Mamma mia, che partita.
Più emozioni in questi 180 minuti che in interi campionati, una sfida da far vedere a scuola, quando manca il professore e il bidello porta la cassetta da infilare nel videoregistratore. Sì sì lo so che è un'immagine un po' vintage, ma stasera il vintage ha vinto, passa il Real, passa Carletto, criticato, mal giudicato, esonerato e considerato finito. Ma el gato ha sette vite, e se ne è giocate un paio stasera. Se le è giocate bene.

La partita.
Il Real parte fortissimo, attacca a pié sospinto, voglioso di recuperare lo svantaggio dell'andata, il City sembra un po' disordinato, forse un po' troppo sicuro di sé. Col passare dei minuti la squadra di Guardiola si prende il suo spazio, ricomincia a macinare gioco e ad assomigliare un po' di più al suo allenatore, a quello che ha inventato. Dopo una serie di ribaltamenti di fronte un fin lì inconsistente Mahrez ribalta il suo voto in pagella segnando un gran gol sul primo palo. Bernabeu ammutolito, il Manchester City ha un piede e mezzo in finale.
Poi succede qualcosa, qualcosa che assomiglia più ad un segno premonitore che ad un gol sbagliato: cavalcata sulla sinistra di Grealish, palla in mezzo, salvataggio sulla linea quasi impossibile, con un rimpallo che rimanda il pallone in campo. Tutti pensano alla finale in stile Premier, manca una manciata di minuti. Una manciata. Tutto ciò che basta ad un immortale Real.
I cambi di Ancelotti entrano con uno spirito straordinario, il giovanissimo Camavinga e l'indemoniato Rodrigo portano freschezza e ritmo. E fiducia. E gol... al 90', pareggio che riapre i giochi, su assist bellissimo di Benzema. Il City è ancora in vantaggio nei due scontri, Rodrigo lo sa e anticipando tutti, un minuto dopo batte di testa il gol che vale i supplementari. Indescrivibile. Quasi storia.

Quasi, perché c'è qualcosa che stranamente manca, qualcosa che risulta più inspiegabile di questa straordinaria sfida: manca il gol del prossimo pallone d'oro, manca un impreciso Karim.
Dopo pochi minuti nel primo tempo supplementare Orsato vede prontamente un fallo in area, rigore Real. Sul dischetto Lui, se lo è guadagnato e lo batte, in maniera perfetta. 3 - 1.
Sorpasso completato. Il resto è storia, ci aspetta una bellissima finale.

Due cose mi hanno colpito in maniera particolare, al di là della straordinaria intensità e della qualità estrema venuta fuori da questo match. La prima è il contrasto tra la storica eleganza e signorilità madridista, squadra di potere e successo, di qualità e colpi di scena, e il commovente senso di sacrificio che ha messo in campo, dimostrando molto di più degli avversari di volere questa finale. Ho avuto la netta sensazione che sia nel momento in cui c'era da inseguire sia quando c'era da proteggere il risultato, il Real sia stato estremamente più maturo, più convinto e ordinato, meritando nettamente questo risultato. È stato un operaio in Lamborghini, impareggiabile qualità abbinata ad una stupenda etica del lavoro, fino all'ultima goccia di sudore. Fino all'ultima lacrima.

E le lacrime di Carletto sono proprio l'altro dettaglio che mi ha conquistato in questa serata pazza.
Un uomo che ha vinto tutto, ha stracciato record e che in settimana, dopo aver riportato la Liga nella capitale, ha parlato per la prima volta di ritiro, confermando che alla fine dell'esperienza sulla panchina dei blancos se non andrà in vacanza, lasciando quel mondo da cui ha preso tanto e cui ha dato tantissimo. Ed ha ancora la capacità di emozionarsi, di sciogliersi in lacrime per l'ennesima finale raggiunta, per l'ennesimo colpo di reni con cui si è preso la rivincita sui critici.

Quando in piena tempesta, in mare aperto, il tuo capitano sfida le onde con il suo proverbiale sopracciglio alzato, nulla è impossibile.
E comunque vada, è stata una Champion's "Real"