“L'uomo appartiene alla terra. La terra non appartiene all'uomo”.
Questa una delle citazioni, forse più famose della storia americana, pronunciata da un uomo che faceva della saggezza il proprio cavallo di battaglia: si tratta del memorabile condottiero appartenente alla popolazione nativa americana dei Sioux Hunkpapa, conosciuto come Toro Seduto, leader assoluto degli indiani nella lotta contro gli invasori.

Oggi la realtà si mostra chiara, riflettendo come un limpido specchio d'acqua una società moderna in cui le nostre origini tendono sempre più a precipitare nella fiumana del progresso, dimenticandosi e lasciando nella non curanza un passato ricco di saggezza e integrità, in una storia scritta dallo stesso uomo, che oggi costruisce una nuova città, sulle rovine della vecchia.

Senza dubbio il tempo non può essere controllato, nè tanto meno bloccato, gli eventi devono muoversi, sono vincolati da un fattore fisico più grande della volontà umana, ma l'avanzamento della cultura deve necessariamente avere uno sviluppo responsabile.

Basti pensare a come è cambiato il mondo del calcio negli ultimi decenni, in particolare con la rivoluzione in atto negli ultimi anni: l'avvento delle proprietà arabe, con sceicchi disposti a spendere fior di milioni al fin di creare un business sportivo ormai senza limiti, che sta coinvolgendo anche investitori da tutto il pianeta, con un occhio di riguardo speciale al continente asiatico, autore di una crescita economica spaventosa in tutti i settori del profitto, che ha aperto in particolar modo ai cinesi la via per la conquista del ruolo di protagonista della scena.

Come avevo già affermato in un articolo precedente, il conto della spesa della Super League cinese è aumentato esponenzialmente nelle ultime sessioni del calciomercato, ma non è l'unico dato preoccupante da tenere in considerazione: infatti questo ingente flusso di denaro non si è limitato al confine del proprio paese, ma si è esteso anche all'Europa, coinvolgendo società che hanno scritto la storia, trovando terreno fertile, ad esempio nella nostra Milano, con entrambe le storiche maglie di Inter e Milan, passate alla conduzione di proprietà cinesi.

Come gli eventi ci insegnano, l'umanità si evolve, rinnova la propria pelle, generando nuovi bisogni, che paradossalmente risiedono nella stessa natura: come diceva qualcuno "la volpe perde il pelo, ma non il vizio" a dimostrazione del fatto che la vita è una continua lotta per la sopravvivenza, in cui ogni indivuduo cerca di imporre la propria superiorità sugli altri, anche se ciò non viene esplicitamente affermato.

Il mito del superuomo creato dal filosofo tedesco Nitzsche nasce da un nuovo momento storico-sociale in cui la figura umana perde di significato, lasciando la scena ad un nuovo attore, che si configura nella massa: chi riesce a manovrare quest'ultima, automaticamente acquisisce potere, scalando ogni possibile gerarchia.

Anche nel nostro amato sport, nato nella semplicità di un gioco è ormai diventato oggetto di massificazione, con la globalizzazione soprattutto ad alimentare questo fenomeno, che come conseguenza genera un' enorme quantità di capitale, a tal punto di poter considerare con l'appellativo di industrie le moderne società calcistiche, capaci di fatturare centinaia di milioni di euro.

Da qui partono le sfide tra le potenze economiche, che lavorano sull'estensione della propria influenza mondiale, caratteristica ormai diventata fondamentale per un club che vuole imporsi ad alti livelli, togliendo spazio vitale ai bisogni dell'inviduo, passato ormai sotto la grigia ombra della massa, priva di emozioni e significati ulteriori.

 Queste strade non fanno altro che seguire una spietata direzione di guadagno, in uno scenario egoistico dove i sogni non hanno più alcun valore, fatta eccezione per quelli che coincidono con gli interessi del marketing sportivo.

Infatti nell'ambiente malsano in cui si configura oggi il nostro amato mondo del pallone, i ragazzi di talento vengono consacrati come vere e proprie semidivinità, venerate dalle masse, in un passaggio in cui passano in secondo piano i valori dell'umiltà e del rispetto, in un immagine che ricorda le grandi folle acclamanti del passato.

Qualcuno allude di offesa alla povertà, qualcun'altro di oltraggio ai valori dello sport e della stessa umanità, ma è anche vero che noi stessi siamo parte integrante di questo sistema capitalistico, ed io mi chiedo se questo continuo evolversi verso la fine di ogni principio, possa davvero valere così tanto.