Pensavo fosse una esagerazione di qualche giornalista a corto di idee, ma la discesa in campo del Presidente Cairo contro la possibilità di giocare il Derby il quattro di maggio, mi induce a credere che nella notizia ci sia una verità di fondo.
Io sono juventino, dalla nascita, probabilmente causa una mutazione cromosomica, tenuto conto del fatto che sono cresciuto in una casa granata ed in un ambiente famigliare GRANATISSIMO. Forse per questo, non ho mai detestato il Toro (la parola ODIO, che vedo spesso sprecata anche nelle cronache sportive, è a mio avviso accezione assurda). Ho assistito alla rinascita di quella grande società, ho vissuto attraverso i ricordi dei miei parenti l'epoca degli invincibili.
Ricordo che mio Padre stesso mi ricordava come, la sera del quattro di maggio, il cielo sulla città fosse tanto buio da far presagire una punizione divina. Che punizione sia stata, io non credo; una calamità inattesa lo fu certamente.
Guardo spesso, su YouTube, i servizi sugli onori funebri resi alla squadra, e ogni volta che mi capita di rivedere le scene, sento sempre i brividi.
Negli anni '50, in cui sono cresciuto, contingenze occasionali mi hanno portato a conoscere e frequentare di persona più di un erede di sangue di quei grandi e con ciascuno di essi ho coltivato una buona amicizia.
Tra fasi alterne, ho "sofferto", da juventino, alle sconfitte nei derby, al loro unico scudetto post tragedia, targato Orfeo Pianelli e ricordo assai bene le imprese di Pulici, Graziani, Claudio Sala e molti altri.
Oggi, francamente, non posso non sentirmi interdetto. Secondo il Presidente Cairo non si dovrebbe giocare il quattro maggio. Secondo alcuni tifosi, a quanto ho letto, sarebbe meglio dar partita persa a tavolino per recarsi a Superga nel tradizionale pellegrinaggio.
Vorrei solo sommessamente ricordare a codesti cultori del gesto per il gesto, che ogni azione, pur nobile, di questo mondo non penso abbia riscontro dall"altra parte".
Là dove giocano oggi gli invincibili, lo Stadio non ha indirizzo civico, il tempo non ha data e non penso che Valentino o Eusebio Castigliano facciano caso a quando mani pietose depongono un fiore o una corona sul retro della Basilica.
Vorrei ancora ricordare come in un'altra tremenda occasione, anni dopo la tragedia aviatoria, la squadra del Torino fu ancora bersagliata da una sfortuna beffarda. Fu quando il gioiello del gruppo, al secolo Gigi Meroni, ebbe a morire ancora d'improvviso, falciato in Corso Re Umberto, a Torino, dall'automobile di un giovane tifoso che divenne poi (ancora l'imponderabile !) addirittura il Presidente del Club.
Sette giorni dopo, si giocò ancora un derby, e noi juventini ricevemmo sulla poderosa "gobba" un quattro a zero in cui Nestor Combin, nostro rimpianto ex, contribuì in maniera determinante.
Era il 22 ottobre del 1967.
Non ho mai sentito di aver subito una sconfitta tanto confortante.
Io penso che il Calcio, oggi, avrebbe bisogno anche di questo.
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