Ci sono partite in cui sai bene che, per come si stanno mettendo, non potranno che finire in un certo modo. E non è certo questione di avere chissà che doti divinatorie, ma è solo questione di saper leggere tra le righe del match, come si potrebbe fare con un buon libro che vuole portarti per mano, ma allo stesso tempo con la massima potenza descrittiva, sino all'epilogo. Questa sensazione di poter predire l'andamento della gara è una cosa che non capitava da un pò di tempo: bisogna ritornare ai tempi (o meglio, ai grandi fasti) dell'anno del triplete con quel grande maestro motivazionale che è Josè Mourinho. Quando giocava quell'Inter, e capitava che andasse sotto, non si leggeva scoramento nei volti dei giocatori, e nemmeno in quello dei tifosi. Perchè sapevano bene che quello svantaggio era solo momentaneo, che ci sarebbe stata la scossa, che il risultato sarebbe cambiato, a costo di spostare Samuel come attaccante e chiedergli di segnare. E anche questo è accaduto, i tifosi del Siena ne sanno qualcosa.

Ecco, questo è avvenuto l'altroieri con la vittoria dell'Inter, e non contro una squadra qualunque, ma contro la storica rivale del "Derby d'Italia", la Juventus, una delle squadre più attrezzate a livello europeo. E, se vogliamo, nel momento più nero della squadra allenata da De Boer. Il perchè si può riassumere con una sola espressione: sulla carta.

Sulla carta, la Juventus che aveva pareggiato contro il Siviglia sarebbe scesa in campo per spadroneggiare a San Siro contro l'Inter. Sulla carta, l'Inter che aveva scandalosamente perso contro l'Hapoel Beer-Sheva non avrebbe avuto la forza di reagire, nè a livello fisico, nè mentale. Sulla carta, la rosa della Juventus è nettamente superiore a quella dell'Inter, perchè hanno una difesa blindata e un Higuain stellare davanti. Sulla carta, De Boer era arrivato al capolinea, con appena qualche partita alle spalle, senza capire nulla di come funzionano l'Inter e l'Italia. Sulla carta, l'affaire Brozovic avrebbe destabilizzato non poco gli animi, creando dei malumori nello spogliatoio. Sulla carta, stampata stavolta, non si parlava d'altro, specie dopo la partita di Europa League. Ma non c'è da biasimarli, tutti i dati sembravano portare verso una unica, semplice e scontata conclusione. E come in tutte le vie più semplici, spesso si rischia di incappare in degli imprevisti.

A questo punto, entra in gioco San Siro, che con quasi quattro milioni di incasso (3.943.518, per la precisione) fa segnare quasi il tutto esaurito, con ben 76.484 tifosi sugli spalti. Insomma, i tifosi dicono presente. Perchè una sfida contro la Juventus non la si può saltare mai, nemmeno se l'esito può apparire scontato. Non sarebbe il Derby d'Italia, dopotutto. E che cosa si sono trovati davanti tutti questi tifosi? Si sono trovati finalmente una vera Inter. Non solo per il colore della maglia, nerazzurra al contrario di quell'obbrobrio indicibile indossato in Europa League, ma piuttosto per la prestazione. Era da diverso tempo che non si vedeva un'Inter così col coltello tra i denti, così arrembante e cosi meritevole di vincere, dai tempi di Mourinho e di Stramaccioni sino all'epidemia di infortuni. Un'Inter così maschia che ha cancellato il ricordo di quella brutta copia degli anni passati, che al primo gol subito si sfaldava come neve al sole. Un'Inter che, andata sotto, ha saputo pareggiare subito dopo e ribaltare il risultato, senza diminuire nemmeno per un secondo l'intensità. Imbrigliare la Juventus e costringerla a sbagliare anche i palloni elementari è una impresa non da poco, ed in questo si riconosce il merito dell'allenatore. Con buona pace di chi, con la pala in mano, stava iniziando a scavargli la fossa, questa gara l'ha vinta l'idea di calcio messa in scena dal tecnico olandese, che ha praticato uno schema accorto ma efficace, con ogni pedina che si muoveva secondo uno schema ben definita.

E quando si vede un Mauro Icardi correre a fare pressing alto per disturbare la retroguardia dei campioni d'Italia, significa che allora davvero la squadra ci tiene. Se proprio lui, tacciato da tantissimi tifosi di indolenza e di scarsa propensione al sacrificio, si carica l'attacco sulle spalle e si sbatte a destra e a sinistra per recuperare palloni, allora vuol dire che la strada è quella giusta. A centrocampo, la gara di Medel e del nuovo acquisto Joao Mario è stata a dir poco impeccabile. Certo, Medel non ha i piedi propriamente educati come quelli di un Pirlo o di uno Xavi, ma in quanto a grinta e abnegazione non è secondo a nessuno. El Pitbull ha righiato su ogni centrocampista, intercettato una grandissima quantità di palloni e ha contribuito ad ingabbiare Pjanic, nella curiosa posizione di mediano in cui Allegri l'ha confinato. Si dirà che non crossa, si dirà che non segna, ma si impegna, e anche molto, e questo il tifoso lo apprezza sempre. Forse al Milan non apprezzavano Gattuso? Tutt'altro. E spesso è questo che tira, anche più del puntero da venti gol a stagione.

Joao Mario, arrivato come "l'incognita da 40 milioni + bonus", è parso immediatamente a suo agio: su tutto il centro il campo si vedeva la sua presenza, sia in fase di copertura, dando una mano al compagno di reparto sopra citato, sia in fase di impostazione di gioco, perdendo pochissimi palloni e gestendo gli altri con intelligenza e senza la classica fretta o sbadataggine dei suoi predecessori, passati e presenti. E' sopratutto un giocatore intelligente, per riassumere. E non è poco, contando le riserve che ci sono, il bello è che può solo migliorare.

La difesa ha murato bene e protetto Handanovic, e nonostante il gol subito, non si può non apprezzare il superbo lavoro di Miranda e di Murillo nel placcare Mandzukic. Miranda parla da solo, un difensore così è quel che mancava a questa squadra da diverso tempo, detta i tempi di tutto il pacchetto arretrato, si prende le sue responsabilità, e sa dirigere bene anche Murillo, che quando è in coppia con Ranocchia sembra quasi che venga anche lui inghiottito nel baratro della mediocrità, ma quando è in giornata non lo ferma nessuno. Anche Juan Jesus era così però all'inizio. Sarà vera gloria, parafrasando il Manzoni? Ai posteri l'ardua sentenza. "Nui chiniam la fronte al Massimo Fattor", che in questo caso, vero Deus ex machina del reparto offensivo, è Ever Banega. Dopo l'anno scorso, che vedeva esterni sinistri avvicendarsi nel ruolo di trequartista con risultati disastrosi, vedere un giocatore del suo spessore ricoprire questa posizione è una gioia per gli occhi ed un tripudio per i tifosi: il rosarino che tanto ha incantato in quel di Siviglia ha mostrato numeri di alta scuola e classe pura, uniti ad una concretezza e lucidità nella manovra rari. Non per nulla da giovane era considerato il nuovo Cambiasso, mica uno qualsiasi. Al momento è il miglior assist-man dell'Inter, ma siamo all'inizio del campionato.

Perisic, dopo qualche partita sottotono, è finalmente tornato, e se ne sentiva un gran bisogno, gente con la sua abilità nel saltare l'uomo in fascia a e buttare il pallone verso l'area serve come il pane. Se poi segna anche, allora il quadro è completo.

Chi ormai, checchè lo si critichi, non fa più notizia, specie in un Inter-Juve, è Icardi. Ieri l'argentino ha fatto la partita perfetta per ogni tipo di tifoso: impegno e sacrificio per chi lo tacciava di scarso impegno, assist per Perisic per chi gli imputava un eccessivo egocentrismo lì davanti, e i gol, per chi gli faceva notare che tre non erano abbastanza. E l'Icardi visto ieri è probabilmente uno dei migliori da quanto è arrivato a Milano, non resta che sperare possa continuare cosi. Anche Eder e Candreva hanno svolto bene il loro compito correndo per tutto il campo, personalmente con l'ex Lazio più in palla dell'italo-brasiliano. Chi ha davvero deluso, sono i terzini. D'Ambrosio ha fatto una gara di corsa ed impegno, ma non basta a sopperire la mancanza di spinta in avanti e di cross al centro e di supporto offensivo a Candreva. Così come, dalla parte opposta, Santon. Handanovic ormai ha preso il vizio di guardare i palloni senza intervenire, battezzandoli tutti fuori senza accennare alla benchè minima reazione. Forse lui è arrivato al secondo stadio dell'arte divinatoria.

Ma la cosa che davvero è stata meravigliosa, in questa partita, è il boato dei tifosi al gol di Perisic. Quel che davvero personalmente mi sono sempre chiesto è proprio questo: perchè non giocare ogni partita per sentire poi quell'esplosione di gioia così intensa? perchè non ambire a questo traguardo? Non è una bella sensazione sentire i tifosi tutti dalla propria parte, a lottare come sta lottando la squadra, a stringere i denti come i giocatori in campo, ad urlare di felicità al momento della marcatura? E' questo, che davvero ci mancava: il poter sfogare tutta la frustrazione accumulata in queste partite assieme al movimento della testa di Icardi e Perisic.

E' stata proprio una vittoria di testa, è proprio il caso di dirlo. Quella che è mancata ai soliti pseudo-tifosi che si sono messi a fischiare Asamoah. Magari proprio gli stessi che si indignavano quando insultavano Eto'o. Ma questo è un altro discorso.