"Arriverà la fine, ma non sarà la fine, come ogni volta ad aspettare e fare mille file, con il tuo numero in mano e su di te un primo piano..."
Recita così, una celebre canzone di Tiziano Ferro, intitolata "la fine", un testo intrinseco di significati, storie che si intrecciano, come gli affluenti del grande fiume della vita. E così come noi tutti facciamo parte di questo grande gruppo di piccoli individui, dipende da noi evitare di perderci in questo immenso corso d'acqua, in cui finiamo per convergere nel corso della nostra esistenza.
All'uomo si chiede di riconoscere un'identità, la propria, e sembra davvero facile riconoscerci per gli altri, quanto invece lo è difficile per noi stessi. Come lo scrittore delle maschere affermava, se si guarda la propria corrispondenza dall'esterno si finisce col diventare 100 mila volti diversi, tutti destinati a sciogliersi come maschere di cera davanti ad una fonte di calore, per rimanere nessuno.
Senza però perderci troppo in temi decadenti, come quello della pluripersonalità, caratteristico di Luigi Pirandello, ci spostiamo al mondo del calcio, in modo particolare puntando i riflettori delle telecamere su un calciatore, alla ricerca di sé stesso: Ivan Perisic. Eh sì, l'asso croato ha incantato tutta la serie A, richiamando l'attenzione delle grandi d'Europa per la sue doti in campo, capace di saltare il diretto avversario praticamente in ogni occasione, spostandosi il pallone su entrambi i piedi, alzando il valore dell'imprevedibilità su livelli vertiginosi, così come quelli della sua resistenza sul terreno di gioco, semplicemente instancabile.
Ma questa dolce favola, diventata realtà per i tifosi interisti, sembra sia rimasta ferma a quella domenica 3 Dicembre, di quasi 3 mesi fa, ultima grande prestazione dell'esterno ex Wolfsburg, tornato a casa con il pallone in mano, figlio della tripletta contro il Chievo Verona.
Infatti da quel momento l'Ivan Perisic al quale c'eravamo abituati, sembra quasi essere sparito, come se quello che vediamo in campo adesso sia un suo sosia perfetto, capace di imitarlo in tutto, eccetto per le qualità sul prato verde.
Quindi la domanda che tutti, non solo i nerazzurri si pongono, è dove sia andato a finire il vero croato di Spalato, e che forse questa crisi, ormai diventata davvero lunga in termini di tempo, non sia dovuta a qualcosa che si è inceppato, in quella macchina che funzionava davvero così bene.
Come narrava lo scrittore delle maschere, a volte capita di perdersi in se stessi, in quel labirinto interiore, dove la propria anima finisce per essere sostituita da una rivoltosi, rimasta in ombra fino a prima. Ma qualunque sarà la prossima pagina di questa storia, vorrei chiudere con un'altro estratto dalla medesima canzone che ha dato inizio a questa riflessione:
"Vorrei che fosse oggi, in un attimo già domani, per iniziare, per stravolgere tutti i miei piani." Nella speranza, che anche tu possa essere migliore, come quel film, che lascia tutti senza parole...
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