Caino e Abele fanno parte della mitologia biblica tanto che nell'Antico Testamento si parla espressamente di loro. I due fratelli sono stati generati da Adamo e da Eva, i primi umani, coloro che si sono macchiati del peccato originale. Caino era un lavoratore della terra, un contadino, mentre Abele era un allevatore, un pastore. I primi esseri umani generati (e non creati direttamente dalla mano divina) offrirono entrambi dei doni a Dio. Caino donò i frutti della terra mentre Abele fece altrettanto con i primogeniti del suo gregge. Dio apprezzò il regalo fattogli dal pastore mentre disdegnò quello del contadino. L'invidia fu la causa del primo omicidio (fratricidio) della Storia umana. Tra le tifoserie sportive (anche quelle italiane) ci sono molti seguaci di Caino e di Abele.
Partendo da un profondo desiderio di compiacere la propria divinità, il tifoso Caino è pronto alla critica e all'uso della violenza (più o meno repressa) sia quando le cose vanno bene, sia quando le cose vanno male. Non avendo ben compreso che lo sport è un gioco e che serve ad insegnare a vivere meglio si trasformano in terroristi sempre in assetto di guerra ed ogni occasione è motivo valido per esprimere dissenso e rabbia. Se si perde una partita è perché la squadra è formata da brocchi, se si pareggia è perché l’allenatore ha sbagliato i cambi e se si vince è perché l’avversario era troppo debole. Questo tipo di tifoso è immune a tutti i tipi di vaccini e porta la malaria (cioè la mal aria) nei polmoni e nel proprio respiro. Come Caino, prima ancora della divinità che afferma di adorare è l’altra parte del tifo (Abele) la vittima preferita dei suoi dileggi.
Il tifoso Abele ha capito che lo sport è un gioco e conduce una vita appagante. Quando smette di lavorare ama emozionarsi con le immagini dei suoi campioni che vestono i colori che fin da bambino ha deciso di far diventare il proprio vessillo. Quando la sua squadra del cuore perde trova parole e pensieri di conforto per i suoi beniamini perché capisce che “se vuole il miele, non deve prendere a calci l’alveare”. Per riuscire a risalire la china sa che deve esserci serenità. E’ più facile dimenticare con i sorrisi che con gli sguardi truci e i pensieri martellanti. Quando la squadra pareggia considera il risultato soddisfacente. In fin dei conti, pareggiare è molto meglio che perdere e a volte è un bene prendere un po’ di fiato in vista di impegni futuri. Quando la squadra vince, esulta felice ed è al settimo cielo ma sa anche che lo sport non è la sua sola ragione di esistere e c’è sicuramente qualcuno con cui ha voglia di condividere questa sua prorompente gioia.
Caino, così come il suo emulo tifoso, è riconosciuto universalmente come il traditore e l’assassino ed è vissuto roso dall’invidia. Abele, invece, ha vissuto piacevolmente ogni istante della sua esistenza e viene ricordato quale simbolo di bontà e di correttezza.
La storia dei due primi fratelli avrebbe potuto essere diversa se qualcuno che si sentiva infelice avesse capito fin dal principio che la felicità non si può rubare.
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