Ieri sera, prima che arrivasse il 120esimo minuto dei supplementari, mister Allegri stava saggiamente preparando l'ingresso in campo di Leonardo Bonucci per sfruttare la sua abile dote dagli ultimi metri, dato che il film della partita si stava dirigendo verso quel tipo di finale, che in casa bianconera si aspettava con assoluta soddisfazione.
Ma come può accedere nei film, quando meno te lo aspetti accade un colpo di scena, che sovverte il corso degli eventi e offre allo spettatore un diverso tipo di finale, per utilizzare un termine tecnico un "plot twist", uno stravolgimento di scena interpretato da un personaggio, che chiameremo Alex Sandro, che ha deciso di compiere un gesto dalla dubbia funzionalità mettendo in difficoltà i suoi compagni e portandoli alla sconfitta.
Potremmo parlare per ore, se non per giorni del singolo errore compiuto dal difensore brasiliano, da tempo lontano parente del primo Sandro ammirato sulla fascia sinistra nel primo anno della sua avventura bianconera o del ritardo nell'effettuare il cambio di Bonucci a tal punto da chiedere alla squadra di compiere in qualsiasi modo un "fallo tattico", ma la verità è che il regista stesso di questo amaro finale è la Juventus stessa, una squadra ed una società che devono fare i conti con delle evidenti difficoltà psicologiche, gestionali ed economiche, che hanno ripercussione nella realtà calcistica in cui noi tifosi siamo parte integrante.
Il problema della Juve oggi è la Juve stessa: il nemico da battere non era Lautaro, Sanchez o Handanovic, ma sono quelle fragilità e insicurezze che la hanno indebolita in questi anni. Ciò che prima era un totem che incuteva paura a tutti gli avversari, un nome che in campo faceva rispettare la sua legge a prescindere che ci fosse o meno un fuoriclasse catalizzatore in squadra, ora è un guerriero che combatte con delle armi contrastabili facilmente.
Queste sono le parole di un tifoso amareggiato e nostalgico del passato, ma reputo in ogni caso giusto ricordare che la Juventus si è presentata a questo appuntamento senza tre suoi punti fermi (Chiesa, Cuadrado e De Ligt) ognuno dei quali sarebbe stato in grado di offrire quelle qualità che sono mancate nella maggior parte dei protagonisti in campo, vale a dire esperienza, sicurezza e dinamismo; l'undici bianconero sceso in campo ieri, compreso il fedele dodicesimo Perin, ha fatto la partita che doveva essere fatta, impostata sulla strategia finora funzionale che ha portato in dote punti e prestazioni in campionato ma che in queste tipologie di partite non basta.
Perseveranza e fiducia nei propri mezzi devono essere le basi per poter riscrivere quel tipo di finale a cui abbiamo assistito, piacevolmente, durante l'ultimo decennio.
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