Guardando la partita amichevole Celta Vigo-Roma ci aspettavamo di vedere una squadra, la Roma, ormai quasi pronta per l'inizio del campionato con consistenti miglioramenti rispetto all'ultima uscita con il Valencia, che comunque qualche velato allarme l'aveva già fatto avvertire.
Ma cosa volevamo capire esattamente: dov'era il problema? Se c'era qualcosa da correggere oppure se c'era qualche acquisto oltre il laterale d'attacco da prendere in considerazione.
Secondo me niente di tutto questo. Fermo restando che il laterale destro in attacco serve, eccome, per il resto il passaggio dalla gestione Spalletti a Di Francesco non è stato indolore e sicuramente, per essere perfezionato, ha bisogno di tempi lunghi, più che di giocatori adatti, perché di quelli la Roma ne ha a sufficienza, mentre per quanto riguarda il tempo a disposizione, questa città ha sempre avuto il braccino corto.
Com'era la Roma di Spalletti? Prima di tutto una squadra ben allenata con le idee chiare, ma che ha tenuto sempre in considerazione come era disposta la squadra avversaria, alla costante ricerca degli spazi per poter sfruttare la sua arma migliore, quella delle ripartenze. Questo atteggiamento portava che, a volte, preferiva stare 10/15 metri dietro per poter dare più campo libero alle ripartenze in spazi larghi di Salah e Perrotti unici schemi per lo sviluppo della fase offensiva. Però, quando le squadre avversarie si chiudevano, diventava problematico trovare varchi nelle fitte maglie delle difese.
Un atteggiamneto che in Europa paga molto poco dove ormai quasi tutte le compagini sono abituate ad andare a pressare alto e a fare la partita, lo ha dimostrato il Celta Vigo, ultimo avversario della Roma, che pur essendo di media classifica nella Liga spagnola ha pressato molto alto la Roma non consentendogli di fare il proprio gioco.
È esattamente quello che sta provando a fare Di Francesco da quando è diventato il tecnico dei giallorossi. Nell'ultima partita nessuno si è tirato indietro, solamente la difesa saliva fino alla linea di centrocampo, ma sbagliando i tempi lo ha fatto mentre la palla era scoperta, cioè quando chi ha la palla è senza marcatura o con una marcatura a distanza che, comunque, gli consente di trovare facili traiettorie per passaggi o assist.
È chiaro che non è stato lo scarso valore assoluto dei difensori giallorossi a determinare la disfatta, ma la ancora approssimativa memorizzazione dei dettami del pressing ultraoffensivo che, non appena sarà perfezionato porterà gli avversari a non avere più il tempo necessario per trovare le linee di passaggio precise.
Non appena tutti si muoveranno seguendo lo stesso spartito, solo allora anche i difensori avranno vita più facile, sempre che il braccino corto del tempo a disposizione di Di Francesco gli consenta di lavorare come sa fare.
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