Caro Leo Messi, da quel rigore rigore spedito fuori sono passate giusto qualche manciata di ore. La ferita è ancora viva. Mi piace immaginarti con un valoroso combattente che vede la propria fazione perire, e la propria città passare sotto il comando di un altro popolo. Il popolo che ti ha sconfitto questa notte non è stato quello cileno. Nessun vincitore si sognerebbe di infierire su un avversario sconfitto, specie se questa, per fortuna, non è una guerra ma una "semplice" finale di Copa America. Ma se il popolo cileno acclama i propri vincitori e si concentra solo su di essi, è pazzesco come tutto il resto del mondo abbia deciso di accendere un riflettore ancora più luminoso e potente su di te. Quello scenario di battaglia ora è un palco sul quale ci sei te, con una grande tenda di scena alle spalle chiusa per isolarti ed un forte occhio di bue che punta dritto verso la tua figura, impedendoti di guardare negli occhi chi in questo ore ha deciso di dire la propria, su di te. Non sarai mai più forte di Maradona. Lui vinceva da solo. Tu hai vinto con il Barcellona ed hai sempre e soltanto perso in Nazionale. Non fai la differenza ed andandotene ora, da perdente, dimostri di essere un codardo. Un debole. Uno che piange e se la prende con chissà cosa piuttosto che pensare al rigore spedito in curva. Caro Leo chi ti parla ha sempre strizzato l'occhio agli sconfitti. Fa parte del lato romantico che soffia sulla fiamma della passione calcistica e che più di una vittoria, spesso ti porta a pensare come possa stare o cosa possa star vivendo lo sconfitto di turno. Ecco: dal momento in cui ho appreso dell'ennesima sconfitta in una finale di coppa della tua Argentina, con tanto di rigore sbagliato da parte tua, non ho potuto far altro che pensare a come potessi stare. Male immagino. Male perchè con questa fanno 4 finali perse, di cui 2 in fotocopia. E sai: posso immaginare che non sia il peso della sconfitta a far male bensì la sensazione di incapacità che ti lascia senza forze e che ti nega la possibilità di poter fare qualcosa, qualunque cosa, affinchè scompaia. Nella mia breve vita ho rincorso per anni ed anni un sogno. L'ho visto avvicinarsi vivendo il cammino verso quello che poteva essere un traguardo, con tutta la gioia e l'impazienza di vederlo ed attraversarlo con le braccia al cielo, ed ho visto anche la realtà impattare duro contro il mio muso, distruggendo quel sogno sul più bello. Un po' come questa Copa America, dominata in lungo e in largo per tutto il percorso e poi terminata con una sconfitta ai calci di rigore. Sai: comprendo bene quella reazione di stirare la maglia in avanti con la testa che si china verso di essa quasi a volercisi immergere per scomparire. Perchè in quell'attimo, forse, avevi già intuito come sarebbe andata a finire. Un segnale premunitore che volevi combattere calciando per primo nella speranza che non fosse il tuo il rigore decisivo. Al contrario di tutti quelli che da sotto al palco ti vomitano di tutto addosso, io sono uno di quelli che crede che quello zero, olimpiade a parte, alla voce titoli in competizioni per Nazionali sia una profonda ingiustizia. Un qualcosa che perseguiterà a vita uno dei giocatori più forti della storia non colpevole di aver perso 4 finali, ma colpevole di averlo fatto nell'epoca della comunicazione fatta per titoli. Nell'epoca della comunicazione che punta il dito verso di te, magari con titoli del tipo "non sarai mai grande quanto Maradona" dimenticando che forse lo sei stato già. La decisione di lasciare la selecion tutto sommato è anche coerente. Nella vita di tutti i giorni, ad un certo punto sentiamo il bisogno di smettere di rincorrere qualcosa che non vuole lasciarsi acciuffare. Qualcosa che ad ogni sconfitta ci lascia chinati con il capo verso il basso, lo stomaco in subbuglio ed una strana tosse che sembra volerci togliere definitivamente il respiro. Qualcuno in passato lo ha chiamato amore tossico. Qualcosa che vorresti conquistare tanto quanto vorresti dimenticare. Qualcosa che è giusto inseguire ma che è altrettanto giusto smettere di inseguire quando se ne ha abbastanza. In fondo te sei Leo Messi. Quello che ci ha ribaltato decine di volte sui divani con giocate incredibili. Con serpentine che soltanto Diego Armando è stato in grado di fare con la stessa qualità, con assist impensabili, con giocate nello stretto che non ci si crede e che ti hanno portato a vincere 5 palloni d'oro. In fondo te sei Leo Messi. Quello che ha letteralmente vomitato il proprio disagio in alcune situazioni. Quello che ha messo a nudo la propria condizione di difficoltà. Quel valoroso combattente che non merita ingiuria alcuna per il valore dimostrato sul campo. Quindi codardi siamo noi Leo. Si: siamo noi che non riusciamo ad applaudire e basta uno sconfitto. Siamo noi che ci dimentichiamo cose tipo questa, fatte qualche giorno fa e per le quali non abbiamo ancora smesso di applaudire. Sicchè scusa per questa platea che continua ad inveire contro di te Leo. Speriamo che, con i tempi tipici della comunicazione, tra qualche giorno torni ad emergere il tuo valore piuttosto che la tua sconfitta...