Da sabato sera non si parla d'altro. Non si parla della Juve che battendo l'unica possibile rivale per lo scudetto ha praticamente fatto scendere il sipario su questa stagione già a settembre, ma del licenziamento di Marotta. 

Si sono sprecati giudizi, sentenze, illazioni sui perché di questa sorprendente scelta, si parte da screzi litigi e toni che si alzano, a problemi con l'indagine n'drangheta biglietti, fino a vedute differenti sul mercato. Tutto giusto tutto sbagliato, tutto possibile, di certo non ne sapremo molto di più per un po' di tempo, l'unica certezza è che il primo ad essere stato sorpreso è stato proprio il diretto interessato. 
Quindi non ci può essere stato un episodio o una situazione scatenante, altrimenti lo stesso Marotta qualcosa l'avrebbe capita anche prima, quindi perché? 

Il perché lo sa soltanto il presidente e noi non possiamo che prenderne atto e cercare qualche spiegazione plausibile. 
Partiamo dal fatto che Andrea Agnelli dopo la "gavetta" accanto al papà Umberto e soprattutto allo zio Gianni di cose ne ha capite e una volta messo le mani sulla Juve le idee le aveva ben chiare in testa. Portare la Juve ai livelli dei top club europei, e per farlo ha messo in piedi una serie di progetti ambiziosi e visionari come dare in primis una solidità strutturale alla squadra. Dallo stadio al J village al J museum e la nuova sede della Continassa e il J medical. A questo ha affiancato la rinascita sportiva con Marotta e Paratici che hanno lavorato, sotto le sue indicazioni, in maniera egregia riportando la Juve ad essere la più forte in Italia e tra le più forti in Europa. Questo progetto ha trovato la ciliegina Ronaldo come fine della prima fase, ed inizio della seconda.

Agnelli vuole essere un imprenditore stile Marchionne, lungimirante ambizioso e attorniato da gente di valore e di idee fresche. Non vuole commettere gli errori che sono stati commessi in passato con la triade, cioè lasciare pieno potere ad "estranei" alla famiglia. Andare per progetti e affidare ogni progetto alle persone più adatte. Senza fossilizzarsi su qualcuno per anni e anni come fatto nel passato da altri club.

Agnelli ha creato una sorta di Ferrari del calcio, e ora vuole che a guidarla sia un Hamilton non un Vettel. Marotta è stato, probabilmente, il migliore per arrivare fino a qui, ma il presidente standogli accanto per oltre otto anni ha capito che non è adatto al programma futuro che lui si aspetta. Lui è la Juve, lui ha tracciato le linee guida che hanno rialzato la Juve dalle ceneri della triade nel 2006 lui sa cosa vuole da qui in avanti, e Marotta non è l'uomo giusto. 

La Juve deve usare il lavoro fin qui svolto con un Ronaldo in casa e lo deve fare al meglio senza sbandare, e per guidare a queste velocità bisogna esserne capaci. 
Marchionne lo ha fatto con la Fiat e la Ferrari, lui lo sta facendo con la Juve. Il tempo dirà se e chi ha avuto ragione. Senz'altro Andrea ha avuto coraggio. Dietro quella faccia un po' così, spesso preso in giro per la sua presenza tutt'altro che carismatica o che metta suggestione, detto il monociglio, in realtà c'è un imprenditore che sa il fatto suo e che va dritto per la sua strada con una passione d'altri tempi. La Juve sempre prima di tutto anche delle bandiera. Non ha paura delle decisioni scomode, lui le prende.