Mentre Zlatan Ibrahimovic salutava ieri il Meazza rossonero, mentre molti nel pubblico piangevano ed alcuni dei compagni di squadra non riuscivano a trattenere l'emozione, mi domandavo cosa differenzia la passerella finale di un campione come lui da quella di tanti altri grandi rossoneri che l'anno preceduto. Sheva, Kakà, Van Basten, solo per fare alcuni esempi di attaccanti adorati dal pubblicato rossonero.

La risposta è semplice: Ibra non è stato solo un grande calciatore, un finalizzatore eccezionale, ma è stato letteralmente e per parecchio tempo lo spirito del Milan che voleva risorgere e grazie a lui è risorto.
Ricordo ancora nell'estate del 2010 il suo primo arrivo in un Milan depresso perchè i cugini avevano lo scudetto sulle maglie e la squadra ripartiva con allenatore nuovo (Allegri) e tanti giocatori da assemblare. Quella stagione Ibra risulterà il primo marcatore rossonero con 21 gol risultando decisivo per la conquista dello scudetto e della Supercoppa. Ricordo che sino ad allora la presenza di Zlatan aveva sempre garantito la vittoria in campionato alla squadra di cui indossava la maglia.
Questo straordinario record sarebbe finito l'anno successivo non per demerito suo (fu capocannoniere con 28 reti) ma perchè qualcuno non vide un evidente gol di Muntari nello scontro diretto con la Juve.

Il ritorno di Ibra in rossonero è stato se possibile ancor più esaltante del suo arrivo. Nel 2019 molti lo definivano finito, dopo un'esperienza peraltro esaltante nel campionato americano, causa le 38 primavere. Eppure anche stavolta lo svedese riuscì quasi da solo ad invertire il trend di una squadra che dopo un inizio disastroso (e l'esonero di Giampaolo) giunse a fine stagione a ridosso delle prime qualificandosi per l'Europa League. Su questo ritorno vorrei far notare un particolare che oggi può essere indicativo di quel che farà o potrebbe fare Ibra in futuro. Mi riferisco al sodalizio istaurato con Stefano Pioli. Pur provenendo da percorsi diversi sia Pioli che Ibra sono giunti al Milan quell'anno con qualcosa da dimostrare: Stefano di essere un allenatore da Milan a dispetto dello scetticismo generale, Ibra di essere ancora un grande campione nonostante l'età. Questa comunione d'intenti è stata la vera miscela esplosiva di una squadra che, con i tanti ragazzini o talenti inespressi che schierava, non avrebbe avuto tante performance esaltanti. Il Milan in questi anni ha avuto due allenatori in campo : un tecnico (Pioli) ed un motivatore (Ibra).
Un uomo che ha fatto dell'integrazione con i suoi ragazzi il suo punto di forza (Pioli) ed un campione che ha voluto sudare e sgobbare più e meglio di chi ancora doveva dimostrare tutto diventando, in tal modo, un esempio da imitare. 

Per questo ieri Leao (uno che è arrivato al Milan con gran talento ma anche grande indolenza) è corso ad abbracciare Ibra dopo il gol, per questo Tonali, Calabria, persino Giroud (altro grande "vecchio" dello spogliatoio) ieri piangevano salutando il "fratello maggiore". Ibra in questa seconda esperienza ha saputo catapultare il Milan allo scudetto (ed alla semifinale di Champions) con il suo inesauribile carisma e la sua grande carica.

Chi sarà il prossimo motivatore della squadra? Io non mi sorprenderei se fosse lo stesso Ibra, dopo che si sarà preso un'estate per riflettere sulla sua prossima vita ed avrà concluso che non può fare a meno dello spogliatoio di Milanello. Un ruolo per lui nello staff tecnico di Pioli ci deve essere perchè Stefano è un ragazzo intelligente e Ibra uno che ha tatuato i colori rossoneri sulla pelle.