In questi giorni la notizia sportiva che più ha tenuto banco è stata quella del signor Djokovic imprigionato dal “crudele” governo australiano. Diciamo che di sportivo tutto questo ha ben poco, più che altro stiamo parlando di politica, di quella che probabilmente sarà la prossima carriera del “dio” serbo. Sì, perché Novak da Belgrado oltre a sentirsi un dio e ad essere un grande campione di tennis, non è per niente uno stupido, e ha già ben programmato la sua seconda parte di vita lavorativa: fare il politico.
Sentire il padre definirlo un martire, il Gesù in croce del 2022 fa un po’ ridere, ma fa anche un po’ rabbia pensando a tutte le persone che negli ultimi due anni hanno subito torture vere da quel nemico invisibile contro il quale combattiamo e dal quale non riusciamo purtroppo a liberarci: il SARS-CoV-2. E non mi riferisco solo a chi è stato male o addirittura morto di malattia COVID-19, ma anche di tutte quelle persone malate di altre patologie gravi che non hanno potuto essere curate a causa degli ospedali pieni, delle sale operatorie inutilizzabili, delle terapie intensive senza più un letto disponibile.
Djokovic, più che un martire, è, a mio parere, un gran furbacchione. Ha utilizzato questa situazione per diventare l'idolo dei No Vax e consolidare la sua popolarità in Serbia, recitando la parte del crocifisso.
Una mia conoscente, leggendo i vari commenti di festeggiamento sui social riguardo all’espulsione del serbo dall’Australia, ha risposto così: sui cadaveri dei leoni festeggiano i cani, ma i leoni rimangono leoni e i cani restano cani.
Credo che in questa storia non ci siano né cani né leoni, c'è una persona che non ha rispettato le regole (giuste o sbagliate che siano) e un Paese, l'Australia, che ha mostrato gli attributi facendole rispettare, dando un messaggio forte e chiaro al mondo: chi rispetta le regole è dentro, chi non le rispetta è fuori. Democrazia e libertà non significano anarchia.
Da quando è iniziata questa pandemia che tutti stiamo subendo, una delle parole diventate più di moda, più in uso, è dittatura, associata, chissà per quale motivo, a quella forse più cruenta, quella nazista.
Ieri, sempre su un noto social network, ho letto l’ennesimo commento incomprensibile con il quale il solito genio da tastiera definiva nazista la decisione australiana.
Ho consigliato educatamente al battitore di tasti, probabilmente poco abituato ad uscire dai confini della sua provincia di residenza, di farsi un giro dove c'è stata o c'è veramente la dittatura, di parlare con la gente che l'ha subita o la subisce, e di farsi spiegare cos’è la privazione della libertà, cos’è la tortura, cos’è la privazione di tutto. L’ho consigliato a lui e a tutti quelli che continuano quotidianamente, da due anni, a definire dittatura ogni tentativo giusto o sbagliato di preservare la salute di tutti noi.
Per favore, non scherziamo con certe cose, e ringraziamo il cielo di essere nati in un'epoca e in un Paese liberi, come libera e democratica è l'Australia.
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