Sabato 1° agosto 1936
Bollettino del servizio Meteorologico del Reich per Berlino: Molto nuvoloso e occasionalmente coperto con pioggia. Venti moderati da sud
ovest e ovest. Temperatura 19°

Ich hab noch einen Koffer in Berlin
(Io ho ancora una valigia a Berlino)
Marlene Dietrich

Il trillo del telefono è simile a un soffio delicato, sembra un sospiro. “?” risponde, pacatamente, una voce dal marcato accento belga.
-Signor Conte sono le sette e mezza
-Grazie, ero già sveglio
Il conte Henri Baillet–Latour, presidente del Comitato Olimpico Internazionale, si trova nella sua sontuosa suite dell’Hotel Adlon di Berlino. Lo attende una giornata impegnativa. E’ il primo giorno delle Olimpiadi 1936. Nel pomeriggio, all’Olympiastadion, verrà issata la bandiera olimpica e dichiarata ufficialmente aperta l’XI edizione dei Giochi Olimpici...
L’Adlon non è solo un elegantissimo albergo è anche un pezzo di storia della mitica città tedesca. Si trova sul prestigioso viale Unter den Linden (sotto i tigli ndr) a pochissimi passi dal monumento-simbolo della metropoli: la Porta di Brandeburgo.
Tra il 1935 e il 1945, divenne un luogo dove venivano prese importanti decisioni diplomatiche, anche se il Terzo Reich preferiva l'Hotel Kaiserhof nella Wilhelmstrasse e lo stesso Adolf Hitler visitò l'Adlon soltanto una volta, in occasione proprio dei Giochi Olimpici.
Berlino, già vent’anni prima, nel 1916, avrebbe dovuto ospitare le Olimpiadi. Ma, con la Prima Guerra Mondiale in corso, ovviamente, furono  annullate. Il 27 aprile 1931, si riunì il Comitato Olimpico Internazionale, per decidere la sede dei Giochi per l’anno 1936.
Fu scelta Barcellona. Una decisione che deluse moltissimo i dirigenti del Comitato Olimpico Tedesco. Non si arresero e allestirono una serie di manovre e petizioni allo scopo di cambiare la sede dei Giochi. “Perche mai la Germania sconfitta – ha scritto Jerome Prieur, scrittore e regista francese autore di un documentario e di un libro Berlino 1936 I giochi di Hitler  – non poteva tornare a essere finalmente frequentabile?
E poi, non era forse stato previsto, vent’anni prima nel 1916, che Berlino fosse la capitale olimpica, sennonché quello era stato l’anno della terribile battaglia di Verdun
? Prieur riporta lo stato d’animo di gran parte della società tedesca che riteneva la Germania, uscita sconfitta dal primo conflitto mondiale, umiliata e mortificata dal Trattato di Versailles.
Theodor Lewald, presidente del Comitato Olimpico tedesco con l’aiuto di Carl Diem, giovane e brillante teorico della ginnastica e dell’educazione fisica, che diventerà poi capo del Comitato Organizzatore delle Olimpiadi, imbastisce una fitta rete di relazioni diplomatiche e, diremmo oggi, di relazioni pubbliche con l’obiettivo di portare a Berlino i giochi.
Il COI si riunisce sempre nel 1931, a maggioa Losanna e con 43 voti favorevoli per Berlino e 16 per Barcellona, compiono la missione che soltanto un mese fa appariva impossibile.

IL CONTE HENRI CONTRO HITLER
Il 30 gennaio 1933
segnò l’inizio della presa di potere nazista.
Il presidente del Reich Paul von Hindenburg – tipico esponente junker, l’aristocrazia terriera prussiana – conferì l’incarico di Cancelliere a Hitler.
Il Führer s’insediò sulle rovine del primo sfortunato tentativo di Stato democratico tedesco: la Repubblica di Weimar.
Nel giro di pochi mesi, i nazisti crearono quasi tutte le strutture portanti di quel regime che avrebbe governato la Germania fino al 1945.
Nel settembre del 1935, il regime mostra il suo volto più oppressivo.
L’ossessione anti-ebraica trova il suo epicentro nelle Leggi di Norimberga. Città dove si era riunito il Reichstag (il Parlamento tedesco ndr) per emanare dei provvedimenti che mettevano virtualmente fuori legge gli ebrei e - come scritto da uno dei massimi storici del Nazismo, William Shirer - infliggevano loro un’ulteriore umiliazione, vietando di sposare degli ariani o di avere qualsiasi rapporto sessuale o sociale con tedeschi purosangue.
Le discriminazioni contro gli ebrei crearono più di un problema ai vertici del Comitato Olimpico Internazionale. Escludere gli atleti ebrei dai Giochi violava uno dei principi più sacri dei valori olimpici.
Henri de Baillet Latour cominciò a preoccuparsi.
Ora, per amor di verità, sarà bene soffermarsi un attimo sulla figura di questo aristocratico belga.
E’ un uomo d’ordine – ha scritto Jerome Prieure sotto sotto condivide l’antisemitismo dell’epoca. In privato, confidò in più di un’occasione di non amare alla follia gli ebrei, ma non per questo – bontà sua – augura loro del male. Però, intuisce che gli avvenimenti in Germania stanno prendendo una piega che può provocare disagio all’interno del movimento sportivo. Occorre intervenire tempestivamente e con una certa fermezza. L’altro aspetto della faccenda che lo infastidisce è che il Governo tedesco sta provando ad appropriarsi dell’organizzazione dei giochi ed emarginare il CIO.
Eh no! Questo proprio no…!

Una sera di maggio, seduto alla sua scrivania della Villa Mon Repos di Losanna, il Conte Henri perde le staffe e alza la voce.
Con tono alterato si rivolge ai suoi collaboratori e dice: E’ indispensabile che il signor Hitler venga previamente informato che i Giochi sono assegnati a una città e non a uno Stato e non hanno alcun carattere politico, razziale, nazionale, confessionale. Qualora queste condizioni – prosegue accalorandosi ancor di più – non incontrassero l’approvazione del Cancelliere, sarebbe preferibile che Berlino ritiri la sua candidatura. Prieur, a questo proposito, ha scritto: “da notare che la minaccia di Baillet-Latour è formulata al congiuntivo presente, senza la riserva che avrebbe suggerito, invece, l’impiego del congiuntivo imperfetto".

LE AMBIGUITA’ DEL MONDO LIBERO  
Le leggi razziali che escludevano gli ebrei dalla comunità tedesca apparivano all’osservatore straniero un pauroso salto indietro nei secoli.
Di questo atteggiamento sdegnato i tedeschi ne avevano, in qualche modo, sentore dalla stampa e dalla radio per quanto censurate. Però notavano anche che il regime nazista non impediva a molti visitatori stranieri di affluire in massa nel Terzo Reich e di godersi la sua ospitalità.
La Germania nazistaha scritto Shirer nella sua monumentale Storia del Terzo Reich – molto più della Russia sovietica era aperta a tutti gli osservatori stranieri.
Il turismo era una voce fondamentale nel bilancio dello Stato nazista. Affluiva tanta valuta straniera di cui la Germania aveva gran bisogno. I turisti erano liberi di girare senza limitazione alcuna. Anche gli antinazisti erano bene accolti, a patto che non ficcassero il naso nei campi di concentramento e nelle zone militari. Chi veniva in Germania, con la convinzione di trovare uno stato-prigione, se ne tornava in patria con la certezza di essere stato in una nazione dove tutto funzionava e molto meglio delle loro città democratiche. Shirer, nel suo ruolo di corrispondente della Radio americana, da Berlino, era ben addentro alle faccende del regime nazista. Di una certa ambiguità o anche indifferenza, da parte dei suoi compatrioti, se ne accorse tutte le volte che tornava a New York.
Trovai i miei concittadini piuttosto ingenui e disinformati, indifferenti. Mi aspettavo che la gente che conoscevo e incontravo fosse ansiosa di ricevere informazioni di prima mano sulla Germania nazista. Non fu così, salvo pochi casi.

LE OLIMPIADI BIANCHE DI GARMISCH E PARTENKIRCHEN
Prima delle Olimpiadi estive, com’è consuetudine, si svolsero anche le invernali. Si tennero a Garmisch e Partenkirchen, due comuni della Baviera, dal 6 al 16 febbraio 1936.
Le località, oltre a essere dotate di una buona impiantistica, presentavano un vantaggio, diciamo così, logistico-politico: erano vicinissime a Berchtesgaden, il quartier generale del Fuhrer. La candidatura fu approvata dall’assemblea del CIO di Vienna, dal 7 all’11 giugno 1933. L’altra candidata era St.Moritz.
Nel 1935 le due cittadine diventarono un comune unico per volere di Hitler in persona. Il 1936 sarà l'ultimo anno che vedrà disputarsi sia le Olimpiadi invernali che quelle estive nella stessa nazione. I tedeschi, com’è facile intuire sulla perfetta riuscita dei Giochi Olimpici, sia invernali che estive, avevano puntato tutte le loro carte migliori. Offrirono loro un’occasione d’oro per impressionare il mondo con i successi del Terzo Reich ed essi la sfruttarono nel migliore dei modi.
Sulle critiche, quindi, erano assai suscettibili. Proprio a Shirer toccò affrontare l’ira germanica per aver scritto una serie di articoli, non proprio amichevoli e con critiche di un certo rilievo, su Garmisch.
Un mattino, poco prima dell’alba, il giornalista americano venne svegliato da una telefonata di un fanatico burocrate del Ministero della Propaganda. Urlava all’apparecchio – ha raccontato Shirercontro di me per qualcosa che avevo scritto sui Giochi Olimpici invernali. Mi accusò di aver scritto una storia falsa su Garmisch e sugli ebrei e che il mio scopo recondito era silurare i giochi invernali. Circa sei settimane prima, in realtà, avevo scritto alcuni articoli sullo zelo con cui i tedeschi da Hitler in giù li stavano preparando come preludio ai Giochi dell’estate di Berlino. Il Fuhrer intendeva trasformare i giochi in un grandioso trionfo propagandistico.”

Per concludere questa prima parte di Berlino 1936, concediamoci un sorriso con una barzelletta politica - narrazione che nasce proprio nei regimi autoritari come sfogo a certe limitazioni della libertà -.
In Svizzera, un pezzo grosso nazista chiede a un passante cosa sia il palazzo davanti a cui si trovano. Il nostro Ministero della Marina, risponde lo svizzero. Il nazista scoppia a ridere e gli dice: “Con le due o tre barchette che vi ritrovate, a che vi serve un Ministero della Marina? E lo svizzero: ”Già… e allora a voi a che serve ancora un Ministero della Giustizia?”

(SEGUE)