Allianz Stadium, minuto 33 del secondo tempo, Asamoah alza la testa e dalla trequarti sinistra scodella un pallone lento e prevedibile in mezzo all’area della Lazio. Cinque compagni aspettano immobili come statue di sale. La palla scivola a fondo campo. È invece Immobile solo di nome ma non di fatto il Ciro della Lazio. La partita è tutta qui. Da una parte la miglior rosa della serie A che non sa cosa fare senza palla tra i piedi. Dall’altra una buona squadra con qualche ottima individualità che conosce bene lo spartito e lo suona alla grande.
In molti parlano della difesa della Juve, ma il vero problema che deve affrontare l’allenatore bianconero Massimiliano Allegri è la manovra. A centrocampo, in attacco, in fase di possesso in generale. I giocatori bianconeri non fanno movimento senza palla, perfino Matoudi, che ha nel moto perpetuo il suo più gande talento, sta iniziando ad aspettare il pallone tra i piedi. Segnale inquetante. Allegri in panchina predica calma e questo è già di per sé un problema. C’è poco da stare calmi perché la Juve gioca male. Nel secondo tempo molto male. Si affida alla capacità del giovane Betancur di giocare a due tocchi. Ma se giochi a due tocchi e i compagni non si muovono, la manovra comunque non decolla.
Davanti Higuian è sempre prevedibile, costantemente anticipato. Douglas Costa, al netto del gol, sembra ancora un copro estraneo. Non solo estraneo alla Juve, ma alla Serie A in generale: lezioso, irritante, ha già raccolto i primi fischi. La traversa di Higuain e il palo di Dybala in pieno recupero avrebbero raddrizzato il risultato, ma rimandato il necessario mea culpa. Il rigore parato a Dybala (il secondo consecutivo) all’ultimo secondo del 94esimo minuto fa male ai tifosi bianconeri e porta la Lazio in alto, dove merita e dove sognare qualcosa più di un posto in Champions ormai non è peccato. Paradossalmente la prima sconfitta allo Juventus Stadium da oltre due anni (783 giorni) può fare bene anche ad Allegri, che quando sente il fiato sul collo, nonostante il peculiare aplonb livornese, dà il meglio.
Grande protagonista della serata è Simone Inzaghi, dato dal gossip calcistico quale possibile erede sulla panchina bianconera. È la seconda volta, Supercoppa compresa, che mette in croce Allegri. E a Inzaghi manca ancora uno come Felipe Anderson, ma nessuno se ne accorge. La sua Lazio è tosta, cattiva, ordinata e si muove bene. Non è il Napoli, ma è un perfetto esempio di pragmatismo italiano. In alcuni momenti questa Lazio ricorda un’altra Juve, quella di Conte. La Serie A trova un’indiscutibile nuova protagonista, che non si perderà per strada. La Juve invece deve darsi in fretta una svegliata, perché il livello del campionato si è alzato e le statue di sale non fanno più paura.
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