Una città che ribolle ancora di rabbia ed amarezza, ma che ora vede più di un barlume di speranza. Sono giorni davvero complicati per i tifosi del Bari dopo il fallimento sportivo della propria squadra.
Tecnicamente il secondo negli ultimi quattro anni. Ma se nel 2014 il cambio di presidenza in corsa sancì solo un temporaneo fallimento societario senza intoppi per la categoria di appartenenza, questo ha fatto davvero male ai tifosi.
Si dovrà ripartire dalla Serie D. Il Tribunale ha decretato la condanna lo scorso 16 luglio, dopo svariati tentativi di imprenditori locali per cercare un via d'uscita al risanamento dei debiti del club. Tutto inutile. Il Bari Calcio dopo 110 anni di storia gloriosa, 30 dei quali nella massima serie, è fallito tra le lacrime di una città intera. Quella città che solo meno di due mesi fa sognava un ritorno in Serie A durante i playoff persi contro il Cittadella.
Un colpo tremendo per un popolo che si catapultava in massa al San Nicola dove la media spettatori, soprattutto nell'ultimo periodo della scorsa stagione, sfiorava le 40.000 unità. Un tifo caldissimo che tanto avrebbe voluto tornare a imbarcarsi in massa nei più grandi stadi italiani. Come quella volta del 15 ottobre 1994. Allo stadio Giuseppe Meazza di San Siro andava in scena la sesta giornata tra l'Inter di Ottavio Bianchi e il neo promosso Bari di Giuseppe Materazzi (papà di Marco).
Tutti curiosi sui nuovi acquisti nerazzurri Wim Jonk e Dennis Bergkamp, ma al minuto 2 sono gli ospiti ad andare in vantaggio. E' il colombiano Guerrero, servito involontariamente da Bergomi, che batte Pagliuca con un destro sotto l'incrocio dei pali da dentro l'area. L'attaccante dei galletti si invola verso la bandierina del corner e viene sopraggiunto da altri 5 compagni di squadra. Guerrero è capo vagone, i compagni Tovalieri, Gautieri, Bigica, Gerson e Pedone gli altri pezzi del 'trenino' che da quel momento diventò il simbolo di quel Bari delle meraviglie.
Un 'trenino' ideato dallo stesso Guerrero in nazionale ed insegnato ai propri compagni durante il ritiro pre-campionato in terra pugliese. Un'esultanza che ricorrerà sempre durante l'anno, indipendemente da chi andasse in rete. Il marcatore diventava il capo vagone ed indicava la via. Un viaggio che ha portato il Bari ad ottenere uno storico 12° posto nella stagione 1994-1995 con i suoi tifosi pronti ad intonare balletti ed esserne virtualmente i pendolari domenicali.
Ora, a ventitre anni di distanza i tifosi non hanno più una squadra per cui sognare. Restano solo speranze e preghiere per una città che non può finire così. Aurelio De Laurentiis è il trenino su cui una popolazione intera si affida per tornare ad intravedere una meta che, ad oggi, sembra davvero lontana. Quel viaggio dalla C alla Champions League con il suo Napoli ne deve essere l'esempio.
La città di Bari merita un treno per tornare nel calcio che conta.
Merita un capo stazione che permetta a quel 'trenino', finalmente, di tornare a casa.
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