In un articolo della scorsa settimana era scritto che i giovani non guardano più le partite, preferiscono gli highlights, perché vanno di fretta. Devono pubblicare video su Tik Tok di quindici secondi, che poi è esattamente il tempo che hai per attirare la loro attenzione, secondo una mia amica insegnante. Passati quelli è finita, non ti ascolteranno più.

A pensarci bene la sintesi di Juventus-Inter di Coppa Italia, per esempio, non dovrebbe superarli quei quindici secondi. Ricordo Lautaro che zappa il terreno, Ronaldo fa un doppio passo e Agnelli che inveisce contro Conte a fine partita. Magari ne basterebbero anche dieci di secondi, con un fermo immagine del pullman della Juve davanti alla porta di Buffon per gli ultimi cinque.
Se questa notizia dei giovani fosse vera sarebbe opportuno porci due domande: ma dove corrono questi giovani? E la seconda: che tipo di spettacolo viene offerto alle nuove generazioni di tifosi? Scelgo quest’ultima.
Mi sembra che il calcio abbia reagito alla minaccia del Covid moltiplicando le partite. Non le hanno aumentate di numero, hanno compresso i calendari. Con il risultato che il campionato di calcio somiglia ormai sempre più ad una serie Netflix, la quale pubblica una stagione intera in un solo giorno e invita il pubblico alla grande abbuffata. Le puntate sono tutte lì, a disposizione. E allora, perché non guardarle?
Mi è capitato personalmente di seguire tutte e cinque le stagioni di una serie e poi di descriverla laconicamente ad un amico con queste parole: “niente di straordinario”. E allora perché le hai guardate? Perché puoi convincere uno spettatore ad inchiodarsi sul divano e a sorbirsi 40 puntate in una settimana soltanto se lo stordisci.
E nel calcio di oggi accade lo stesso. Ogni partita, che si vinca o si perda, dura il tempo di un messaggio su Whatsapp. Tanto domani si gioca di nuovo, e la crisi di oggi, diventerà il trionfo di domani.
Ecco perché “vincere è l’unica cosa che conta”. Perché ci si chiede cosa sia il bel gioco e se davvero sia mai esistito.
E’ umanamente impossibile giocare bene tre partite a settimana senza pubblico e senza potersi allenare. Quattro partite in dodici giorni non è calcio, è un’altra cosa. E’ gestione delle forze, conta degli infortunati e crioterapia.

Potremmo dirci che questo è un anno particolare, e non c’è dubbio che sia così. Ma avete visto quale sarà il nuovo format della Champions League? Ci saranno molte più squadre e molte più partite. In questa stagione non riescono a recuperare la partita della Juventus contro il Napoli, il prossimo anno credo che se la giocheranno a testa o croce. Ogni lasciata è persa, lo spettacolo deve continuare.
In questo contesto gli allenatori somigliano sempre più ai selezionatori delle nazionali: teorizzano e sperimentano in partita. Alcuni di loro sono talmente in bambola che non capiscono più le domande dei giornalisti, altri le capiscono e provano a sfogarsi nella speranza di un silenzio stampa che sognano da mesi.
La bulimia di partite provoca come ultima conseguenza la ribalta della statistiche. Per tenere il passo di questa corsa, dobbiamo aggrapparci ai numeri.
La costanza è spesso esaltata quanto e forse più del talento, che è incostante per natura. Ai più forti calciatori del calcio moderno i lampi di classe non bastano più. Devono segnare 40 gol a stagione, devono battere i record. Prima li chiamavamo bomber, adesso sono diventati i fenomeni.
Sospetto che George Best e Eric Cantona se ne fregassero dei record. Eppure i documentari sul calcio continuano e continueranno a parlare di loro, di Cassano più che di Maldini.

George Eliot diceva che per conoscere uno scrittore non servono 50 libri, ne basta uno o forse una pagina. Paul Gascoigne alla Lazio di gol veri, importanti, ne ha fatto uno solo. Era durante un derby con la Roma e i tifosi non l’hanno più dimenticato. Visto quello visto tutto.
E se il punto più alto dei 9 scudetti juventini fosse proprio quella sconfitta di Madrid?
E se la migliore conclusione di una carriera straordinaria, per giunta durante una finale di Coppa del Mondo, fosse proprio quella di andarsene con una testata?
Sono soltanto delle provocazioni, ma credo di sapere cosa guarderanno i giovani in quei quindici secondi. Sbadiglieranno di fronte ai 500 gol degli “extraterresti” e sceglieranno Zidane.