40 anni di calcio sono davvero tanti e in questi anni i cambiamenti sono stati molti sia all’interno che all’esterno del rettangolo di gioco. Per descrivere questi cambiamenti i due massimi esponenti sono senza dubbio l’allenatore conosciuto in tutto il mondo per la conferenza stampa su Strunz e meno simpaticamente per aver perduto una qualificazione per un gol di mano del francese Henry ed ancora più per la partita Korea-Italia, ed il tecnico Mancini, dallo stile inglese che proprio oltremanica ha ottenuto non poche soddisfazioni e con la squadra dell’Inter ha collezionato numerosi trofei subito dopo lo scandalo “all’italiana” di Calciopoli. Trapattoni e Mancini incarnano due modi differenti di vivere il calcio, figli di due ere diverse: il primo sempre pronto alla battuta ma che ricorda a tutti il tempo del calcio romantico ed il secondo impassibile con il suo doppiopetto ed il ciuffo sempre “sull’attenti”. Due ere diverse che portano con se pregi e difetti, perché, se una volta il rapporto tra mister e calciatore era sempre a 4 occhi, oggi gli atleti delegano i propri pensieri a procuratori e social network. Un tempo il ritiro pre-partita era il tempio in cui ogni allenatore poteva cercare la tranquillità coi propri calciatori, mentre oggi con l’avvento di smartphone e tablet in ogni momento può essere minata la tranquillità del “gruppo”. Mi piace associare mister Trapattoni al calcio “romantico” dove era possibile per i giornalisti intervistare gli allenatori durante le partite, dove un allenatore era prima mister e poi, forse, personaggio, mentre Mancini racchiude in sè la modernità del calcio e quindi la possibilità per i tifosi di interfacciarsi con l’allenatore della propria squadra tramite i social e anche la capacità di un mister di essere personaggio fuori dal campo con tutti i pro e i contro che ne derivano. Ma ad essere sinceri mister Giovanni Trapattoni incarna in sè tutti i tipi di calcio, il calcio moderno e quello romantico perché quello che molti chiamavano “il catenacciaro” è riuscito a restare sulla cresta dell’onda per tutti questi anni senza mai perdere il proprio stile che lo lega agli anni del calcio antico fatto di lavoro, lavoro e ancora lavoro. Mi chiedo se i tecnici di oggi saranno capaci di essere i nuovi Trapattoni del domani. Mi piacerebbe pensare di si perché il calcio ha bisogno di gente come il Trap, che sappia sdrammatizzare i momenti bui del nostro calcio.