Al cuore, molto spesso, non si comanda. O per definirla alla Galliani, sul ritorno di Kakà nella stagione 2013-2014: 'Certi amori non finiscono, fanno giri immensi e poi ritornano'.
E per un figliol prodigo al ritorno, un Mario Balotelli allo sbarco di Milanello. Lui che nel capoluogo milanese ci era tornato per la seconda volta dopo la parentesi fallimentare al Liverpool, ma in questo caso la vera scintilla non è mai scattata.
Una carriera che ha percorso tappe importanti. Trofei e soddisfazioni di squadra, ma anche litigi ed incomprensioni. Un carattere molto vivace, a tratti strafottente ed arrogante anche e soprattutto con la stampa. Un talento chiuso ed imprigionato in una personalità che ha sempre avuto l'ambizione di spaccare il mondo ma sempre a modo suo. Senza quella particolare attenzione nei dettagli che alla lunga fanno la differenza.
Tre anni in Ligue 1 già all'età di 26 anni hanno avuto i contorni della classica 'pausa di riflessione' da tutti gli errori e dalla pressione mediatica che lo stavano via via mangiando. La vecchia volpe di Mino Raiola aveva capito perfettamente la situazione e l'immagine del suo assistito era pressochè compromessa in quel periodo. Serviva un restyling d'immagine in un campionato europeo meno impegnativo ma pur sempre con discreta visbilità per non cadere nell'oblio.
91 presenze e 51 gol tra Nizza e Marsiglia non gli permesso di riassaporare a pieno quello a cui Mario sta più a cuore, ovvero la Nazionale. Solo tre apparizioni ed un gol con l'avvento del ct Mancini e quell'Italia-Svezia vista dal divano di casa con la coppia Immobile-Gabbiadini elette misteriosamente come frecce per staccare il pass per il Mondiale russo.
E chissà se proprio in quella partita sia cambiato qualcosa in lui. Se quella profonda delusione nazionale avrebbe fatto da ossimoro nella sua mente nel ricordo più bello ed emozionante in maglia azzurra. La doppietta a Varsavia contro la Germania come trampolino. L'apice delle emozioni in quel lungo e toccante abbraccio con mamma nella serata più importante della sua vita. Spesso tutto gira intorno a quello. A quell'amore e calore familiare che spinge a dare sempre il meglio di sè.
Dal 2012 ad oggi molte cose sono successe nella vita di Mario e probabilmente c'era bisogno di fare chiarezza e ripartire. E poco importa se il Flamengo chiama per un contratto da 12 milioni per un anno e mezzo. Se la tifoseria più calda del Brasile è pronta a riempirti di calore e fama. Serviva qualcosa di diverso. Serviva sentire il cuore.
'Scelta fatta mamma, torno a Brescia, torno a casa'.
La mamma piange. Serviva questo. Per ripartire e non fermarsi più.
Avrebbe voluto abbracciarlo forte come quella volta a Varsavia.
Quella volta in cui era Super Mario per tutti, ma per lei era Mario. Dove oggi per tanti è solo un Mario qualunque, ma per lei è stato Super.
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