Strano, il fattore "P" bianconero: fino a pochi giorni or sono non si pensava alla possibilittà di titolarità in campo di Paredes e Perin. Eppure, ieri sera hanno dimostrato non solo classe e sangue freddo in una bolgia che poteva volgere al peggio, ma anche personalità e carisma. Cominciamo da Perin: le due incursioni fatali attraverso la "linea Maginot" dei piemontesi, che hanno avviato i due goal di M'Bappé, sembravano non solo non demoralizzarlo, ma come per Anteo dargli forza. Fino al capolavoro finale: sdraiandosi di traverso sulla linea della porta sul tiro "alla Rivera di Italia-Germania 4-3" da parte di Neymar, prolungava la speranza di pareggiare da parte degli ospiti.
Paredes: magari non con la carica inventiva di Pirlo, ma con controllo di palla e tecnica invidiabili, capacità di addormentare il centrocampo, visione di gioco, fungeva da "one-man-show" della serata, se non fosse stato per la costante presenza, nella metà campo ospite, dei "tre tenori". Ripeto: non ha il taglio folgorante di Platini dalla tre quarti - propria - in su, anche perché non ha un Boniek che galoppa in profondità e riesce a smarcarsi e perché il calcio è cambiato; ma ha caratteristiche proprie, autentiche, rare. Io, per il futuro, non addebiterei certe eventuali lacune della squadra alla mancanza dei "monumenti" in campo, quanto all'apparente incapacità, finora palese, degli uomini di punta di smarcarsi, di rendersi profondi, anche perché il calcio di oggi, ripeto, difficilmente lo consente. Prova ne è che le azioni veramente efficaci della Juve, ieri sera, nascevano da cross e da quello, in particolare, effettuato da Kostic che ha portato al goal.
Non addebiterei, vieppiù, soverchie responsabilità alla difesa, in quanto è difficile disporre di due calciatori come Bremer e Bonucci, per molte squadre. Si è vista, piuttosto, anche perché era già caratteristica del Barcellona di cui il PSG è in buona parte erede per la presenza di certa fondamentale ossatura, maggiore precisione nei passaggi da parte dei francesi e la dimostrazione, impersonata da Verratti, che prima che guardare all'estero converrebbe, talvolta in sede di campagna acquisti, guardarsi intorno. Perché è stato da un affondo subitaneo, da fiorettista, dell'abruzzese che è nata la seconda realizzazione da parte dei locali.
Perché non parlare del resto? Meriterebbe, tale trattazione, non solo un breve articolo. Inutile sarebbe ribadire la classe di Neymar o la forza di un Messi pur al crepuscolo della sua fantastica carriera; o dei nuovi innesti nei transalpini, comunque positivi. E' una storia che in parte conosciamo.
Meno sappiamo di una squadra in costruzione come l'attuale Juventus, in cui personalmente avrei piacere di notare qualche calciatore, in più, che si sia distinto nelle giovanili della squadra, anche se necessità di bilancio e, concordemente, di qualificazione premono alle porte e sembrano meglio soddisfar se stesse attraverso il ritorno di quei "veterani della vittoria" che la squadra, con trepidazione, attende.
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