I tifosi dell’Inter mi perdoneranno per quanto sto per dire ma, a San Siro, domenica si è visto un unico fuoriclasse e vestiva la maglia rossoblù: Rodrigo Sebastián Palacio, 36 anni (classe ’82), originario di Bahia Blanca, in Argentina. Al suo gol, che ha regalato momentaneamente il pareggio al Bologna, con tanto di scuse per il (presunto) dispetto all’ex squadra, nella quale ha militato fino alla scorsa stagione (140 presenze e 39 gol, con la maglia interista dal 2002 al 2007) il popolo di San Siro ha risposto con un applauso, giusto e meritato tributo per chi si è sempre dimostrato, prima di tutto, un assoluto professionista.
Anche l’Inter mi ha sinceramente impressionato, ma in negativo: dove è finita la squadra cinica, compatta e incrollabile ammirata a inizio stagione? Personalmente, ho visto 11 giocatori sparpagliati per il campo, incapaci (nonostante l’enorme proprietà di palleggio di alcuni suoi interpreti) di creare una trama offensiva realmente efficace e pericolosa, alla luce soprattutto della pochezza difensiva di questo Bologna, per non aggiungere altro. Tuttavia, (per parafrasare Spalletti) l’importante era vincere, per poter approfittare della terza sconfitta consecutiva della Lazio, e l’Inter ha vinto: il gol decisivo non è stato di Perisic e, neppure di Icardi (che ha seguito il match dalla tribuna, causa infortunio). Ha segnato Yann Karamoh, ex-oggetto misterioso del mercato estivo di Suning, con un autentico missile mancino da tre punti che ha trafitto Mirante, preciso nel sette.
Sono costretto, in linea con quanto ho letto in questi giorni, a riconoscere un voto in pagella piuttosto basso anche a Roberto Donadoni. Il tridente leggero, con cui il tecnico bergamasco è sceso inizialmente in campo, ci poteva pure stare: si era rivelata una buona intuizione al San Paolo, avrebbe potuto benissimo esserlo a San Siro. Mi schiero però dalla parte di Destro: la sua esperienza, e soprattutto il suo peso (offensivo), ancorché a partita in corso, potevano sicuramente dare un volto differente al finale di gara. Invece, l’ex-attaccante di Roma e Milan è rimasto comodo in panchina per tutti i 90 minuti. Un piccolo appunto riguarda Mbaye: certo, col senno di poi è sempre piuttosto semplice, ma era evidente che il terzino del Bologna fosse in grande sofferenza e, peraltro, anche già ammonito. Non essendo estraneo a cali d’intensità e concentrazione a gara in corso, Donadoni e il suo staff avrebbero potuto quantomeno paventare una sua, tempestiva, sostituzione. Pazienza.
Comunque, per chi ama le statistiche: terza sconfitta consecutiva, settima nelle ultime nove gare (soltanto il Chievo ha fatto peggio), tredicesima stagionale, quarantaduesima della gestione Donadoni. A essere maliziosi, sembrano i numeri di un gruppo che, piano piano, si è abituato a perdere. Ho, in tutta onestà, un timore ancor più profondo, provocatomi dalla crescente sensazione di ineluttabilità che si respira, ormai quotidianamente, in mezzo ai tifosi bolognesi. Non sarà che anche NOI ci stiamo abituando a perdere?
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