L'Italia, ex regno del calcio, ha ospitato la coppa più importante del mondo in due edizioni: sotto il fascismo nel 1934, e prima della nascita dell'Unione Europea (la seconda e ultima volta), ovvero nel 1990. Certo, il mondo è grande ed è giusto che la coppa del mondo circoli, la prossima edizione, quella del 2026, vedrà essere coinvolti più Paesi, Canada–Messico–Stati Uniti. Probabilmente questa sarà la formula che potrebbe trovare piede nel prossimo futuro. Il precedente fu nei mondiali ospitati da Giappone e Corea del sud. 
Già per l'edizione 2030 si parla di un trio di Paesi coinvolti, anche se c'è chi come l'Arabia vorrebbe tenerla forse tutta per sé.
L'operazione Ronaldo va in questa direzione. Investimento di marketing più che di calcio.
Dopo il Qatar, anche l'Arabia vuole legittimarsi in Occidente in questo modo: con il calcio. Ad oggi i paesi che hanno ospitato più edizioni, oltre l'Italia, vedono il Brasile, gli Stati Uniti con l'edizione 2026, il Messico, la Germania, Francia, impressiona vedere come il paese da diversi anni diventato il regno assoluto del calcio, con il campionato più importante del mondo e gli stadi più belli del mondo, non sia in grado di ospitare più un mondiale, parliamo dell'Inghilterra. Che ebbe la fortuna e la bravura di vincerlo proprio nell'edizione del 1966 ospitata a casa propria. Cosa che riuscì all’Uruguay, all'Italia, all'Argentina e Francia.
Fa una certa impressione, ritornando alle cose di casa nostra, sapere che per vedere un nuovo mondiale in Italia si andrà ben oltre 40 anni dall'ultima volta. I mondiali anni '90  furono gli ultimi dove si videro paesi come la Jugoslavia, l'Unione Sovietica, la Cecoslovacchia, ad esempio, la Germania Ovest.
Fa un certo effetto raccontare quel mondo che non esiste più. Mondiali che furono tutt'altro che brillanti dal punto di vista calcistico, ricordati più per la strepitosa canzone notti magiche o per i fischi a Maradona, la grande vergogna compiuta di quel tempo, che per quanto si vide nel campo giocato.
E da allora, in Italia, si è fermato il tempo. A partire dal rinnovamento degli stadi. Tolto lo stadio Friuli, ora Dacia Arena, praticamente tutti gli altri che ospitarono  quel mondiale non si sono ammodernati più di tanto, anzi, la cattedrale di Milano, rischia di essere demolita, diventare solo un ricordo. Il calcio italiano in questi decenni ha subito una profonda involuzione, siamo al quarto posto tra i campionati più competitivi, due edizioni consecutive fuori dai mondiali, certo, si è vinto l'Europeo, ma è stato solo un clamoroso fumo negli occhi.  Nelle competizioni europee che contano, Champions League, non si vince più da tempo. Ad esempio il Milan riuscì a vincerla due volte consecutivamente, per dire, in quel periodo storico Nelle trenta successive edizioni solo cinque volte le squadre italiane riuscirono a partare la coppa a casa.
E che dire della vecchia coppa UEFA? Negli anni '90 ci fu praticamente il dominio delle italiane, poi il vuoto. Insomma, difficile a dirsi se serve un mondiale per rilanciare il calcio italiano, sicuramente serve un mondiale per rinnovare il pacchetto stadi, in un Paese dove si continuano a buttare soldi in cose allucinanti, come consulenze e progettualità per un ponte che non vedrà mai la luce, come quello sullo stretto, piuttosto che investire nelle cose che durano nel tempo, come la casa de calcio per gli italiani.
Chissà che Italia ci sarà e racconteremo quando si vivrà un nuovo mondiale nel nostro Paese, chissà quando ricapiterà, forse entro il 2040 questo miracolo sarà possibile, ma dipende tutto dal sistema Paese che deve riuscire ad avere una visione, quella che manca all'Italia, ed il calcio ne è la prova. Basta vedere le ennesime inchieste, l'ennesimo marcio che avanza sul marcio già esistente.
Di questo passo verremo superati per interesse anche dal campionato francese e non sarebbe una beffa, ma la naturale conseguenza di quel tempo che sembra essersi fermato in Italia agli anni '90, tolta ovviamente la parentesi  bellissima, del mondiale 2006 e la vittoria sempre come nazionale dell'europeo che altro non furono che illusioni.