Rimane la sensazione che il diavolo è stato nei dettagli. Personalmente non ho visto una grande "Regia", al di là dei primi minuti, offerti dal Bari. Umile e agguerrita, niente più.
Al solito, quel barcamenarsi per il campo della squadra biancorossa, che così ha affrontato le tre partite play off, perdendo anche a causa del fattore Reggio, già affacciatosi nel girone coi cugini calabresi, nonché con quello emiliano, terminale. Entrambi gli entourage, sottolineamolo, vincitori con merito.
Le cause si sono radicate in successione temporale. La più immediata l'algoritmo, invenzione sofisticata e necessaria, ma che per come congegnato matematicamente ha inevitabilmente favorito le squadre del Girone B, che avevano giocato meno partite. A campi invertiti sarebbe, forse, stato diverso. Sarebbe bastato, però, vincere uno degli ultimi 4 pareggi consecutivi per balzare in testa ai decimali penalizzanti, e non è stato bello sentir dire dal ds Scala che non ci ha capito niente dei calcoli risultanti.
Fa bene la Società a riflettere su Vivarini, il Mister subentrato a Cornacchini. La conferma di quest'ultimo è stato il peccato originale della stagione. Sembrava palese ai più l'inadeguatezza del ruolo per la nuova Serie, al di là della bontà della persona, nulla questio, già in Serie D aveva mostrato chiari segni di insufficienza, ma il solito volemose bene post vittoria ha cancellato le titubanze. Semmai la riflessione dovrà essere estesa anche allo staff tecnico che ha condotto campagne acquisti impegnative, di qualità tecnica, ma poco funzionali dal punto di vista della rosa messa a disposizione, carente in alcuni aspetti tecnici e pletorica in determinati ruoli.
Paventava un mix comunque vincente, fatto di esperienza, qualità nei reparti, ardore agonistico, tutte cose che Vivarini non è riuscito a capitalizzare, forse perchè, come dicono i suoi detrattori, produce un gioco troppo lezioso per la Serie, oppure, come dicono i suoi adulatori, le sue richieste sulla rosa non sono state esaudite e l'imbattibilità, seppur insufficiente, ne sarebbe la prova. Ergo, riflettere è d'obbligo.
Si deve tutto a LDL, quindi gli si può perdonare qualche errore. Uno di questi è innamorarsi di Bari. Il popolo biancorosso ha una passione sfrenata, croce e delizia, che si riflette sulla squadra sia nel bene che nel male, producendo a volte una pressione controproducente, l'altra negatività che ha influito sulla prestazione in partita. Un certo suo distacco, analitico, all'Andrea Agnelli, non dispiacerebbe.
Sentivo Enzo Tamborra, che stimo e mi permetterà la citazione, di un Bari proiettato in stile Parma. Sarebbe bello, ma uno dei segreti di quella società è proprio nel rapporto instaurato con la città: "Passione senza Pressione" può esserne lo slogan. Spietatezza, in questo i baresi sono diversi, ci sarà da correggere qualcosa per raggiungere l'obiettivo, magari sfruttando le positività indubbie del tifo biancorosso.
Ora via tutti i fantasmi, si riparte!
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