Quest’anno la Lega Pro accoglie piazze importanti come Lecce, Catania, Modena, Parma o Venezia, ma anche realtà molto piccole che con passione provano a competere con questi giganti (anche solo come bacino di tifosi). Sembra l’inizio di una bella storia ma non lo è. Ogni anno bisogna fare i salti mortali per comporre i gironi, tra società che si iscrivono all’ultimo momento e altre che dopo tanti tentativi non ci riescono nemmeno. D’altronde per l’iscrizione sono richiesti 400.000 euro più altre spese minori (e tasse aggiuntive in caso di sforamento del monte ingaggi) e non tutte le società sono in grado di adempiere a queste richieste. Di conseguenza, il quadro è desolante: dal 2011 sono falliti più di 30 club (tra cui realtà importanti come Varese, Venezia, Rimini, Parma, ecc…) e sono stati assegnati ben 252 punti di penalizzazione, che vanno a modificare la classifica in continuazione e a “falsare” per certi versi parte del campionato, con squadre che “da una domenica all’altra si trovano ad affrontare avversari con motivazioni e obbiettivi radicalmente modificati” come diceva Gennaro Gattuso da allenatore del Pisa lo scorso anno. Come venire quindi a capo di questo problema? Come risollevare quello che dovrebbe essere il torneo degli italiani, il torneo della gente, e che invece ad un primo sguardo sembra tanto una competizione dilettantistica? Innanzitutto 60 squadra sono tante, veramente tante, il che porta ad includere di anno in anno società dalla serie D non pronte per il salto nel professionismo soprattutto da un punto di vista economico. L’ideale sarebbe, a mio avviso, ridurre il numero di squadre da 60 a 40, creando due gironi al posto che tre (uno centro-nord l’altro centro-sud), andando come numero a ricalcare il modello inglese che tra League One e League Two comprende una quarantina di squadre. In seguito bisognerebbe portare da 4 a 5 il numero di squadre retrocesse dalla serie B e quindi promosse dalla categoria inferiore, organizzando la lotta per il salto di categoria nel seguente modo: qualificate direttamente le prime due di entrambi i gironi, play off a 4 o 8 squadre per il rimanente posto. Sicuramente dovranno essere effettuate delle verifiche molto più approfondite sulla situazione dei club pretendendo piani pluriennali per poter essere ammessi al campionato: mai più si dovranno vedere club che arrancano fino all’ultimo secondo per trovare i fondi per la sola iscrizione, visto che sarà molto probabile il fallimento della società nella stagione successiva. I paletti per potere iscriversi al campionato dovranno essere molto chiari e non bypassabili. Importantissimo è il ruolo che dovrebbe (e si spera dovrà) avere la trasmissione delle partite di Lega Pro in televisione: a mio avviso sarebbe un investimento importante e nel futuro remunerativo per le pay tv. La Lega Pro sarebbe un prodotto interessante, in quanto andrebbe a stimolare un certo tifo di tipo territoriale che con il tempo potrebbe avere il sopravvento su quello per squadre si famose ma molto lontane, un po' come avviene in Inghilterra o Germania. I soldi derivanti da un accordo del genere andrebbero spartiti tra i club (come avviene in serie A e B) immettendo ogni anno liquidità fondamentale per molte società. Questo fatto porterebbe una forza economica ed una visibilità al campionato che permetterebbe a squadre in difficoltà retrocesse dalla serie B di sopravvivere e partecipare al campionato, non come successo quest’anno ad esempio con il Lanciano. L’ultimo punto su cui bisognerebbe agire riguarda i giovani, argomento fondamentale e trasversale a tutte le categorie, dalla A alla B. Una svolta estremamente positiva sarebbe l’inserimento delle seconde squadre, che aumenterebbe la visibilità del campionato e la sua appetibilità televisiva, oltre che permettere un migliore sviluppo dei ragazzi e dell’intero movimento calcistico italiano: caso strano i due paesi in cui questo metodo è principalmente utilizzato, Spagna e Germania, sono stati campioni del mondo ed europei negli ultimi anni a livelli senior e giovanile, oltre che dominare la scena a livello europeo con i club. Per le altre squadre andrebbe fissato un numero di giovani sotto i 21 anni da schierare obbligatoriamente in ogni partita (3 o 4 a mio avviso), permettendo così la crescita fin da subito di giovani importanti anche a livelli minori, potendoli mettere in mostra e portando benefici sia tecnici che economici (in caso di cessione) se i ragazzi meriteranno. Questa soluzione a mio parere andrebbe applicata immediatamente al campionato di Lega Pro, in attesa che la questione seconde squadre giunga a qualcosa di concreto nel futuro. Credo che queste idee proposte possano essere concretamente applicabili (in certi modi e con certi tempi) ma non so se effettivamente si potrà vederne qualcuna realizzarsi, anche solo una sarebbe un passo in avanti. Pongo fiducia nel lavoro dell’appena rieletto presidente Gravina, il quale mi è sembrato un ottimo elemento e soprattutto dopo diverso tempo gode di un consenso generale tra i club (55 favorevoli su 59), con la possibilità concreta di operare e dare un futuro luminoso a questo campionato che ha un grandissimo potenziale e tanto bene può fare a sé stesso al movimento calcistico italiano intero.