Non si può non rimanere sorpresi di fronte alle cifre che girano nel mercato dei calciatori. Soltanto rispetto all’estate scorsa i prezzi sono a volte raddoppiati, per non parlare del confronto con due anni fa. Qualcuno giustificava alcune anomalie degli ultimi giorni del mercato estivo con l’improvvisa irruzione sul continente della “valigetta” con gli oltre 200 milioni di euro pagati dagli sceicchi del PSG per avere Neymar. Denaro che aveva continuato a ballare di qua e di là, portando con sé sino al mercato di gennaio alcune valutazioni largamente ingiustificate (Dembelé dal Dortmund al Barca, la trattativa Coutinho- Barca, il faraonico acquisto di Van Djik), come in ogni occasione in cui è il venditore ad approfittare delle urgenze indifferibili del compratore. In realtà, qualche mese dopo sembra che sia in generale il valore medio dei giocatori ad essere stato rivisto al rialzo un po’ ovunque (basti pensare alle valutazioni di Politano e Verdi fatte da noi a gennaio) e con esso anche il vorticoso giro di commissioni che ingrassa procuratori e mediatori. A giudicare da queste cifre, anche il pirotecnico e poco produttivo mercato estivo del Milan sembra in linea con i prezzi correnti ed è addirittura probabile che i dirigenti rossoneri riuscirebbero, nonostante il rendimento mediocre, a piazzare alcuni dei loro giocatori ad un prezzo superiore a quello pagato nella roboante campagna acquisti di qualche mese fa. Ma mentre il record assoluto fatto segnare dalla Premier League in questa ultima finestra di mercato appare in linea con il costante aumento dell’appetibilità internazionale dello spettacolo offerto e con i ricavi della vendita dei diritti televisivi, qui da noi si rischia facilmente di essere travolti da una bolla speculativa senza nessun fondamento economico- finanziario. Se infatti la nuova proprietà dell’Inter sembra scrupolosamente ancorata ai parametri (peraltro sempre più misteriosi e inefficaci) del Fair Play finanziario dell’UEFA, come si addice alla meticolosa mentalità del nuovo capitalismo di stato cinese, e la Lazio di Lotito fa miracoli senza piegarsi ai ricatti dei procuratori e nel pieno rispetto dei propri mezzi economici, altre squadre arrancano pericolosamente: in particolare il Milan, a patto di non riequilibrare nella prossima campagna trasferimenti l’infruttuoso (sin d’ora) piano di investimenti dell’estate scorsa, e la Roma, che pur di rimanere ancorata al treno Champions (fondamentale in assenza di investimenti della proprietà) è arrivata ad impiegare per il monte ingaggi una percentuale significativa dei propri ricavi, addirittura superiore, fatte le opportune proporzioni,  all’impegno di bilancio del Manchester City o del Barcellona. E’ oltretutto evidente come il Napoli fatichi a far quadrare la necessità di operare sul mercato per ridurre il gap con la Juventus senza rischiare di compromettere i propri conti e come la stessa Juventus, nonostante i propri ricavi siano in costante aumento, debba ricorrere alla bravura dei propri dirigenti e dei talent scout per tenere il passo delle grandi d’Europa. Dove andremo a finire ? La sensazione è che l’Italia stia perdendo il treno, nonostante non sia così chiaro verso quale destinazione corra il convoglio. Sicuramente il potere messo in mano a procuratori, fondi d’investimento e mediatori di vario genere, ha finito per riempire le nostre squadre e i nostri vivai di giocatori dal bassissimo tasso tecnico. Forse sarebbe opportuno non salire su questo treno e immaginare un futuro in controtendenza per il nostro calcio. Per essere molto più solidi e vincenti quando e se la bolla speculativa sarà scoppiata.