Chi tra di voi, tifosi milanisti, non ha conservato intatto nel proprio cuore il fervido ricordo di Keisuke Honda in maglia rossonera? A Milano, il "samurai di Settsu" ha collezionato una novantina di presenze, riuscendo a raggiungere la doppia cifra sia in termini di reti che di assist. Nonostante un ottimo rendimento sotto la Madonnina, sono certo che molti di voi abbiano risposto alla domanda precedente stordendo il naso, facendo spallucce o - meglio ancora - dileggiandomi con qualche sonora pernacchia. 

Honda è un ottimo giocatore, dotato di indiscusse capacità tecniche e balistiche (la celebre "mukaiten", un particolare modo di calciare le punizioni che permette al pallone di perdere ogni tipo di rotazione), unite ad un'abnegazione ​​​​e ad un coraggio notevoli, che fanno parte del bagaglio etico-morale di ogni giapponese che si rispetti; nonostante tutte queste qualità, Keisuke ha pagato dazio per colpe non sue, giocando in un Milan mediocre tecnicamente e allo scatafascio aziendale; un Milan in netta fase di transizione verso l'attuale gestione Elliott, sicuramente più solida e priva di turbolenze societarie. Avesse giocato nel Milan odierno, quello di Gennaro Gattuso, con ogni probabilità sarebbe stato meno inviso ai tifosi milanisti. Che invece ne conservano un brutto ricordo, non perché scarso, brutto o cattivo, ma perché arrivato al Milan nel momento sbagliato. 

D'altra parte, il fatto di essere un bravo calciatore Keisuke l'ha dimostrato pure (e soprattutto) in Nazionale. Con la maglia che fu di Tsubasa (il mitico Oliver "Holly" Hutton), il nostro collezionò un buon numero di presenze e gol, entrando nella storia del calcio mondiale per un record difficilmente battibile: il primo ed unico calciatore del globo terracqueo ad aver segnato in 3 Coppe del Mondo diverse e consecutive (2010, 2014, 2018). In Russia l'ultimo suo guizzo contro il Senegal, prima di scrivere la parola fine alla sua storia con il Giappone e ad una carriera internazionale ricca di soddisfazioni. 

Honda ha preso questa sofferta decisione per concentrare tutte le sue forze nella nuova avventura di club, che lo porterà a vestire il blu del glorioso Melbourne Victory, campione in carica del campionato australiano (la A-League); contratto biennale per lui, dopo essersi svincolato dai messicani del Pachuca. Fino ad ora, zero sorprese: non vi sto raccontando nulla di così eclatante, nulla che non si venga già a sapere quotidianamente attraverso la cronaca sportiva. 

La sorpresa, piuttosto, si nasconde dietro la particolare decisione presa dal nipponico, che, pochi giorni dopo quello da giocatore con gli australiani, apporrà la sua firma anche sul contratto da allenatore della Cambogia. Honda ricoprirà infatti il ruolo di general manager e commissario tecnico della nazionale per gli impegni di AFC Cup (la Coppa d'Asia), nella quale la nazionale al 166o posto del Ranking FIFA dovrà vedersela - in quello che si preannuncia come un "girone di ferro" - con le temibili Myanmar, Vietnam e Malaysia (ma davvero in questi paesi si gioca a calcio?). Vista la concomitanza degli impegni, l'ex Milan non potrà presenziare di persona, collegandosi perciò con lo staff cambogiano tramite videoconferenze settimanali e ricevendo un rimborso spese in caso di spostamenti obbligati: un vero e proprio "lavoretto" part-time, simile nella forma alla miriade di annunci in cui giornalmente tutti noi ci imbattiamo, ma diversissimo nella sostanza, visto che parliamo comunque di un calciatore professionista che nella sua carriera (e tutt'ora) ha guadagnato milioni e milioni di dollari/euro/yen.