Un calcio senza tifosi non è calcio. Come Roma senza il Colosseo, come Napoli senza il Vesuvio oppure come un pinguino a Trieste. Ma a dirla tutta un pinguino a Trieste c’è stato, si chiamava Marco, ma era femmina, lo sapranno però solo dopo la sua morte. Stadi vuoti, tristi, però senti i giocatori in campo parlare, bestemmiare a volte, vivi la volgarità nel campo, vivi le cose da campo. Ma dalla televisione, con la televisione. Tanto che alla fine di rincorrere la perfezione con il calcio virtuale, siamo diventati tutti virtuali. Due anni di clausura, di effetto alieno, estraniante. La gente è andata via con la testa si dice, boom di casi per psicologi e psichiatri. Depressione alle stelle, società più nervosa, violenta, individualista. C’è bisogno di socializzare. E il calcio è l’occasione delle occasioni per far esplodere tutto quello che si è rinchiuso dentro di noi in questi anni. Capita che l’Inter dopo poco più di dieci anni calcistici vince lo scudetto.
Succede che a Milano migliaia di tifosi si ritrovano senza pensieri per godersi un momento di gioia. Per tantissimi sconosciuto, perché sarà il loro primo scudetto. Per altri invece non dirà niente. Uno scudetto vinto ma con tanti ma, con una situazione pandemica che ti fa passare la voglia di festeggiare. Ovunque si sarebbero viste le stesse scene. Irresponsabili, si è detto, li si è quasi criminalizzati. Si dice che tra due settimane ne pagheremo le conseguenze. Come se fosse solo colpa di quei ragazzi scesi in piazza se da due anni a questa parte l’Italia e la Lombardia vive una situazione disastrosa e non per un sistema fallimentare che non ha mai fatto mea culpa. Meglio prendersela con chi per qualche ora ha voluto sfogarsi e vivere un momento di normalità. Avranno sbagliato, certo, ma siamo umani, forse. Non più in Europa, ma nel Regno Unito, a Manchester si doveva giocare una partita fondamentale per il Liverpool. Accade che i tifosi, migliaia di tifosi, come non si vedeva da decenni, prendono d’assalto lo stadio. C’è chi entra, chi prova a vandalizzare, ma la maggior parte erano tranquilli anche se incazzati. Tanti senza mascherine, distanziamento inesistente, e riescono nell’intento di non far giocare il derby. Da Milano a Manchester arrivano segnali di cedimento, di una società che non ne può più ed ha trovato nel calcio la prima fonte di sfogo, attraverso un ritorno di fantomatica normalità fatta dalle cose viste a Milano e Manchester.
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