No, basta. Mi arrendo. Sono passato sopra tante cose. Ho sopportato i mesi del closing che trascorrevano lenti e si susseguivano di rinnovo in rinnovo. Non ho detto niente. Sono stato zitto. Ho aspettato in silenzio.

Ho visto le massime cariche dirigenziali rossonere affidate a due ex dipendenti dell’Inter (uno addirittura pinerolese come me) e non ho battuto ciglio. Anzi, ho pensato che dopo Pirlo e Seedorf ci avviamo verso la valorizzazione di due elementi che i nerazzurri consideravano ormai inutili come una stufa elettrica in una calda e assolata giornata di fine luglio.

Ho patito un po’ quando i giornalisti hanno cominciato ad accusare la nuova Proprietà di non esistere e di essere una copertura per nascondere qualcosa di misterioso. Ho ingoiato il rospo e ho tirato avanti. Sono stato sul pezzo. Immarcescibile. Solido come un’azione Microsoft.

Ho esultato quando ho visto i primi acquisti rossoneri e sono sopravvissuto al cardiopalma procurato da tal Mino Raiola che prendeva un certo Gigio Donnarumma e lo sbatacchiava come fosse stato un peluche nelle mani di un bambino. Non ho detto niente. Sto mentendo. Qualcosetta ho scritto ma i miei toni sono stati comunque delicati e rispettosi. Mi sono contenuto e non ho versato nemmeno una lacrima davanti all’ipotesi di perdere il miglior portiere che il Milan abbia mai avuto da vent’anni a questa parte. Forse anche di più. Mi sono scoraggiato? No. Sono stato fermo nelle mie convinzioni e nei miei valori/principi.

Qualcuno mi ha sentito sbarellare per Aubameyang, Belotti, Morata, Diego Costa, avvicinati al Milan prima di virare su Kalinic? No. Sono stato composto. Non ho dato in escandescenze. Se il Milan ha fatto questa scelta saprà quel che fa. Mi fido. Mi fido della Società di Calcio che è l’unica Fede che ho.

Non ho sussultato nemmeno quando la compagna di Buffon, portierone della Nazionale, ha messo in dubbio la solidità del Piano finanziario rossonero. Sarà pure carina ma non è che questo trasforma una persona in un’esperta di Calcio e Finanza. Bisogna lavorarci sopra parecchio e gli yacht distraggono troppo. Non aiutano per niente chi deve leggere e studiare enormi faldoni. Lo capisco e non mi sono preoccupato di nulla.

Persino quando il Sindaco di Milano Giuseppe Sala ha messo in dubbio le casse societarie milaniste definendole troppo dipendenti dai risultati sportivi del campionato rossonero. Non ho apprezzato ma il mio umore è stato comunque solare e serafico. Posso sopportarlo. La mia pressione sanguigna è rimasta inalterata ai limiti della perfezione medica.

Arrivo anche a dire che posso persino provare una timida simpatia nelle acrobazie di Mino Raiola (quello di prima) per cercare di far arrivare M’baye Niang alla corte di Urbano Cairo a Torino. Il Milan perderà un mucchio di soldi. Mi da fastidio, certo, ma posso anche passarci sopra e anche dimenticare. Ci vorrà del tempo ma posso guarirne. E’ così. Lo sento.

Quello che non posso però sopportare, tollerare, digerire, cari lettori è che l’ex-Presidente dell’F.C. Inter Erick Tohir, il tycoon indonesiano, dichiari a Metronews che è interista da quando giocavano i tre olandesi. E no. Questo è troppo. Mi arrendo. Non ce la faccio. E’ più forte di me. Non è possibile venire a sapere che i cinesi che non esistono hanno acquistato una Società rossonera che nella sua bacheca dei ricordi non può più annoverare campionissimi del calibro di Van Basten, Gullit e Rijkaard. Non lo lo posso accettare. Oggi mi dimetto da tifoso. Potete togliermi il sonno, il respiro, la gioia, la vista, tutto ciò che volete ma non potete… e lo sottolineo, togliermi i ricordi più cari che ho. Il trio olandese è milanista e questo anche un indonesiano (che esiste) deve saperlo. Gli costi quel che gli costi. Qualcuno glielo faccia sapere...