Il tramonto è una poesia scritta da Nadia Nencioni, a soli 9 anni.
Un astro nascente della poesia? No, oggi è un astro lassù nel cielo, un passerotto senza ali che nel maggio del 1993, per colpa di  una bomba messa nei pressi dell'abitazione dove viveva con i suoi genitori, la nonna e la sorellina di soli 50 giorni, volò in cielo. L'unica colpa di quella famiglia fu di abitare in Via dei Georgofili, una storica strada nei pressi della Galleria degli Uffizi. Quel sito culturale fu messo sotto il mirino della fase stragista operata dalla mafia, e portò a quella stagione che si sperava fosse finita, quella degli attentati e dei morti, 23 in quel periodo nero, più un centinaio di feriti. Fu  colorato così dalla luce sinistra della malavita organizzata e dall'intervento (probabile) di parti deviate dello Stato, tramite neofascisti e servizi segreti contaminati dalle logge massoniche come la P2.  
E quel periodo fu veramente tragico. Dal 1992 al 1994 si susseguirono attentati e stragi che cominciarono con l'omicidio di Salvo Lima, la strage di Capaci (Falcone), Via d'Amelio (Borsellino), Via Fauro a Roma, vicino al teatro Sistina, dove l'obiettivo era il giornalista Maurizio Costanzo, e proseguirono con la bomba a San Giovanni in Laterano, Chiesa di San Giorgio al Velabro e lo Stadio Olimpico, sempre in Roma. Lo Stato sembrava in ginocchio, anche se qualcuno diceva che c'erano connivenze e politici sempre pronti a baciare le mani dei mafiosi, pure loro in ginocchio.
La mafia si ribellò così alla sentenza definitiva del 1992, nella quale la Corte di Cassazione confermava le sentenze all'ergastolo di Totò Riina e di altri capi mafiosi e militanti delle cosche. La forte reazione, decisa dalla commissione Regionale tenuta tra i più pericolosi latitanti mafiosi, fu ferocemente orientata alla strategia della paura, per poter così forzare lo Stato a rivedere le condanne, e offrire qualche revisione alle detenzioni durissime alle quali venivano sottoposte i condannati.  

In quella "commissione" c'era anche Matteo Messina Denaro, che per trent'anni è stato una vera primula rossa, un ectoplasma sempre presente, ma mai visibile. Eppure almeno una trentina d'anni prima, il 15 gennaio 1993, Messina Denaro fu ad un passo dalla cattura. Quella stessa sera fu catturato Totò Riina, ma nella fretta di arrestarlo non fu pedinato fino a dove doveva andare, ovvero all'incontro dei capi mafia della zona, dove appunto c'era anche il Matteo Messina Denaro. Così, quella che già sembrava un grande successo nella lotta alla mafia si trasformò in una beffa. I capi mafia, avvertiti in tempo, si diedero alla fuga e ci vollero altri decenni per operare la loro completa cattura. 
Il boss Messina Denaro era uno dei mandanti di quella strage di innocenti, dove due bambini furono barbaramente uccisi, senza alcuna noncuranza, ed oggi senza alcun pentimento. Tra i bambini uccisi, c'è anche Giuseppe Di Matteo, figlio del pentito Santino, sciolto nell'acido a soli 12 anni, dopo essere stato strangolato per mano di Vincenzo Brusca, molto operativo al tempo, avendo anche partecipato alla strage di Capaci. 
Avere catturato un tale personaggio, pericoloso e dannoso per la società siciliana e nazionale, ha suscitato gioia e giubilo, con grandi pacche sulle spalle e complimenti ad ogni livello ed ogni grado militare e politico. Il giorno dopo la cattura, ha avuto luogo una conferenza dove ufficiali militari e di polizia, giudici ed inquirenti hanno esibito la loro soddisfazione ed hanno risposto a tutti i giornalisti alle domande incalzanti che venivano poste, alle quali non si trovava fine, tante erano le dinamiche ancora da esplorare sui fatti avvenuti. E' normale che ci sia un carro dei vincitori, e chi più e chi meno, chi con merito e chi meno, tutti ci saltano sopra. 

Ma la caduta di stile, secondo me l'ha fornita un noto quotidiano, di area centrodestra, che così ha intitolato: "Il Governo Meloni cattura Matteo Messina Denaro, e la sinistra rosica".
Intanto, caro giornalista direttore di cotanta testata, vorrei fare presente che un tale successo è ascrivibile ad una intensa attività succeduta tramite più governi, e che il successo sia avvenuto dopo quattro mesi dall'insediatura del nuovo esecutivo, mi pare una versione troppo veloce della capacità di intervento, non dimostrata nell'approvare un bilancio dello Stato, dove anzi, si lamentava il poco tempo a disposizione. Forse tutto il tempo che necessitava era stato dirottato sulla cattura del latitante più famoso d'Italia? E comunque la sinistra sì, rosica, ma con essa tutti i cittadini onesti e tutte le persone per bene!
E si rosica perché le domande sono tante, e non sono state poste dai giornalisti, ma le pone la comunità italiana, le persone che hanno avuto lutti e danni per colpa della mafia.
Ci si chiede perché un latitante stava comodamente vicino ad una caserma dei carabinieri e nessuno lo sapeva.

Perché uomini fedeli allo Stato siano stati consegnati ai carnefici della mafia senza poterli proteggere adeguatamente, anzi inviati apposta nelle loro fauci, affinchè potessero affondare meglio il colpo. Per il colmo, la sera stessa del giorno della cattura di Messina Denaro, andava in onda l'ultima puntata dello sceneggiato intitolato a Carlo Alberto Dalla Chiesa, ucciso dalla mafia il 3 settembre 1982, mandato a morire con la sua neo sposa in quella Palermo dove avrebbe dovuto mettere a posto le cose, vista la sua capacità di combattere le BR.
Ma la mafia non sono le Brigate Rosse, i mafiosi sono molto più potenti: è ciò che purtroppo sperimentò Dalla Chiesa, avevano il perfetto controllo del territorio, connivenze e amicizie politiche piuttosto forti. Ed il "nostro generale" appena promosso Prefetto, in un ambiente a dir poco ostile, fu messo in mano ai suoi aguzzini. Aveva una scorta insufficiente, appena un uomo al seguito, e dove passava lui tutti sparivano, in modo che i manovali della cosca avessero più mano libera e meno occhi in circolazione. E quei pochi occhi, chiusi, come le loro bocche!
Come finì, lo sanno tutti, grandi funerali di Stato, uniformi e politici tutti al seguito, e pronti alla lode delle grandi doti di comandante ed ufficiale del nostro Dalla Chiesa, anche qui tutti a saltare sul carro, quello delle pubbliche condoglianze. Tra le tante corone di fiori che arrivarono, ci furono anche quelle di presidenti di istituzioni siciliane, che fino a qualche giorno prima avevano dichiarato che "la mafia non esiste".
Nel frattempo, Totò Riina e Matteo Messina Denaro stavano brindando a Champagne. 

Ma io personalmente "rosico" quando penso a Pio la Torre, ucciso pochi mesi prima di Dalla Chiesa. Era un deputato del Partito Comunista, eletto in un collegio siciliano. E da buon siciliano onesto (dote rara in molti politici) era stato relatore della famosa Legge 13 settembre 1982, n. 646, detta Rognoni-La Torre. Questa legge istituiva finalmente il reato di "associazione di tipo mafioso", che fu approvata qualche mese dopo la morte dello stesso La Torre.
La mafia non gliela perdonò! La Torre era un uomo di sinistra, come lo era Peppino Impastato, come erano tanti uomini che non osannavano Stalin o Lenin, ma chiedevano che la legalità dello stato di diritto fosse finalmente restaurata in un contesto dove la prigionia dell'uomo aveva come carceriere la mafia.
E persino Dalla Chiesa, seppure non fosse uomo di sinistra, aveva lottato decenni prima nelle brigate partigiane, che combattevano contro il Nazi-Fascismo.
Rosico quando riscontro che "martiri" di destra o di centrodestra, non ne ho mai visti, ma anzi, pare che proprio la destra eversiva sia sempre stata una buona stampella delle cosche, che assicuravano voti e protezione a tutti questi politici, che facevano l'interesse della "cupola" mantenendo un periodo oscurantista dove invece le pulsioni alla modernità erano forti, ma soffocate.
E tra i politici scomodi alla mafia, c'era anche Pier Santi Mattarella, fratello del nostro Presidente Sergio, morto per la sua onestà politica ed il suo impegno contro la malavita organizzata. Era democristiano, ma non uomo di destra, probabilmente tradito da tanti suoi "amici" di partito. Ma ci fu un uomo che simpatizzava di destra, ed era Paolo Borsellino, che non nascondeva le sue simpatie per una destra moderna e liberale, quella destra di cui ancora oggi non abbiamo traccia. Tradito anch'egli da istituzioni e politici che dovevano lottare con lui, ma che nell'oscurità lo volevano morto. 

Il modo in cui è stato catturato il boss latitante lascia sorpresi. In fila per eseguire una chemio nell'ospedale di Palermo, come un paziente qualsiasi. Improvvisamente cerca una via di fuga, forse avvisato da qualcuno, oppure dall'aria sospetta di qualche movimento inconsueto, di figure che danzano intorno a lui non visibili ma palpabili. Ma viene subito fermato, e non oppone resistenza. E poi, che resistenza può opporre un anziano ormai malato con un tumore ed altre patologie che lo stanno divorando?
Ma come detto, ha già dichiarato che non parlerà e che non si pentirà! Sicuramente la versione migliore che può dare. Pensate se parla, come minimo un giorno si vedrebbe recapitare un caffè più amaro del solito, come successe a Sindona.
E sul pentimento, anche qui non è una questione morale, ma un messaggio mandato agli altri suoi amici.
Però possiamo chiedergli una cosa! Visto che sei il boss di Castelvetrano e controlli anche zone come Mazara del Vallo, ci fornisci qualche informazione su di una bambina innocente rapita circa vent'anni fa di nome Denise Pipitone, rapita e portata via all'affetto della sua famiglia?
Possibile che un capo mafia di quella zona, che sa tutto di tutti (e guai a non farglielo sapere) non abbia avuto notizie di quello che era successo nella sua zona d'influenza? Non è una preghiera, perché un mafioso non si può pregare, ma semmai un suggerimento. Ricorda quanti bambini hai ucciso tra quegli esseri umani che a dirla nel tuo "gergo" ci puoi riempire un camposanto. E se vuoi, qualcosa lo puoi fare intuire, anche se in quel caso depistaggi ed incongruenze investigative si assommano in modo sospetto. 

Molti hanno denigrato questa vittoria delle forze dell'ordine, ma io non mi ci metto tra costoro, perché non la considero la vittoria dello stato inteso come uomini delle istituzioni ai massimi vertici.
No, la considero una vittoria di tutti coloro che chiedono giustizia, che piangono lutti di famigliari uccisi dalla barbarie malavitosa, alcuni anche per sbaglio, perché se si sa che se non esistono le bombe intelligenti, non ci sono neppure le pallottole intelligenti: basta sparare, e se qualcuno che non c'entra niente muore... beh, pazienza, il più è fatto.
Se poi sono bambini, sono da colpevolizzare i genitori: perché passavano di lì?
E rosico per quei militari e uomini delle forze dell'ordine, che lavorano e lottano in incognito e che a volte muoiono senza un'epigrafe. A loro che credono nello stato e nella libertà voglio dedicare l'ultimo passaggio.
Alle loro famiglie e, soprattutto alle loro madri, mogli e fidanzate, che ogni giorno vedono uscire il loro uomo di casa, e poi vanno in chiesa a pregare, perché torni a casa la sera.
Anche questa è una parte del mondo femminile che soffre, oltre per le violenze che spesso colpiscono le donne. E persino questa è una forma di violenza, indotta dall'amore e dalla solitudine che dedicano ai loro uomini, servitori di uno stato, spesso infedele. 

Il Tramonto
Il tramonto si avvicina,
un momento stupendo,
ll sole sta andando via (a letto)
è già sera, tutto è finito.

Nadia, 9 anni.