Ci sono uomini che attraverso il loro esempio fanno vivere e alimentano il mito. Agostino Di Bartolomei, il Capitano, è uno di questi. Ruolo: centrocampista. Alla corsa preferiva l’intelligenza tattica, continuità di rendimento e soprattutto una lettura in anticipo delle situazioni di gioco. Sudore, lavoro oscuro e lanci illuminanti per i compagni. Grinta e potenza. Potenza nel pensare, nell’esecuzione. Campione riflessivo, amante dell’arte e della letteratura. I suoi maestri Scopigno, che lo fece esordire nella massima serie contro l’Inter a Milano, e il barone Nils Liedholm. Il ragazzo di Tor Marancia inizia a dare del tu al pallone sul campo dell’orotorio 'San Filippo Neri' alla Garbatella all'OMI, una delle squadre satellite della Roma. Roma e la Roma con parentesi nel Vicenza per maturare, Milan e la nuova giovinezza calcistica, Cesena e Salernitana con la promozione nella serie cadetta. Nella formazione giallorossa gioca 308 sfide, 146 da capitano, 66 gol. Di Bartolomei, in 11 stagioni con la maglia della Roma, vince uno scudetto, due campionati primavera e tre Coppe Italia. Il calciatore che ogni tifoso sogna, sempre in prima linea senza apparire. La sua avventura dopo la vittoria dello scudetto 82-83 ebbe una grande delusione la finale di Coppa dei Campioni, giocata all’Olimpico, persa alla lotteria dei rigori contro il Liverpool. Era il 30 Maggio del 1984, dieci anni prima di quel maledetto giorno che strappa un campione alla vita. Nella sua avventura romana ha ricevuto una sola espulsione, stagione 1978/79 contro la Juventus, in cui segna però anche la rete della vittoria. Il capitano roccia che parlava agli arbitri con le mani dietro la schiena. Il Barone Liedholm ebbe l’intuizione di spostarlo al centro della difesa regalandogli una seconda giovinezza. Gianni Mura scrisse «da centrocampista ebbe una seconda carriera come libero, o centrale difensivo. Un destino che tocca solo a giocatori di costruzione, con un grande senso del gioco collettivo. Come Beckenbauer, come Scirea che mi viene automatico accostare ad Agostino per i silenzi e per la stessa visione di un calcio semplice, pulito» Nella sua vita calcistica, una macchia: non aver vestito mai la maglia della Nazionale maggiore. Si narra di una strada sbarrata dai giocatori della Juventus. Appese le scarpette al chiodo si dedicò ad insegnare calcio e valori della vita ai bambini di Castellabate. "DAJE AGOSTI' , DAJE, TIRA LA BOMBA!!"