a catena è presto spiegata: meno spettacollo = meno paganti = meno soldi per i diritti tv = meno introiti per le squadre partecipanti alla Champions. Ma se la Champions al momento è in grado di garantire un importante boost economico alle partecipanti, la situazione legata allo spettacolo ed al blasone delle squadre partecipanti, è ancora più grave per l'Europa League nella quale bisogna attendere qualche quarto di finale o direttamente le semifinali, per trovare in calendario sfide da batticuore. Sandro Piccinini, commentatore tv per Mediaset che lo scorso anno si è aggiudicata ad una cifra monstre i diritti di broadcasting per il territorio italiano, della Champions ha recentemente manifestato le proprie preoccupazioni circa il prezzo raggiunto dai diritti Tv nell'ultima tornata d'asta, spiegando come, in termini di ricavi generati, la Champions non rappresenti più il fattore determinante di abbonamento ad una pay tv. Nella stessa intervista rilasciata a Bocconi.tv, Piccinini ha dichiarato che l'apice di prezzo raggiunto con l'ultima asta è destinato a restare tale per molto tempo se resterà in vigore la politica voluta da Platini che coinvolge mercati sempre meno attraenti, disegnando uno scenario in cui alle aste parteciperanno sempre meno competitors che dunque determineranno un calo dei prezzi dei diritti tv. L'International Champions Cup, con le sue 20 e passa partite giocate in mercati in cui il calcio è in assoluta crescita, è in grado di registrare utili al netto dei milioni spesi per far si che le squadre vi partecipino, pari a circa 100 milioni di euro all'anno. Tanto che sulla Relevent Sport sono finiti gli occhi di un gruppo di investitori cinesi vogliosi di acquistare una macchina già performante, ma che con la partecipazione di alcune squadre cinesi e con la disputa sul territorio rosso di ancora più match rispetto ad oggi, potrebbe generare ancora più utili rispetto alla situazione attuale. A giustificare gli utili generati dalla manifestazione ci sono importantissimi contratti di sponsorship che, anche in assenza di un main sponsor della manifestazione (fino all'anno scorso c'era Guinness), garantiscono lo svolgimento della competizione. Relevent Sports è addirittura diventata famosa per le sue conferenze stampa in cui annuncia non più 1 solo sponsor, ma pacchetti di 4-5 sponsors per volta. Colossi come produttori di bevande analcoliche, birre, costruttori di auto, prodotti cosmetici etc, si sono recentemente riversati sulla competizione estiva più importante a livello globale, siglando contratti pluriennali che aprono ad un futuro roseo della competizione. In aggiunta alle sponsorship vanno sommati i contratti di broadcasting televisivo che quest'anno porteranno sugli schermi di 170 nazioni, almeno 1 match dell'International Champions Cup con casi di aste interne tra emittenti di uno stesso stato o accordi di spartizione dei match a disposizione. Volendo fare un semplice paragone e dunque mettendo a confronto gli introiti derivanti dai match di girone della Champions League e da quelli derivanti dalla International Champions Cup, avremmo che la partecipazione al girone di Champions vale 12 milioni più i bonus relativi all'esito dei match, per un totale medio di circa 15 milioni a partecipante. La sola Champions Cup, con 4 o a volte anche solo 2 match per i gironcini d'Asia, Australia e Oceania, garantisce cifre pari a circa 3.5 milioni di euro più premi per l'esito delle partite più percentuali sui ricavi generati dalla vendita dei biglietti per lo stadio (in media molto molto costosi, con cifre minime pari a 120$) per un totale medio pari a circa 5.5 milioni di euro. Una cifra più che notevole se consideriamo il fatto che la manifestazione si disputa in pochissimi giorni e che, per colpa dell'inizio dei campionati, non consente ai club di affrontarsi in un tutti contro tutti o in un tabellone tennistico che porti all'incoronamento di una vincitrice univoca che garantirebbe ancora più spettacolo, più match e dunque più introiti. Ma al netto del format, la competizione dimostra anno dopo anno, con un ritmo di crescita dei ricavi del 30%, che il coinvolgimento di altri mercati o l'esportazione dei più grandi club europei in mercati come Cina e America, vale molto di più rispetto alle politiche di allargamento dei confini calcistici europei, ad oggi perseguite dalla Uefa. L'ICC dunque, nonostante i patrocini concessi da Fifa e Uefa, potrebbe rappresentare il futuro delle competizioni per club, con buona pace dei piani di Platini dell'Astana e del Maribor. Ah: lo scorso anno si sono imposte Real Madrid e PSG. Ma questo conta meno...