Capita che le persone raccolgano meno di quanto seminano o comunque non riescano a raggiungere un determinato risultato alla loro portata. Nella realtà quotidiana di noi “esseri comuni” è quasi prassi. Esistono individui che hanno capacità fenomenali ma, per motivi facilmente comprensibili, non trovano successo all’interno del loro ambito. Il compositore francese ottocentesco Hector Berlioz affermava: “La fortuna di avere talento non è sufficiente; bisogna avere anche il talento di avere fortuna”. E’ esattamente il concetto che vorrei esprimere. Gesù insegna che occorre sfruttare i propri talenti, ma non sempre è colpa del soggetto se non è in grado di mettere in atto questa dottrina. Esistono fattori esterni che lo impediscono. Il Signore li conosce molto bene e chi crede in Lui è perfettamente conscio del fatto che se una situazione non si verifica, probabilmente, è giusto così. Il volere di Dio, infatti, è sempre finalizzato al meglio per i suoi figli. Lasciando da parte la catechesi che, indipendentemente dal credo, è ricca di elevati contenuti filosofici, le cause di simili vicende sono piuttosto intuibili. A volte per sfondare servono particolari conoscenze personali ed esistono concorrenti meno abili che raggiungono risultati più elevati. Occorre ammetterlo. Non è nulla di strambo o sconcertante. E’ la realtà. In altri casi si intraprendono strade errate per centrare un determinato obiettivo. Vi sono situazioni in cui potrebbero subentrare fattori psicologici oppure si rischia di trovarsi nel luogo sbagliato al momento errato. Aldo, Giovanni e Giacomo direbbero che “così è la vita”. Vi chiedo, però: “Come si può riconoscere un’attitudine di una persona?” La risposta è senza dubbio nelle sue doti in un determinato ambito, approvate da terze persone, ma non è sufficiente. Credo sia necessario pure concepire amore nei confronti di una data disciplina e sono pienamente convinto che i due fattori siano direttamente proporzionali. Mi spiego. Se Tizio è un genio in matematica, sarà anche appassionato di quella materia. In caso contrario non riuscirebbe a esprimersi in essa in maniera così positiva. Ogni capacità dev’essere allenata e ciò può accadere soltanto se la si adora. Non è una teoria banale. Propongo un ulteriore esempio. Sovente si sostiene: “Caio è molto bravo a giocare a calcio, ma non gli piace allenarsi”. Non credo che sia così. In realtà, il ragazzo nasconde sentimenti fortemente positivi nei confronti di quello sport. Potrebbero esistere, però, altri blocchi. Magari, inconsciamente, ha subito un trauma o è infastidito da dilemmi legati a quel mondo. Se è dotato, però, lo deve avere dimostrato e se ha fatto questo significa che si è impegnato. Relativamente ai talenti, se ciò è avvenuto, occorre che vi sia passione. E’ necessario, infatti, distinguere tra il mestiere e le capacità. Quando una persona svolge una determinata professione, darà sempre il massimo per raggiungere un risultato positivo anche se questa non lo aggrada. E’ un suo dovere ricambiato con il denaro. La propensione, invece, non vanta controprestazioni concrete. Per manifestarla occorre perseguirla senza nulla ricevere in cambio e una vicenda con tali prerogative avviene soltanto in presenza dell’amore aprioristico. Proprio in quest’ottica, pure se la strada appare tutta in salita, nel momento in cui un individuo detiene determinate capacità e sentimenti verso un settore deve continuare a coltivarli. La vita potrebbe regalargli gradite sorprese.

Come si collega tutto questo alla carriera di Gian Piero Gasperini? E’ molto semplice. L’allenatore dell’Atalanta riassume perfettamente alcune delle citate caratteristiche. E’ un professionista che percepisce un lauto guadagno per svolgere la propria attività, ma che palesa un infinito amore nei suoi confronti. Con il massimo rispetto per la sua carriera, però, non ha ancora raggiunto ciò che avrebbe meritato. Giustamente il tecnico si dice soddisfatto per il percorso sinora condotto e non potrebbe essere altrimenti, ma è inutile nascondersi. Gli manca quel guizzo che lo inserirebbe meritatamente nel gotha dei mister. Deve raggiungere un grande successo. Non è detto che ciò avvenga con una squadra diversa dalla Dea che ormai è al livello dei migliori club europei. Sto esagerando? Forse, ma si analizzi il cammino dei bergamaschi e il loro potenziale. Sono in lotta per la seconda piazza della serie A. Hanno ormai raggiunto l’aritmetica certezza di una doppia qualificazione consecutiva ai gironi di Champions League. Nel mese di agosto giocheranno i quarti di finale della manifestazione dove sono accoppiati al Psg. In caso di passaggio del turno, se la vedranno con una tra Altetico Madrid e Lipsia. Poi, eventualmente, sarà finale. E’ necessario considerare che tutte queste gare saranno secche e si disputeranno in un breve lasso temporale. Tale fattore rende la situazione molto imprevedibile. Può accadere qualsiasi vicenda. E’ simile a un Mondiale. Una compagine che giungerà all’appuntamento in un’ottima condizione potrebbe avere tutte le carte in regola per centrare l’obiettivo e al momento gli uomini di Gasperini stanno molto bene. Per di più, senza volere cedere all’ipocrisia, i nerazzurri sono anche capitati nella zona favorevole del tabellone. Nel primo turno affronteranno una squadra che arriverà all’incontro con una sola gara ufficiale post lockdown sulle gambe e solitamente palesa qualche difficoltà in Coppa. Non si dimentichi, inoltre, che le altre sfidanti di “quel lato della competizione” non hanno mai avuto l’onore di conquistare il trofeo. Dall’altre parte, invece, si sfideranno le favorite. Per svariati motivi, tra cui la pressione di dover centrare l’obiettivo a tutti i costi, chi guadagnerà la finale potrebbe “avere un’importante scimmia sulle spalle”. Non voglio certo sostenere che l’Atalanta sia la favorita, ma nulla è impossibile. I lombardi, poi, hanno tutte le carte in regola per costruire un’armata che, nelle prossime stagioni, possa competere per lo Scudetto. La rosa è micidiale e ormai anche i rincalzi sono all’altezza dei titolari. Si pensi a Muriel o Malinovskyi che giocherebbero nell’undici di partenza in quasi tutte le altre rivali di serie A. Lo stesso vale per Castagne o Caldara e pure per Pasalic. La Dea mi ricorda parecchio il Parma di Tanzi. Il riferimento è chiaramente soltanto all’ambito sportivo. Entrambe le realtà provengono dalla provincia e sono in grado di competere con il top del calcio continentale. Gli emiliani vinsero kermesse nazionali ed europee. Sarebbe positivo se i nerazzurri riuscissero a eguagliare quei risultati.

Gasperini attualmente allena un top club. Anzi, probabilmente, allo stato dell’arte, è seduto sulla panchina della squadra più forte della serie A. Il pareggio sul campo della Juve è stata l’ennesima consacrazione. L’Atalanta è andata a Torino a fare la partita. Ha espresso una manifestazione di forza non indifferente e la squadra che esce godendo per il risultato è sicuramente la Vecchia Signora. Al di là di un tricolore sempre più vicino, i bianconeri sono riusciti a fermare un’avversaria che giungeva da 9 vittorie consecutive in serie A e che ha realizzato più di 100 gol stagionali. Diviene, quindi, paradossale sostenere che Gasperini meriterebbe di condurre un top club. Si rischia di confondere persino Aristotele e suoi sillogismi. Se ho sprecato litri di inchiostro per sostenere che la Dea è una grande del pallone, come posso ora affermare che il suo tecnico merita una big? Chi conosce il calcio comprenderà certamente ciò che voglio significare. Con il massimo rispetto per il progetto, i lombardi non avranno mai con l’assoluta certezza di poter competere a lungo per determinati obiettivi. Non riusciranno a garantirsi la sicurezza di combattere per le coppe. Su loro incombe il peso della storia e quello della piazza. Senza voler fare i conti in tasca alla famiglia Percassi, pensate che i lombardi possano compiere investimenti simili a quelli del Manchester City? Molto difficile. Sono parole che non vorrei scrivere, ma tali fattori divengono determinanti. Gasperini merita una nuova opportunità. Come Sarri ha finalmente centrato l’obiettivo di iniziare la stagione con una delle favorite per lo Scudetto, anche il piemontese sarebbe all’altezza di un’eguale chance. La sua carriera parla per lui. Iniziata con la Primavera della Juve, riesce a trionfare nel Torneo di Viareggio per poi trasferirsi a Crotone e centrare la scalata in serie B. Passato al Genoa, conquista la promozione nella massima categoria dove conduce il Grifone sino all’Europa League. E’ il miglior risultato nella recente storia dei liguri. Viene chiamato dall’Inter per essere esonerato dopo sole 3 giornate di campionato. Inizia così la fase più complicata della sua carriera che si conclude con il passaggio all’Atalanta. Il resto è storia arcinota.

Perché, a seguito della breve avventura con la Beneamata, Gasperini non ha più avuto la possibilità di guidare una gloria del pallone mondiale? Quali sono i dubbi che spingono i top club a non puntare sul torinese? Oppure è lo stesso tecnico a preferire altro genere di carriera? La domanda è di difficile risposta. Soltanto Gian Piero e chi è a lui vicino può conoscere i dettagli. Certamente un aspetto balza all’occhio. L’allenatore moderno non dev’essere soltanto in grado di condurre la sua compagine, ma ha l’obbligo di concepire anche importanti doti comunicative. Un tecnico, soprattutto se seduto sulla panchina di una squadra con un determinato appeal, ha il dovere di sapersi rapportare perfettamente con i media. Il piemontese non è abile in tale attività? Non voglio assolutamente sostenere una tesi simile, ma Gasp non buca lo schermo. Pochi giorni fa descrivevo Sarri come un allenatore a tutto tondo capace di essere pure “personaggio”. Ho trattato del suo modo di vestire, del mozzicone di sigaretta che gira e rigira nella bocca durante la partita. Ho parlato del suo linguaggio diretto, senza fronzoli e alle volte un po’ “ruspante”. Lo juventino ha assunto ormai una figura riconoscibile tra tante, dando persino origine a un vocabolo che trova spazio nel dizionario della lingua italiana. Se si guarda ad altri grandi allenatori si noteranno profili diversi, ma con il comune denominatore del grande impatto mediatico. Si pensi a Mourinho, Guardiola, Conte, Allegri, Klopp, Simeone o Zidane. Ognuno ha il suo stile, ma è attrattivo. Andando a ritroso nel tempo, tale aspetto probabilmente risultava meno importante anche a causa di minor quantità e peso dei mezzi di comunicazione all’interno della realtà. Detto questo, pure mister come Ancelotti, Capello, Lippi o persino Trapattoni erano dotati di un’immagine importante. Gasperini avrebbe tutte le doti per costruirsela e deve sfruttare tali prerogative. Non significa che abbia il compito di trasformarsi in qualcosa di diverso da sé stesso. Semplicemente potrebbe ritagliarsi il suo spazio con maggiore forza. Non sono in grado di sapere se questo aspetto sia parte della sua indole, ma dispone di un pedigree piuttosto rilevante. Quando è il momento di addentrarsi in polemiche, non si nasconde. Difende la sua squadra e i giocatori a spada tratta. Riesce a svolgere tale mansione anche in maniera piuttosto astuta. Si pensi all’intervista rilasciata dopo la sfida contro la Juve ai microfoni di Dazn. Ha ammesso candidamente che, in termini di regolamento, i penalty per i bianconeri erano netti. Ha, però, sottolineato giustamente come la normativa sul fallo di mano debba essere rivista. In questo modo ha raggiunto più di un risultato. Non ha criticato il direttore di gara, ma ha indirettamente rimarcato di “aver subito un danno” e che la sua squadra sarebbe potuta uscire dalla trasferta contro la capolista con 3 punti. L’interpretazione è esclusivamente del sottoscritto, ma in quest’ottica paiono dichiarazioni magistrali. Il piemontese, poi, dovrebbe evitare alcuni strafalcioni che assomigliano molto a errori di distrazione. Si pensi alle dichiarazioni sul coronavirus relative alla trasferta a Valencia. Assolutamente censurabili. Il tecnico ha fatto intendere ad alcuni di aver patito i sintomi del covid-19 durante i giorni del match contro gli spagnoli. E’ chiaro che, allo stato dell’arte, l’idea di lasciarsi sfuggire certe affermazioni non è nemmeno concepibile. Sono assolutamente convinto che, se Gian Piero avesse avuto la minima percezione di un’eventuale pericolosità della sua presenza, si sarebbe isolato. Non a caso, a seguito di una feroce accusa proveniente soprattutto da esponenti della compagine iberica, Gasperini ha sostenuto: “non ho mai avuto febbre o problemi polmonari di alcun tipo. Quando sono partito da Bergamo stavo bene, ho avuto qualche problema la sera e il giorno dopo, suppongo sia stato quello il periodo. Però la polemica è offensiva a brutta”. (Sky Sport). In effetti, dai test sierologici, si scoprirà che il tecnico aveva contratto la temibile malattia. Nella comunicazione, la forma ha un valore assolutamente fondamentale. E’ necessario che il contenuto sia chiaramente comprensibile altrimenti il rischio è quello di venire interpretati in maniera scorretta. Forse il torinese potrebbe migliorare tali aspetti.

Come dimostrato dalla sua attuale storia con l’Atalanta, credo che Gasperini sia assolutamente in grado di guidare un top club. Il suo gioco è fantastico e raggiunge pure i risultati sperati. E’ capace di porre in difficoltà squadre molto forti e ha successo europeo. Si avvicina molto alla concezione di un calcio moderno dotato di fisico, aerobica, tecnica e tattica. Credo anche che il tecnico piemontese possa convincere i campioni della bontà delle sue idee. Non è una prerogativa semplice ma, udendo i complimenti di Illustri Colleghi come Sarri e Guardiola, penso che ormai il suo modello sia universalmente riconosciuto. Serve il salto di qualità mediatico poi Gian Piero sarà pronto per cercare e centrare il secondo tentativo in una squadra dalla storia gloriosa.