E’ assolutamente banale e scontato, quindi è inutile sostenerlo: nella vita ci sono cose più importanti. Troppe volte si è sentito dire. E’ chiaro che è così. La famiglia, gli amici, il lavoro… Questa non è una classifica poiché ognuno percepisce la realtà a modo suo, ma esistono miliardi di situazioni che dovrebbero venire prima della squadra del cuore. Il vero tifoso, tuttavia, sa che spesso è una forma di auto convinzione più che una concreta verità. Nulla è oggettivo e, proprio per questo, diventa impossibile sindacare le sensazioni personali. Un conto è ciò che insegna la cultura di cui si fa parte, un altro è quello che prova l’anima del singolo individuo e, senza voler prolungare questo pipp… di prologo, affermo che chi ama veramente la propria compagine ha verso di essa un’emozione incomprensibile per il non appassionato di calcio. Vi prego, quindi, di leggere il pezzo tenendo ben presente tale considerazione.

Purtroppo, urge iniziare ancora una volta con l’emergenza covid perché Omicron e la quarta ondata stanno spingendo forte e all’estero c’è qualche problema. In alcuni Paesi gli stadi sono chiusi al pubblico. In Premier League, nei giorni scorsi, il Daily Mail Sports paventava persino la paura di una nuova interruzione che, chiaramente, rischierebbe di creare problematiche a tutto il pallone europeo. Siamo nel 2021, quasi 2022, e anche il mondo del calcio è un sistema complesso dove ciò che accade a ogni componente può avere influenza sulle altre, soprattutto se si tratta di parte di enorme importanza come il football d’oltremanica. Ciò detto, in Italia pare tutto più sotto controllo e, anche se si dovesse avere una completa zona rossa, la serie A non vedrebbe lo stop. E’ chiaro, però, che, in pandemia, dopo quanto accaduto nel 2020 e con una gestione a volte inspiegabile di alcune vicissitudini, il cuore del tifoso è sempre in ansia anche se non ve ne sono i motivi. Tale situazione vale indipendentemente dal colore della maglia e la tristezza verso una serie A sempre più nel caos si dimostra pure con situazioni simili a quella della Salernitana che non rischiano di bloccare il torneo, ma certamente non gli fanno bene.

Si passa poi alle questioni juventine e si gode per l’archiviazione del “Caso Suarez”. Non se ne può più ed è davvero particolare dover affermare: “Fuori uno”. Il supporter bianconero si sente accerchiato perché sono secoli che è attaccato su ogni situazione possibile e immaginabile. Tutte le minime fattispecie diventano gigantesche e dalla formica nasce un elefante. Quanto accaduto rispetto all’attaccante uruguayano è l’emblema della realtà. Si conclude con un nulla di fatto, ma un anno fa si parlava persino di possibile esclusione dal campionato. E’ così: quando c’è la compagine “più importante” del Bel Paese, giustamente, i media si infiammano come un ragazzino alla prima uscita con la persona da tanto corteggiata. E’ nel loro mestiere ed è nel gioco delle parti. Ciò che lascia basiti non è questo, quanto la speranza vana dei tifosi avversari anche più ragionevoli, di cancellare, depennare completamente la Vecchia Signora dalla faccia della terra. Sono praticamente certo che, se mai i sabaudi dovessero essere radiati dal calcio, vedremmo scene di gaudio e giubilo da parte di molti. Esiste una fissazione, un mantra per cui “la Juve ruba” ed è nota persino come “Rubentus. Credo sia inaccettabile terrapiattismo. Ecco, il complottismo nei confronti di Madama ha lo stesso valore. E’ surreale e rappresenta un inutile tentativo di giustificare le continue batoste subite. Esopo raccontava della “Volpe e l’uva”. Il concetto è più o meno il medesimo. Non riescono a sconfiggerla sul campo, ne sono ossessionati, allora tentano di farlo nelle aule della Giustizia che, spesso e volentieri, non ha motivo per intervenire. Il precedente di Calciopoli rappresenta un caso più unico che raro. E’ chiaro, però, che spaventa a morte i tifosi bianconeri. E’ un trauma e, riportato alla mente dall’eco mediatica della questione plusvalenze solo recentemente smorzato, provoca nefasti incubi a chi ama la Juve. Proprio per tale momentaneo placarsi delle acque, si prende un’immensa boccata d’ossigeno. Si resta, tuttavia, sempre pronti con i calzari ai piedi come nella nota cena pasquale perché le avversità sono predisposte a colpire da un momento all’altro.

La guardia dev’essere sempre alta anche in quanto Ceferin “è deciso a pugnalare” con la querelle Superlega. Mi sento di concordare con il direttore Agresti quando mi pare sostenere che non si debba tracciare un parallelo tra ciò che è accaduto nel sorteggio di lunedì, con l’imbarazzante e grottesca ripetizione, e la vicenda relativa alla nuova competizione, ma mi sento in dovere di affermare una tesi. L’Avvocato Sloveno ha più volte attaccato e, a tratti pure con un eccesso di ironica supremazia, i club che hanno dato vita al progetto. E’ scontato che, quando ci si atteggia in una determinata maniera, il rischio di prendere un granchio è molto più elevato. E infatti… Mai era accaduto che l’Uefa sbagliasse ad accoppiare 16 squadre. Si è assistito a una roba che neanche nel torneo dell’oratorio. Risulta piuttosto ridicolo fare riferimento all’errore di un software esterno. Suvvia, signori! Sono una manciata di palline. I giochi di società post pranzo natalizio hanno incastri più difficili. Il Real Madrid potrebbe davvero avere subito un danno. Il suo accoppiamento al Benfica, ottenuto in prima battuta, era regolare. Ora se la dovrà vedere con il Psg. Insomma, non so se vorrei essere nei panni di Ceferin e, bando all’ipocrisia, godo nel vedere tanti rosicare per l’archiviazione del “Caso Suarez” riportando alla luce la “coccumella”. Tuttavia, tremo per le questioni ancora aperte.

Fuori dal campo si vive, quindi, un mix di sensazioni piuttosto importanti, ma pure contrastanti. E’ quasi un ossimoro: fiducia spaventata. Si parlava prima di sistemi complessi. La realtà e uno di essi e ogni componente influenza l’altra, così le medesime sensazioni si percepiscono rispetto alla dirigenza. Bisogna avere riconoscenza e pure fede in un Presidente che ha vinto 9 Scudetti in 10 anni e una serie di altri trofei importanti con 2 finali di Champions. Allo stesso tempo, però, è impossibile non notare gli errori commessi nell’ultimo periodo e pure la sua presenza sempre più ridotta nel dialogo con i tifosi che è fondamentale. Agnelli ha in mano le redini della società e deve motivare, rassicurare, spiegare. I cambi sono stati parecchi. La triade con Marotta e Paratici non esiste più e sicuramente il primo sta dimostrando di essere una pedina fondamentale. Arrivabene mi soddisfa e apprezzo il suo rigore. Le parole rilasciate a SkySport sulla mediaticità della questione plusvalenze sono molto gradite perché si è esposto facendo capire che la Vecchia Signora non è passiva rispetto a certi assalti subiti. Ma l’area sportiva è un’altra roba. Non voglio gettare la croce su Nedved e Cherubini che, tra l’altro, si è appena insediato al vertice di quest’ultima. Serve, però, una figura di supporto. Continuo a proporre con fermezza il nome di Giovanni Carnevali.

E sul campo? Beh… Volete che vi siano differenze? Ma assolutamente no! Ora vi stupirò. Il sentimento è sempre lo stesso, cioè quello del “bene, ma non benissimo”. Perché? E’ molto semplice. La classifica di serie A piange. Ventotto punti in 17 turni sono troppo pochi. La distanza dalla vetta è di 12 lunghezze che, invece, rappresentano un’enormità. Forse, rispetto a una squadra forte come l’Inter, il gap risulterà incolmabile anche in considerazione del fatto che l’Atalanta viaggia sulla falsariga dei nerazzurri e potrebbe serenamente conquistare lo Scudetto. Nel mezzo vi sono altre avversarie alla stregua dii Napoli, Milan, Fiorentina e Roma. Insomma, per ambire al titolo, servirebbe realmente un miracolo. Ma quando sento che la lotta per la zona Champions è già fuori portata mi si accappona la pelle. Tra la Juve e il quarto posto, occupato dai partenopei, ci sono 8 punti e, vedendo il recente andazzo delle rivali che non si chiamino Beneamata o Dea, la fiamma della speranza arde ferocemente. Il problema, tuttavia, non è dato tanto dal valore delle concorrenti, ma dal ritmo che i sabaudi stanno mantenendo. È troppo lento. Per i tifosi della Juve, la partita di sabato a Bologna rappresenta già uno spauracchio enorme. Se, fino a due stagioni fa, certe trasferte erano praticamente una formalità, oggi la musica è completamente diversa e, come dimostrato dal Venezia, chiunque può sperare. Una compagine di valore come quella felsinea avrà di certo la convinzione di ottenere un risultato positivo. In questa condizione, l’abbinamento con il Villarreal, tredicesimo nella Liga Spagnola, non può che spaventare a morte. Il Sottomarino Giallo ha estromesso la squadra di Gasperini dalla Coppa e, come detto, questa è attualmente più forte della Vecchia Signora. Gli ispanici sono i detentori dell’EL. Insomma, il livello è elevato. Il tifoso bianconero trema e ne ha tutte le ragioni.

Dov’è, quindi, il bicchiere mezzo pieno? Vorrei proporvi il paragone con la prima della classe in serie A, l’Inter. I nerazzurri hanno 12 punti di vantaggio e una rosa superiore alla nostra, ma nascondono dietro a seppur corrette giustificazioni, la fobia di un’eliminazione agli ottavi di Champions che considerano quasi scontata. Sento sostenere che il loro obiettivo fosse passare il girone. Non giocano la fase finale della Coppa dal 2012 e posso comprendere che il risultato raggiunto sia fonte di soddisfazione, ma il valore della rosa imporrebbe loro di entrare assolutamente nelle prime 8 d’Europa. La massima competizione continentale per club, però, è crudele come la peggiore delle streghe. Un sorteggio può rappresentare un inciampo da cui è impossibile rialzarsi e, in effetti, la sfida al Liverpool sembra una montagna troppo elevata da scalare quasi per chiunque. I prossimi saranno 3 mesi d’inferno poiché vissuti nel limbo di chi sa che verrà gettato nella fossa dei leoni. L’Inter, signori, è questa. Non ha ampi margini di miglioramento e nemmeno il calciomercato pare essere in grado di modificare lo status quo ante. La Juve, invece, è troppo brutta per essere vera. Il valore del gruppo è più elevato rispetto alla realtà dei fatti. La differenza tra il cammino europeo e quello nazionale ne è la più concreta dimostrazione. E’ come se la batteria fosse a metà e si attendesse la carica completa. Magari gennaio regalerà pure qualche novità. E’ assolutamente necessario, per esempio, trovare un attaccante da una ventina di gol in campionato: Icardi, Aubameyang o Cavani, fate voi… L’importante è che arrivi a costo zero perché il tesoretto va tenuto per un bomber giovane durante la prossima estate, dove quasi certamente saluterà Morata. Questo, naturalmente, se la giustizia sportiva non renderà la vita impossibile. Occorre, poi, muoversi a centrocampo dove l’unica nota lieta è Locatelli. Qualità cercasi.

Insomma, il tifoso bianconero vive senza certezze. Vive alla giornata e nulla è peggio di tale sensazione. A differenza di tutti gli altri, però, può avere una grande speranza: quella di vedere sbocciare una rosa magnifica riducendo al silenzio chi sino a oggi la sta seppellendo. Come ho già scritto, De André recitava che “Dal letame nascono i fiori” e, prima di suonare il De Profundis alla Juve, è sempre meglio aspettare l’ultimo istante. Se le altre hanno già mostrato il loro lato migliore, la Vecchia Signora è ancora nascosta. Attenzione!