Ero poco più di un bambino, ma quel pomeriggio di fine Agosto lo ricordo bene: era il primo giorno di allenamento della nuova stagione; il mister si avvicinò, mi prese in disparte e mi disse:“ Quest’anno, nonostante giocherai con ragazzi di un anno più grandi di te sarai comunque il mio capitano. Però ho deciso di cambiarti ruolo: sei un buon difensore, ma da mediano diventerai qualcuno!” Da quel giorno cambiò tutto, probabilmente anche il mio approccio alla vita. Credevo fortemente in quelle parole e onestamente ci credo ancora. Presi sicurezza nei miei mezzi, con la mia fascia al braccio comandavo il gioco; ero uno di quei leader silenziosi, uno che parla poco ma che tutti ascoltano. La mia vita girava intorno a quel pallone: caldo o freddo, estate o inverno, pioggia o neve, non c’erano scuse: ero sempre il primo ad arrivare e l’ultimo a lasciare il campo. Che fosse allenamento o partita non faceva differenza, vivevo per l’emozione che il calcio mi dava, per il profumo dell’erba e per le grida isteriche dei genitori sugli spalti. Ma come nelle più classiche storie d’amore un bel giorno tutto finì: frattura scomposta a tibia e perone durante una seduta di allenamento. In un secondo si spezzarono gamba e speranza di una carriera calcistica; ma la mia passione non venne minimamente lesionata e nemmeno la mia voglia di trovare sempre il lato positivo in ogni cosa. “Va bene non vincerai più il pallone d’oro, ma il calcio è la tua strada” mi ripetevo in continuazione mentre giravo per casa sorretto dalle stampelle e con tre ferri nella caviglia. In effetti, il mio obbiettivo non è mai cambiato: un giorno diventerò quel qualcuno che il mio vecchio allenatore aveva visto in me; poco importa quanto tempo ci vorrà o quanto dovrò ancora sudare. Non diventerò un campione del pallone, ma la mia vita da mediano continua. Essere un mediano non è semplicemente un ruolo, ma uno stile di vita: come un tempo l’attaccante si aspettava da me quel passaggio che lo avrebbe mandato in porta, ora il mio capoufficio si aspetta da me il meglio ogni giorno; come prima esprimevo la mia passione prendendo a calci quel pallone, ora lo stesso amore per questo sport lo esprimo scrivendo di calcio. Cambia il mezzo, dagli scarpini coi tacchetti alla tastiera del computer, ma non il fine; cambia l’attività, ma non la vita da prezioso gregario. Spesso nel calcio le luci della ribalta le prende l’attaccante, il finalizzatore del gioco; allo stesso modo nell’ambito lavorativo c’è chi fa il lavoro sporco e chi si prende le lodi. Ma al mediano questo poco importa, lui è nato per questo: agisce nell’ombra, ma sa di avere un ruolo fondamentale nel raggiungimento del risultato. Questo non significa non essere ambiziosi, ma avere consapevolezza nei propri mezzi, la stessa consapevolezza che ogni buon mediano degno di questo nome ha dentro di sé. Insomma, il calcio e la vita hanno molti punti in comune: passione, sudore, gioia, ma anche sofferenza ed io le ho provate tutte sulla mia pelle. L’importante, che si tratti di sport o vita, è avere sempre l’obbiettivo ben fisso in mente; perché un mediano non è solo un gregario, ma anche un guerriero, uno con la fame di vittoria: quel ragazzino sognava il pallone d’oro ed ora da uomo continua a sognare di entrare nel mondo del calcio anche se da una porta secondaria; con un ruolo diverso, ma sempre con la stessa voglia di un tempo. Vivere da mediano non è una cosa mediocre.